Il momento presente è l’unico momento che abbiamo per essere vivi

momento presente

Il momento presente è l’unico momento che abbiamo per essere vivi, scrive Jon Kabat-Zinn. Ciò dovrebbe spingerci sempre più ad agire con integrità e presenza, con gentilezza e compassione, per noi e per gli altri.

Tutto quel che succede si svolge adesso, dunque si può dire che si svolge nel panorama del presente, dell’«adesso». La natura si manifesta solo e sempre nell’«adesso». Gli alberi crescono adesso. Gli uccelli volano nell’aria o si posano sui rami soltanto adesso. I fiumi e le montagne sono nell’adesso. L’oceano è adesso. Lo stesso nostro pianeta sta ruotando adesso. Un fisico, scrivendo di Einstein e del tempo, osservò che i cambiamenti delle cose sono il nostro modo di misurare il tempo e che per questo tutto ciò che cambia in modo regolare può essere definito «orologio». Di fatto è più corretto dire che il cambiamento è il nostro modo di misurare il tempo: il tempo, in sé, è un tale mistero! Tutto cambia, dunque c’è il tempo. Tutto cambia, quindi noi percepiamo il tempo. Tutto cambia, quindi possiamo sperimentare il cambiamento facendo un passo fuori dal tempo, per un momento, ed entrando in stretto contatto con ciò che è, al di là di quell’astrazione che è il mistero del tempo.

Il tempo scorre, il tempo passa, ma non sappiamo che cosa sia, il tempo. Per noi, quando chiediamo che ore sono, c’è una risposta sola che configura il momento, qualunque cosa dica il Big Ben o la tua sveglia o il tuo orologio da polso o il segnale orario alla radio. Indovina? Ancora una volta, è «adesso».

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Un minimo di riflessione ti mostrerà con evidenza che il momento presente è l’unico momento che abbiamo per essere vivi. Forse questa scoperta, in apparenza tanto evidente e banale, deve potersi calare nel profondo della nostra psiche, nella fonte dei nostri cuori. È davvero molto difficile da comprendere appieno. Non c’è altro tempo se non l’adesso. Contrariamente a quello che pensiamo, noi non stiamo «andando» da nessuna parte. La vita non sarà mai più ricca in qualche altro momento che non sia questo. Anche se possiamo immaginare che un qualche momento futuro sarà più piacevole di questo qui – o meno piacevole – non possiamo saperlo davvero. Qualunque cosa ci porti il futuro, però, non sarà quello che ti aspetti o quello che pensi; e quando arriverà sarà a sua volta un «adesso»: un momento che è facile non cogliere, proprio com’è facile mancare il momento attuale. E a sua volta sarà soggetto al cambiamento continuo e ai capricci di tutte le cause e condizioni dei momenti precedenti che l’hanno generato. In quel senso dovunque andiamo, qualunque cosa accada, qualunque cosa ci dicano l’orologio e il calendario, noi abbiamo da vivere soltanto momenti.

E così forse, finché possiamo essere disponibili, siamo spinti a fare l’uso migliore possibile dei momenti di cui disponiamo. All’inizio, questo ci richiede lo sforzo di fare attenzione nel momento presente al momento presente. Perché? Sia perché se ne va tanto in fretta sia perché molto facilmente ci lasciamo imprigionare nei panorami sensoriali e della mente fissandoci sui loro svariati abitanti e sulle loro diverse energie e perdendo rapidamente il contatto con noi stessi, con gli altri e con il mondo. Possiamo partire per la tangente verso il futuro, rinchiuderci nel passato, pensare che un giorno le cose andranno a posto a condizione che succeda questo e non succeda quell’altro; ognuna di queste cose può essere vera, a un livello o all’altro, ma nel frattempo ci siamo persi la vita, in un certo senso, ogni possibile vita.

Potete pensarla come la Grande Fuga: nei nostri disperati tentativi di fuga scappiamo dai panorami sensoriali, dal panorama mentale, da quello del momento presente. È una manovra che facciamo spessissimo, ogni volta che le cose non sono di nostro gradimento… e paradossalmente anche quando lo sono. Così possiamo scegliere: abitare i panorami interiori ed esteriori della mente e del corpo e del mondo (che poi non sono realmente separati) oppure darci alla Grande Fuga e dimenticare che la nostra vita è in un certo senso perennemente gravida di magnifiche possibilità, persino nei periodi più difficili e problematici, e che è importante non lasciarsele scappare.

I sensi possono risvegliarci o cullarci fino al sonno. La mente può risvegliarci oppure cantarci la ninnananna. I sensi si dispiegano soltanto nel presente ma in un istante ci possono catapultare nei ricordi o nell’anticipazione: nelle infinite e di solito inutili preoccupazioni sul passato (su quel che è successo o non successo, e in che modo tutto ciò influisce adesso sul mio «io») o nell’ossessione sul futuro, con tutto il suo corredo di preoccupazioni e progetti per un presente migliore più tardi. Tutto ciò quando potremmo lasciar perdere ed essere ora quelli che siamo veramente, ma che adesso non abbiamo il tempo di essere.

