
C’è in noi una batteria fondamentale, è fatta di silenzio,
di esitazione, di delicatezza, di compassione saggia, ha bisogno di essere
ricaricata, ha bisogno di silenzio, di vuoto, di sospensione. Imparando a
conoscere intimamente il respiro, ci accorgiamo che ha due pause, una breve tra
inspirazione ed espirazione e una più prolungata alla fine dell’espirazione,
prima di inspirare di nuovo. Riuscire a sostare in questa pausa è come sostare
nella terra della mancanza, senza cercare rimedi e cause, è entrare in contatto
con il nostro fondamentale, radicale mancare e scoprire che dimorando nella sua
precaria, sfuggente terra, ci ricarichiamo, siamo. Come dire che il sollievo
che cercavamo correndo a riempire la mancanza, lo troviamo invece sentendola,
abitandola.
La quiete che man mano si costruisce tornando con assidua e delicata cura al respiro non è però che il nido da cui partire e a cui tornare, non è la meta né la Via, solo un suo passo. Ci si affeziona facilmente a quella quiete, la si scambia per pace, si pretende di non lasciarla mai e si vive tutto quello che la disturba come nemico, si crede di poter prima o poi vivere in una bolla di serena separatezza da tutto il resto, dalla nostra stessa vita. La pratica della consapevolezza invece ci collega, ci connette, non più attraverso le opinioni, le preferenze, i concetti, ma attraverso il respiro e la visione profonda e intuitiva che il sostare nella serenità fa sorgere. Nella sua opera Totalità e Infinito , Lévinas dice che vorrebbe sostituire al termine “concetto”, qualcosa che viene afferrato, la parola “carezza”, qualcosa che sfiora senza prendere, qualcosa che scorre. La carezza è «marcia verso l’invisibile», perché la carezza «non sa cosa cerca». Questo è il giusto tocco a cui ci addestriamo nei confronti di noi stessi e degli altri, conoscere accarezzando, lasciandoci accarezzare dal respiro, lasciandoci toccare dalla vita. Certe volte saranno strattoni, sberle, scosse, ma se impariamo a lasciarci scuotere, ad andare con la corrente, la carezza sarà presente come metodo, modo di accogliere.
Da: Chandra Livia Candiani, “Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione“, Einaudi, 2018.
Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione

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