
Il quarto “mantra della parola amorevole” è difficile specialmente per quelli fra noi che sono molto orgogliosi. Lo usiamo quando soffriamo e pensiamo che l’altra persona sia la causa della nostra sofferenza. È una cosa che accade, di tanto in tanto. Se fosse stato qualcuno di cui non ti importa molto a dire o fare ciò che ti ha ferito, avresti sofferto meno. Ma quando qualcuno che ami fa un commento che avverti come critico o sprezzante, la tua sofferenza è profonda. Se soffriamo e non guardiamo la nostra sofferenza in profondità e non troviamo la compassione per noi stessi e per l’altra persona, potremmo avere desiderio di punire chi ci ha ferito perché ha osato farci soffrire. Quando soffriamo, pensiamo che sia colpa dell’altra persona che non ci apprezza o non ci ama abbastanza.
Molti di noi hanno la tendenza naturale a voler punire l’altro. Uno dei modi in cui pensiamo di punire l’altra persona è mostrandole che possiamo vivere senza di lei. Molti di noi hanno fatto questo errore, e io stesso con gli altri. Ma poi si impara. Vogliamo mostrare all’altra persona che senza di lui o senza di lei possiamo sopravvivere molto bene. È un modo indiretto per dire: «Non ho bisogno di te», ma questo non è vero: di fatto, quando soffriamo abbiamo bisogno degli altri.
Quando soffriamo, dovremmo dire agli altri che stiamo soffrendo e che abbiamo bisogno del loro aiuto. Di solito facciamo l’opposto: non vogliamo andare a chiedere aiuto. Ecco perché abbiamo bisogno del quarto mantra:
«Sto soffrendo. Per favore, aiutami».
È così semplice, ed è anche in parte difficile, ma se riuscirai a pronunciarlo, immediatamente soffrirai di meno: te lo garantisco. Perciò ti prego: scrivi questa frase su un pezzo di carta delle dimensioni di una carta di credito e mettila nel portafoglio. È una formula magica: «Sto soffrendo. Per favore, aiutami».
Se non pratichi questo mantra, forse ora starai tenendo il broncio; se gli altri notano che c’è qualcosa che non va, che forse stai soffrendo, probabilmente cercheranno di consolarti domandando: «Stai soffrendo?». Se qualcuno ti rivolge questa domanda, potresti essere portato a rispondere: «Soffrire? Perché dovrei soffrire?». Tu sai che non è la verità: soffri profondamente, eppure fingi che non sia così. Hai detto una bugia per punire l’altra persona. Se lui o lei cerca di venirti vicino e di metterti una mano sulla spalla, forse avrai voglia di sbottare: «Lasciami in pace. Posso sopravvivere molto bene senza di te». Molti di noi commettono questo tipo di errore, ma si può imparare.
Praticando il mantra, farai la cosa opposta: dovrai ammettere di soffrire. Il mantra può essere anche un po’ più lungo, se suona più adatto alla situazione: «Soffro. Desidero che tu lo sappia. Non capisco perché hai fatto o detto così. Perciò ti prego, spiegami. Ho bisogno del tuo aiuto». Questo è vero amore. Dire: «Non soffro. Non ho bisogno del tuo aiuto» non è il linguaggio del vero amore.
La prossima volta che soffrirai, e penserai che sia per colpa dell’altra persona e che sia lei la causa della tua sofferenza, ricorda di prendere dal portafoglio il pezzo di carta e di leggerlo, e saprai esattamente cosa fare: praticare il quarto mantra.
Secondo la pratica che adottiamo al Plum Village, hai il diritto di soffrire per ventiquattr’ore, ma non di più. C’è un termine massimo di ventiquattr’ore, e si deve praticare il quarto mantra prima di questa scadenza. Hai il telefono, e hai il computer: sono sicuro che quando riuscirai a scriverlo, soffrirai subito di meno. Se non avrai la calma sufficiente a praticare il quarto mantra entro ventiquattr’ore, potrai scriverlo su un pezzo di carta e lasciarlo sulla scrivania dell’altra persona oppure ovunque sia ben visibile.
Da: Thich Nhat Hanh, L’arte di comunicare, Bis Edizioni, 2014.
Per approfondire:
Thich Nhat Hanh – Biografia, libri e testi selezionati
L’arte di comunicare. Nutri le tue relazioni con amore e rispetto

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