Alan Watts – Perché abbiamo bisogno dell’anticonformismo

anticonformismo

Secondo Alan Watts abbiamo bisogno di persone che hanno scelto l’anticonformismo, perché giocano un gioco diverso dal nostro, il quale ricorda ai governanti che c’è qualcosa di più importante di cui occuparsi.

Sottrarsi al tipico gioco sociale non viene incoraggiato nella società contemporanea. La Chiesa cattolica e alcune altre istituzioni religiose sostengono eremiti e monaci, ma sono decisamente in minoranza. Inoltre, non è possibile uscire semplicemente dal gioco da soli, senza incontrare grandi difficoltà. Chi lo fa è percepito come un lavativo e un consumatore di bassa lega, un poveraccio. Alcuni abbandonano gli studi universitari perché li ritengono stupidi (e magari li chiamiamo beatnik*) ma la comunità non lo gradisce molto.

Vedete, questi rinunciatari non hanno il tipo giusto di automobile, perciò il concessionario locale non fa affari con loro; e non hanno il prato davanti a casa, quindi nessuno può vendere loro dei tosaerba; e in realtà non fanno uso di lavastoviglie o altri elettrodomestici, perché non ne hanno veramente bisogno. E poi indossano jeans e roba del genere, perciò i negozi di abbigliamento locali sono un po’ contrariati di avere intorno questa gente che ha molto poco e che vive molto semplicemente. Via, questo non si può fare. Tutti devono vivere in modo complicato: devi avere il tipo di macchina giusto, che ti identifichi come una persona con dei mezzi e ti conferisca uno status, e tutto il resto.

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Perché questo rappresenta un problema? Nella società c’è sempre una trascurabile minoranza di persone che non si unisce al gregge, ma le società insicure sono le più intolleranti verso chi esce dal gioco. Sono talmente insicure della validità delle loro regole di gioco da esigere che tutti vi partecipino. Ora, quello è un paradosso. Non si può dire a qualcuno che deve giocare, perché in realtà gli si sta chiedendo di fare qualcosa che sarebbe accettabile solo se lo facesse volontariamente. Perciò «tutti devono giocare» è la regola vigente negli Stati Uniti, e lo è anche nella maggioranza dei governi democratici perché sono molto a disagio: tutti sono responsabili, almeno in teoria. Questo è spaventoso. Se teoricamente chiunque può fare qualunque cosa o pensare qualunque cosa, questo consegna tutti all’instabilità. Perciò, si deve diventare sempre più conformisti. L’individualismo sfrenato conduce inevitabilmente verso il conformismo. La gente si spaventa, si raduna in gregge, indossa gli stessi abiti che alla fine diventano sempre più monotoni e anonimi.

La democrazia come l’abbiamo provata è partita col piede sbagliato. Abbiamo preso le scritture cristiane che dicono che tutti sono uguali davanti a Dio e le abbiamo piegate a significare che tutti sono inferiori al cospetto divino. E questa è una parodia del misticismo. Perché in origine il misticismo significava che, dalla prospettiva di Dio, tutte le persone sono divine, il che è qualcosa di molto diverso. Quindi questo spiega perché tutte le burocrazie sono sgarbate, perché la polizia è rude, perché ti fanno fare la fila per tutto e perché tutti sono trattati alla stregua di malviventi. E una società come questa, che considera tutti inferiori, si trasforma rapidamente in fascismo a causa del terrore che prova verso gli outsider.

Una società libera e permissiva ama gli outsider. Sa bene che l’escluso fa per noi ciò che noi non abbiamo il coraggio di fare per noi stessi. Vive lassù fra le montagne, sul picco più elevato dell’evoluzione umana: la sua coscienza è tutt’uno col divino, e questo è semplicemente fantastico. Ti fa stare meglio sapere che esista qualcuno così. Quella persona è realizzata, cioè ha capito tutto. Perciò abbiamo bisogno di persone come quelle, anche se non stanno giocando il nostro gioco, perché questo rammenta ai governanti, senza mezzi termini, che c’è qualcosa di più importante. Questo è il motivo per cui i re saggi tengono con sé i buffoni di corte: il giullare ricorda al re che un giorno morirà, che è un essere mortale. Fa sapere al re che esistono forze e domini che vanno molto, molto al di là di quelli del re. Ma una democrazia fatica molto a rendersi conto di questo a causa della sua insicurezza. Ecco perché al mondo d’oggi è quasi impossibile abbandonare il proprio status di appartenenza. Come ha detto Henry David Thoreau: «Ovunque tu possa cercare la solitudine, gli altri ti scoveranno e ti costringeranno a far parte della loro disperata compagine di strampalati».

Da: Alan Watts, “Lo zen e l’arte di imbrogliare la mente“, Macro Edizioni, 2019.

* Che cosa significa “beatnik”

La parola beatnik è stata usata a partire dal 1958 come termine denigratorio per riferirsi ai beats, ovvero ai membri della Beat Generation, come unione di parole con il satellite sovietico Sputnik, per sottolineare sia la distanza dei beat dalla società statunitense corrente, sia il fatto che erano ritenuti vicini alle idee comuniste, in un’epoca in cui gli Stati Uniti vivevano un profondo sentimento di anticomunismo e una paranoica paura rossa durante il periodo maccartista della guerra fredda.

Nell’idea di Jack Kerouac, che coniò il termine beat, esso aveva invece una connotazione positiva, in senso spirituale connesso al termine beatitudine, ma anche nel suo significato di “rottura”. Il termine beat è stato usato per definire quel particolare movimento letterario ed artistico “anti-materialista”, dedito alla spiritualità. Molti artisti beat divennero devoti a movimenti religiosi e filosofie orientali, quali il taoismo e il buddhismo Zen. Lo stesso Alan Watts era molto seguito dai beat, come testimonia anche la sua vicinanza ad Allen Ginzberg, uno dei protagonisti del movimento letterario della Beat Generation.

Lo zen e l’arte di imbrogliare la mente

Alan Watts, Lo zen e l'arte di imbrogliare la mente
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Genres: ,
N. pagine: 224
Alan Watts ci invita a sottrarci alla trappola della consapevolezza ordinaria, smettendo di prendere la vita così seriamente per cominciare a godercela in completa sincerità, rinunciando al "mito di noi stessi", che ci illude di essere degli ego racchiusi in un involucro di pelle e separati dalla realtà circostante. Questo concentrato degli interventi più interessanti di Watts spiega in modo affascinante e ironico i principi della filosofia buddhista e la sua applicazione nella vita quotidiana.
Paolo Subioli

Pur essendo un volume postumo, basato sulla rielaborazione di trascrizioni di discorsi di Alan Watts, questo libro è bellissimo. C’è tutta l’erudizione, l’acume e l’ironia del filosofo inglese.

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[La foto sull’anticonformismo è di Mehmet Turgut Kirkgoz]

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