Rinunciare alla speranza – che spesso è una forma di resistenza alla realtà – può consentirci di aprirci all’incertezza che è intimamente connessa con la vita, secondo Christina Feldman. E rilassarci.
C’è molto da imparare dalla disperazione, se l’ascoltate con tutto il cuore. Perché vi perdete d’animo? State impercettibilmente cercando di controllare l’incontrollabile e vi prende il panico quando vi rendete conto che è impossibile? Tenete dentro di voi, anche quando tentate di entrare in contatto col dolore altrui, un invisibile ordine del giorno dei cambiamenti, con orari e tutto, che poi viene puntualmente disatteso? Una profonda compassione comporta una disponibilità ugualmente profonda a lasciar andare tutte le proprie aspettative, richieste e pretese. Imparare ad incontrare la sofferenza con cuore aperto e compassionevole è intimamente umiliante. Tutte le vostre strategie, formule e prescrizioni vengono rese inefficaci dall’intensità del dolore che vi trovate ad affrontare. Ciò che resta è solo la vostra capacità di restare saldamente presenti e responsabili. Spesso è questo tutto ciò che serve.
Una volta una donna mi ha raccontato l’incubo in cui precipitò quando suo figlio entrò nel tunnel della dipendenza da eroina. In qualche modo egli divenne un estraneo, che la derubava e la maltrattava quando lei si rifiutava di dargli i soldi necessari per finanziare il suo vizio. Spariva per giorni o settimane intere, ma ritornava sempre, perché aveva bisogno di lei. Tornava pieno di rimorsi e di scuse e faceva proposito di smettere. Ma di lì a qualche giorno ricadeva ancora una volta nella sua dipendenza. Lei mi parlò della linea sottilissima che percorreva fra il disperato bisogno di salvare suo figlio e la riluttanza a farsi complice del peggioramento della sua dipendenza. Non le restava altro che amarlo, tenerlo stretto quando piangeva, ascoltarlo e perseverare nella disponibilità ad essere presente per lui. “Non potevo smettere al posto suo”, disse. “Non potevo impedirgli di ammazzarsi con la droga. Non potevo costringerlo a desiderare di sbarazzarsi dell’attaccamento per la cosa che lo stava distruggendo. Tutto quel che potevo fare era aiutarlo a ricordare quanto fosse amato e considerato importante”.
La compassione vi chiede di accettare il fatto che è impossibile far cessare tutta la sofferenza del mondo, e tuttavia dovete agire in risposta ad essa come se ciò fosse possibile. Voi abbracciate l’impossibile, eppure vivete come se tutto fosse possibile. Questo è il grande paradosso del cuore compassionevole. Entrate in tutti gli istanti ed incontrate tutta la sofferenza con il sincero augurio che cessi, anche se accettate il fatto che possa non esservi possibile farla cessare.
Onorate l’aspirazione che cerca la fine di tutto il dolore. Tale aspirazione, quando viene liberata dalle aspettative e dalle pretese, matura in una compassione che non conosce limiti. Quando vi ritrovate frustrati ed impazienti verso le situazioni che non mutano a seconda dei vostri desideri, in realtà siete frustrati nei confronti della vostra incapacità di governare l’ingovernabile. Volete che le persone siano felici e libere dalla sofferenza, ma la saggezza della compassione vi chiede di riconoscere i vostri limiti e quelli del vostro potere. Non potete rendere qualcuno felice; non potete far sì che la sofferenza se ne vada. Potete solo essere presenti, e in questo rapporto con la vita non siete mai impotenti.
La disperazione può sembrare una resa all’assenza di speranza, eppure, stranamente, all’interno dell’assenza di speranza è dato trovare una saggezza trasformante. Lasciar andare la speranza non vuol dire cedere alla depressione o alla paralisi. La speranza è il gancio che vi tiene in attesa del momento successivo, piuttosto che spingervi ad abbracciare il momento in cui siete ora. Speranza è voler essere in un luogo migliore di dove siete ed essere una persona migliore di quella che siete. La vostra reazione alla sofferenza è istintiva: volete sbarazzarvene, e così facendo vi private del presente e della capacità di abbracciarlo.
Non molto tempo fa il giovane figlio di un mio amico si ammalò. Stavo seduta al suo fianco mentre gridava per la febbre e il dolore, quand’ecco mi ritrovai a dirgli: “Non preoccuparti, presto andrà meglio”. Quante volte cercate di rassicurare voi stessi e gli altri con parole del genere, sporgendovi nel momento successivo? Parole di consolazione e rassicurazione possono nascondere la convinzione inespressa che il ripristino del benessere vostro o altrui dipenda dalla cessazione delle difficoltà. Ovviamente sperate che le cose vadano meglio, che la malattia diventi salute, la solitudine intimità, il caos pace. Ma troppo spesso tale speranza si trasforma, impercettibilmente, nella pretesa che la vita sia diversa da quel che è.
