Il Tempo è non quello che pensiamo normalmente, dice Norman Fischer. Il nostro rapporto con il Tempo di solito è problematico, perciò dobbiamo imparare a stare col momento presente.
Il Tempo non è esattamente ciò che pensiamo sia. Questo può essere visceralmente apprezzato in un ritiro di meditazione, quando non c’è niente da fare, giorno dopo giorno, se non sedere in meditazione, in silenzio, seguendo un orario che è ripetitivo, non soltanto di giorno in giorno, ma anche al mattino, al pomeriggio, alla sera. Ogni periodo di meditazione sembra, dopo un po’, senza tempo, alle volte sembra durare un’eternità, e alle volte sembra finire prima di essere cominciato. E con il lento scorrere del ritiro quel senso di déjà vu, che continuo a menzionare come l’usuale modo di segnare il tempo e di esperirlo, svanisce e si comincia invece a rispondere al suono della campana del tempio e del gong di legno. La percezione del tempo si espande e si contrae con una misteriosa flessibilità, fino a che non si riesce più a capire se il tempo stia scorrendo molto velocemente o molto lentamente. La vita appare quasi come un sogno.
Anni fa uno dei miei maestri Zen decise di fare qualche esperimento con la sensazione del tempo. Disse alla persona incaricata di controllare l’ora, durante un lungo ritiro, di non suonare la campana all’ora fissata per la fine del periodo di meditazione, ma invece di far continuare la meditazione fino a che il maestro non avesse dato il segnale. In quel ritiro ci furono periodi di meditazione che durarono per più di un ora e altri che durarono per pochi minuti). Nessuno sapeva in anticipo se il successivo periodo di meditazione sarebbe stato lungo o corto. Alla fine capimmo tutti che non dovevamo far altro che sederci all’inizio di ogni periodo non avendo in mente nessuna idea di tempo, nessuna speranza e nessuna aspettativa, ed essendo disposti a stare lì per sempre, se ciò fosse stato necessario (“che l’avventura abbia inizio ! “). Dopo pochi giorni divenne difficile essere sicuri della differenza tra un periodo lungo e uno breve. Avevamo le nostre impressioni, ma gli orologi non erano permessi. L’esperimento continuò fino alla fine del ritiro, che (cosa che ora non sorprenderà nessuno) non finì all’orario stabilito, ma si prolungò per tutta la notte. Fu un esperimento efficace e drammatico, ma, per richiesta generale, non fu più ripetuto.
Anche quando la durata dei periodi di meditazione è esattamente quella annunciata, si può comunque esperire questo senso di oscurità e misteriosità del tempo. Se ne può fare esperienza anche in altri momenti, quali la nascita o la morte, o quando si ricevono per la prima volta importanti notizie, buone o cattive. In questi momenti il tempo sembra essere spazzato via completamente; un buco nero si apre e inghiotte il tempo. Questa non è un’illusione. Il tempo non è tanto organizzato quanto crediamo noi: ha davvero questi strani intervalli e prolungamenti. Il tempo non scorre ordinatamente lungo un continuum o secondo una successione cronologica orizzontale, con il passato all’estrema sinistra (poiché la nostra lingua indoeuropea legge da sinistra a destra), il presente che scorre al centro, e il futuro all’estrema destra. Diamo il tempo per scontato, considerandolo un ordinato, piano, neutro, costante contenitore delle nostre esperienze. Ma questa percezione non è corretta né reale. Il tempo rallenta, accelera, o si ferma in accordo con il flusso della propria vita. La visione del tempo alla quale si è condizionati, nella quale il soggettivo senso del tempo è dipendente da ciò che dicono l’orologio o il calendario, è un’invenzione piuttosto recente. Il tempo non è ciò che gli orologi misurano. Il tempo è ciò che esperiamo come vita, e come tale appartiene più al regno del mistero e del sacro piuttosto che al regno della scienza e della misurazione.
I mistici di tutte le tradizioni spirituali lo sanno bene. Essi indicano che Dio – o l’illuminazione, l’unità, o in qualunque modo vogliate chiamarlo – che è sia nel tempo che al di là di esso, lo si incontra nei momenti di intervallo, quando il tempo si apre in un momento di trasporto che contiene passato, presente e futuro tutti insieme e, allo stesso modo, non contiene nessuno di questi. I mistici indicano anche che il tempo sequenziale è soggetto a delle violazioni divine: il passato alle volte arriva sgocciolando vivacemente nel presente, il futuro, di tanto in tanto, sanguina nel passato. “Il Tempo non è una tempesta che si muove attraverso il cielo da est a ovest”, ha scritto il maestro Zen Dogen, “il Tempo è l’esistenza stessa”.
