Shunryu Suzuki – Essere gentili con se stessi è il fondamento dello Zen

essere gentili con se stessi

Essere gentili con se stessi nella pratica di meditazione, secondo Shunryu Suzuki-Roshi, è essenziale. Prendersi cura della propria pratica è come per una mamma col proprio bambino.

Desidero che proviate la reale sensazione della vera pratica, perché da giovane ho praticato zazen [meditazione seduta] senza sapere esattamente che cosa fosse. A volte ero molto impressionato dalla nostra pratica, a Eiheiji e in altri monasteri: quando vedevo grandi maestri o ascoltavo i loro discorsi ne ero molto colpito; però mi era difficile comprendere quelle esperienze.

Il nostro scopo è avere la completa esperienza, il pieno sentimento di ogni momento di pratica. Noi insegniamo che illuminazione e pratica sono una cosa sola, mentre la mia pratica è stata quello che possiamo chiamare “lo Zen della scala a pioli”; pensavo: “Questa cosa la capisco fin qui, e l’anno prossimo la capirò un po’ di più”. Questo tipo di pratica non ha molto senso: non riuscivo mai a essere soddisfatto. Se provate la pratica della scala a pioli forse vi rendete conto anche voi che è un errore.

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Se la nostra pratica non ci dà un grande, caldo senso di soddisfazione, non è vera pratica. Anche se siedi in meditazione cercando di avere la postura giusta e contando il respiro, il tuo può ancora essere uno zazen privo di vita perché ti limiti a seguire le istruzioni. Non sei abbastanza gentile con te stesso. Pensi che se seguirai le istruzioni che ti ha dato un certo maestro avrai un buon zazen; ma lo scopo delle istruzioni è spingervi a essere gentili con voi stessi. Non conti i respiri solo per sfuggire alla tua mente pensante, lo fai per prenderti la massima cura del tuo respiro.

Se sei molto gentile con il tuo respiro, un respiro dopo l’altro, il tuo zazen ti darà una sensazione confortante di calore. Quando hai una sensazione di calore nei confronti del corpo e del respiro, allora puoi prenderti cura della pratica che fai e ne sarai pienamente soddisfatto. Quando si è molto gentili con se stessi capita spontaneamente di sentirsi così.

Una mamma si prende cura del suo bambino anche se non ha idea di come farlo contento. Ugualmente, quando ti prendi cura della tua postura e del tuo respiro, in quello che fai c’è un sentimento di calore. Provare un sentimento di calore nella pratica è un buon esempio della grande benevolenza del Buddha. Che tu sia un prete o un laico, quella pratica si estenderà a tutta la tua vita quotidiana. Quando ti prendi la massima cura di quello che fai, ti senti bene.

Tozan Ryokai raggiunse l’illuminazione molte volte. Una volta attraversando un fiume si vide riflesso nell’acqua e compose una poesia: “Non cercare di scoprire chi sei. Se cerchi di scoprire chi sei, ciò che capisci sarà lontanissimo da te. Avrai solo un’immagine di te”.

In realtà sei nel fiume. Forse dirai che è solo un’ombra o un riflesso di te, ma se guardi con cura, con il cuore pieno di calore, quello sei tu.

Può darsi che tu ti ritenga una persona di grande calore umano; ma quando cerchi di capire quanto, non riesci a misurare quel calore. Eppure quando ti vedi allo specchio o riflesso nell’acqua e provi un senso di calore, quello sei proprio tu. E qualunque cosa faccia, sei lì presente.

Noi diamo importanza, dunque, a un cuore caldo, a uno zazen pieno di calore. Il sentimento di calore che proviamo nella pratica è, in altri termini, l’illuminazione, lo stato mentale del Buddha. Non si tratta soltanto di contare il respiro o seguire il respiro. Se contare il respiro vi annoia, meglio limitarvi a seguire il respiro; ma inspirando ed espirando, il punto è prendersi cura del respiro proprio come una mamma tiene d’occhio il suo bambino. Se il bimbo sorride, la mamma gli sorride a sua volta; se il bimbo piange, la mamma si preoccupa. Quel genere di relazione stretta, quell’essere una cosa sola con la pratica, ecco il punto. Non sto dicendovi niente di nuovo, sempre le stesse vecchie cose!

La nostra regola monastica si basa su una mentalità gentile e piena di calore. L’idea di fondo non è limitare la libertà ma anzi dare la libertà di comportarsi e agire a modo proprio. Non è poi così importante seguire le regole alla lettera; in realtà, se infrangi una regola ogni tanto sapremo che cosa c’è che non va in te e il tuo maestro, senza criticarti, sarà in grado di aiutarti con più accuratezza. È così che puoi migliorare la tua pratica, in modo da ottenere un buon controllo dei desideri e della vita quotidiana. Allora avrai una gran libertà da ogni cosa. Ecco lo scopo della nostra pratica, sia per i preti sia per i laici.

Vi prego, prendetevi cura della vostra pratica. Siate molto gentili con voi stessi.

Da. Shunryu Suzuki, “Lettere dalla vacuità. Lo zen e l’arte di vivere“, Mondadori, 2005.

Lettere dalla vacuità. Lo zen e l’arte di vivere

Shunryu Suzuki-Roshi, Lettere dalla vacuità. Lo zen e l'arte di vivere
Il volume presenta una serie di lezioni tenute dal grande maestro zen negli ultimi tre anni di vita presso la Scuola zen di San Francisco da lui fondata: parole di saggezza in cui esprime la maturità del suo pensiero, la carica umana e l'esperienza accumulata in decenni dedicati all'insegnamento. Le parole del maestro, inoltre, si tingono spesso di umorismo e sono intessute di esempi tratti dalla vita quotidiana.

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[La foto è di Kristina Paukshtite, Estonia]

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