Una speranza carica di negazione e di richieste apre la porta alla paura e alla delusione, che a loro volta possono farvi precipitare nella disperazione. A volte rinunciare alla speranza, che può essere nient’altro che una resistenza e una richiesta camuffate, è ciò che vi consente di rilassarvi nei confronti del luogo in cui siete e della situazione in cui vi trovate in questo momento. Rinunciare a questo tipo cli speranza è ciò che vi consente di aprirvi all’incertezza che è intimamente connessa con la vita.
La verità è che non sapete niente: non sapete che piega prenderanno gli eventi, quali mutamenti si verificheranno o che fine farà la vostra vita. Rinunciare alla speranza non inficia la nostra risoluzione: la focalizza sul momento in cui siamo, piuttosto che su un momento che non esiste. Coltivate la compassione, la gentilezza amorevole e la generosità quanto più potete, in ogni momento. Non sapete che effetto avrà e se ne avrà, ma questa incertezza non è di alcun ostacolo. Riconoscete che proprio la coltivazione di quelle qualità è, in se stessa, ciò che dà senso alla vita.
Una donna mi ha raccontato come il far parte di Amnesty International le avesse aperto gli occhi sulle torture e le crudeltà subite da varie persone in tutto il mondo ogni giorno, mentre languivano, spesso dimenticate, in celle di prigione e campi di lavoro. All’inizio, quando piena di fervore scriveva lettere ai leader politici, ai direttori delle carceri e alle guardie chiedendo un trattamento umano o il rilascio di un prigioniero, si ritrovava ad aspettare risposte o riscontri, la notizia che la sua azione era stata efficace. Fantasticava di una guardia carceraria che subiva una radicale trasformazione del cuore nel leggere i suoi appelli alla compassione. A volte si scoraggiava e smetteva di scrivere lettere. In seguito arrivò a rendersi conto che non avrebbe mai potuto portare avanti un impegno che dipendeva dal ricevere una risposta o un riconoscimento. Ancora scrive lettere, diverse volte alla settimana, senza mai sapere se avranno il minimo impatto, senza nemmeno sapere se qualcuno le leggerà; ma ora ha una profonda fiducia nel fatto che scrivere ha una sua efficacia.
Un proverbio cinese recita: Se tieni un ramo verde nel cuore, l’uccello verrà a cantarci. La compassione vi invita a tenere sempre un ramo verde nel cuore. Incontrare una sofferenza insopportabile arreca grande tristezza, ma la tristezza non è insopportabile. La tristezza è la terra su cui crescono l’amore e la compassione. Fidarvi della vostra elasticità e coltivare una risoluzione incrollabile vi salva dalla disperazione. Non siete mai annientati dalla tristezza, mentre potete esserlo dalla resa alla disperazione. Siete testimoni della sofferenza in coloro che amate, in coloro che non conoscete e in voi stessi. Vi affliggete, piangete e non vedete l’ora che finisca. Forse vi sembra sia troppo grande da sopportare, eppure è proprio nel bel mezzo del dolore che scoprite il vostro potenziale di elasticità.
Non potete soggiogare la tristezza distruggendola; al contrario, potete accettarla come parte dell’arazzo della vita, che comprende anche la gioia, l’empatia e il piacere. La tristezza vi distrugge solo quando cercate di muoverle battaglia. Accettare la tristezza vi consente di abbracciarla con compassione. Attraverso la disponibilità ad incontrare la tristezza nel vostro stesso cuore, potete imparare a trovare uno spazio per tutta la tristezza e il dolore possibili al mondo. Permettere a tutta la tristezza possibile di entrare nel vostro cuore fa anche spazio alla compassione e all’amore incommensurabili.
Il ramo verde nel vostro cuore è come il ramo di salice che è in grado di piegarsi nelle più violente tempeste della vita, ma torna sempre diritto. A volte il ramo può impiegare del tempo per ritornare diritto, ma potete aver fiducia nel fatto che l’elasticità che vi consente di restare presenti e impegnati verrà trovata. I momenti in cui la rettitudine e la fermezza sembrano lontane o impossibili richiedono grande pazienza. Non potete mai prevedere quando la tempesta finirà; ma finisce sempre. Restare impegnati nel porre fine al dolore vi permette di abbracciare il dolore del momento presente piuttosto che aspettare la fine della tempesta.
Da: Christina Feldman, “Compassione. Ascoltare le grida del mondo“, La Parola, 2007.
Compassione. Ascoltare le grida del mondo
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