Nel processo, il momento presente, l’unico che abbiamo, può restare gravemente schiacciato, al punto da essere a malapena visto o percepito o conosciuto, o per quel che conta utilizzato. È solo la consapevolezza che può ricostituirlo e rendercelo e rendere noi stessi a lui, perché in effetti non c’è differenza fra queste due cose. Noi e il panorama del presente siamo sempre qui, e non siamo mai due. La sua realtà, però, può essere solo percepita. Non può essere predetta solo con il pensiero, perché le sue dimensioni vissute, esperienziali, nel processo stesso del pensiero si snaturano. Il presente non può essere ridotto a mero pensiero perché non può essere ridotto, punto e basta. Fino a questo punto è fondamentale l’«adesso». E lo sei anche tu.

Con ciò non intendo dire che non possiamo o non dovremmo occuparci del futuro e darci da fare per i cambiamenti sociali necessari, per una maggiore giustizia e libertà economica, per un maggiore equilibrio ambientale, per un mondo più pacifico per tutti gli esseri senzienti. Né vuol dire che dobbiamo abbandonarci all’apatia e non impegnarci per realizzare i nostri scopi, le nostre visioni, i nostri sogni. Non significa che non dobbiamo continuare a cercare di imparare, di crescere, di guarire e di mobilitare l’immaginazione creativa e le energie, sia a nostro personale beneficio sia per il contributo che portiamo al mondo altrui con il nostro lavoro e il nostro amore per la vita. Significa piuttosto che abbiamo un unico tempo e solo quello nel quale influenzare il nostro futuro se desideriamo (ed è comprensibile) che sia diverso, su vasta scala (nazionale, internazionale, sociale, geopolitica) come su scala personale in termini di miglioramento della nostra stessa condizione di vita, o se anche solo vogliamo riuscire a fare le cose più urgenti e indispensabili.

Perché l’«adesso» è già il futuro, ed è già qui. «Adesso» è il futuro del momento che è appena passato, ed è anche il futuro di tutti i momenti che sono venuti prima di questo. Torna con la memoria, per un momento, a quando eri bambino, o adolescente, o giovane adulto, o a un qualunque altro periodo già passato: il tempo attuale è il futuro di quel tempo lì. Tu sei quello che all’epoca speravi di diventare: proprio qui, proprio ora, sei tu. Non ti piace? A «chi» non piace? Chi è colui o colei che sta pensando «questo non mi piace»? E chi è che vorrebbe che «tu» fossi migliore, che le cose fossero andate in un altro modo? Anche questo «tu», sei tu? Svegliati! Le cose stanno così: tu sei già diventato quello che sei.

Ma, ed è un grosso «ma», sai fino in fondo chi sei, proprio ora, in questo momento? È questa, la domanda. È di questo che si occupa la consapevolezza. La consapevolezza è abitare in permanenza nel panorama dell’adesso; è uno stato di veglia e attenzione che sta al di là delle continue cadute nelle trappole di preferenze e avversioni, desideri e rifiuti, abitudini emotive e schemi di pensiero distruttivi mai messi in discussione, quale che sia l’importanza della questione, per quanto alta sia la posta. Immagina di lavorare nel mondo e per il mondo da una posizione di vantaggio come questa, con questo genere di prospettiva. Potrebbe essere un compito degno, una degna sfida da porci: praticare l’esserci davvero in carne e ossa nel mondo in questo preciso momento, proprio qui, oggi.

Ogni momento dell’adesso è quello che definiremmo un bivio, una svolta: non sappiamo che cosa accadrà subito dopo. Il momento presente è pregno di possibilità e potenzialità. Qualunque sia la cosa che facciamo o diciamo o su cui lavoriamo o di cui facciamo esperienza, quando siamo consapevoli nel presente il momento successivo è influenzato dalla nostra presenza mentale e dunque è diverso da come sarebbe stato se non avessimo prestato attenzione, se fossimo stati prigionieri di questo o quel circolo vizioso, nella mente o nel corpo o nel panorama esterno. E così se desideriamo prenderci cura del futuro (quando ci arriveremo sarà a sua volta un «adesso») l’unico modo che abbiamo per farlo è prenderci cura di tutti i suoi momenti e sforzi passati, ossia dell’attuale presente. L’unico modo in cui possiamo farlo è riconoscere ogni momento come un punto di svolta e renderci conto che questo fatto cambia del tutto lo svolgimento delle cose nel mondo, nel nostro mondo, nella nostra «unica, preziosa vita selvaggia». Ci prendiamo cura del futuro al meglio se ci occupiamo adesso del presente.

Questo deve indurti a trovare sempre più spinte e incentivi ad agire con integrità e presenza, con gentilezza e compassione, per te stesso e per gli altri. È un’illusione pensare che un giorno, in futuro, da qualche parte, le cose andranno meglio; un’illusione, nient’altro.

Basterebbe già questa come ragione per praticare la presenza. È di questo che si occupa la pratica meditativa.

Da: Jon Kabat-Zinn, “Risveglio. Praticare la mindfulness nella vita quotidiana“, Corbaccio, 2019.

[La foto sul momento presente è di Anna Tarezevich]

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