Quando Thich Nhat Hanh dice che soffrire bene è un arte, vuole invitarci a prenderci cura della nostra personale sofferenza. In tal modo possiamo prenderci cura anche della sofferenza degli altri.
Il modo per cominciare a produrre la medicina della presenza mentale è fermarci e fare un respiro cosciente, prestando tutta l’attenzione all’inspirazione e all’espirazione. Quando ci fermiamo e facciamo un respiro in questo modo unifichiamo corpo e mente, e torniamo a casa a noi stessi. Sentiamo più pienamente il nostro corpo; solo quando la mente è insieme al corpo siamo vivi per davvero. La notizia straordinaria è che l’unità di corpo e mente si può realizzare anche con un solo respiro. Forse è da un po’ che non siamo molto gentili con il nostro corpo; se ne riconosciamo la tensione, il dolore e lo stress, possiamo immergerlo nella nostra presenza consapevole e questo è l’inizio della guarigione.
Se ci curiamo della nostra sofferenza interiore abbiamo più chiarezza, energia e forza per essere in grado di affrontare la sofferenza dei nostri cari per la violenza, la povertà e l’ingiustizia, la sofferenza della nostra comunità e del mondo. Se invece siamo troppo occupati ad affrontare la nostra personale paura e disperazione, non possiamo dare una mano ad alleviare la sofferenza degli altri. Soffrire bene è un’arte: se sappiamo curarci della nostra sofferenza, non soltanto soffriremo molto meno ma potremo generare più felicità attorno a noi e nel mondo.
Da: Thich Nhat Hanh, “Trasformare la sofferenza. L’arte di generare felicità“, Terra Nuova, 2015.
Trasformare la sofferenza. L’arte di generare felicità
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