E vero che passiamo dalla vita alla morte, ma anche l’opposto è possibile: nella nostra esperienza della consistenza del tempo nel presente, potremmo avere la sensazione della presenza di qualcuno che è morto, che potrebbe apparirci anche in maniera fisica e palpabile. E possiamo rivivere e chiarire il passato nel presente, come sa bene chi ha fatto esperienza dei sogni lucidi o delle intuizioni psicoterapeutiche. In sogno possiamo sparire dal presente e riapparire nel futuro. E dal presente possiamo connetterci a qualunque tempo, che diverrà più consistente e più emozionante al progressivo schiudersi del nostro cuore. Quando ci impegniamo con tutto il cuore nel percorso spirituale, ci inoltriamo nel tempo in maniera completamente diversa. Non ci dimentichiamo del tempo segnato dall’orologio, ma lo riconosciamo come quella semplice convenzione che in realtà è, e siamo sempre pronti a essere sorpresi. Quando si porta avanti una pratica spirituale giornaliera, è possibile fare esperienza della propria vita in relazione al tempo in un modo che viola la convenzionalità. Gli dei ignorano tutto ciò.
Un esperienza del Tempo non convenzionale
Per il grande teologo ebreo Abraham Joshua Heschel, il tempo è la prova empirica della presenza di Dio. Egli sostiene che gli esseri umani possono conquistare lo spazio, il mondo fisico, possono migliorarlo o distruggerlo, annientarlo, ricostruirlo (ricordate la definizione che l’Abhidharma dà della materia: “ciò che può essere molestato”). Ma gli esseri umani sono totalmente incapaci di manipolare il tempo. Possono soltanto viverlo ed essere vissuti da esso. “Il tempo è la presenza di Dio nel mondo dello spazio”, egli scrive, “ed è all’interno di questo tempo che siamo capaci di percepire l’unità di tutti gli esseri . Il tempo è questo momento presente perché Dio è presente. Ogni istante è un atto di creazione. Il momento non è qualcosa di terminale, ma un flash, un segnale dell’Inizio. Il tempo è perpetua innovazione… ”
La crescita e lo sviluppo interiore richiedono che noi si abbia occasionalmente questa non convenzionale esperienza del tempo. Istintivamente sappiamo quanto ne abbiamo bisogno. La cerchiamo nelle lunghe e rilassanti vacanze, nella quiete della natura, in paesi stranieri; alcune persone, in maniera meno utile, la cercano nella droga, nell’alcool, o in altre forme di sconvolgimento temporale. L’esperienza del tempo non convenzionale si manifesta nei ritiri e negli esercizi spirituali quotidiani, ma può anche arrivare in momenti più ordinari, semplicemente facendo attenzione a ciò che stiamo facendo. Il prestare attenzione, l’essere presenti, sembra qualcosa di normale e ordinario, ma non lo è. Il nostro modo normale, quotidiano di prestare attenzione è piuttosto fiacco. Anche se guardiamo l’orologio, siamo presenti a metà, siamo parzialmente consapevoli. Siamo dove siamo, ma soltanto parzialmente; il resto di noi è da qualche altra parte, non sappiamo dove, inconsapevole, intontito. Quando prestiamo realmente attenzione a dove siamo, il mondo si illumina. Gli oggetti esterni e interni divengono più chiari e il nostro normale modo di comprenderli viene messo in discussione.
Per prestare attenzione in tal modo non c’è bisogno di tecniche complicate o elaborate. Tutto ciò che serve è il ricordare a se stessi di essere presi da ciò che sta accadendo nel momento presente, essere veramente e pienamente qui e ora con ciò che accade. Quando rallentate e applicate la consapevolezza proprio dove siete – agli atti di percezione e volizione, alla parola, ai pensieri, alle sensazioni (ascoltare quando si ascolta, parlare quando si parla, camminare quando si cammina, mangiare quando si mangia, esattamente come hanno insegnato gli antichi maestri Zen) – cominciate piano piano a vivere dentro la sacralità del tempo.
Da: Norman Fischer, “Tornare a casa. Un commento zen all’Odissea“, Edizioni La Parola, 2010.
Tornare a casa. Un commento zen all’Odissea
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