Migliorare la concentrazione significa coltivare una delle “cinque facoltà spirituali”, che secondo Joseph Goldstein sono alla base della pratica meditativa, ma che possono anche essere rafforzate per mezzo della meditazione stessa.
La concentrazione è la quarta delle facoltà spirituali*: è quella qualità che conferisce vigore e intensità alla pratica. La si può coltivare in molte maniere; nel contesto della meditazione vipassana, essa consiste in una costante permanenza della propria attenzione sul flusso di oggetti in continuo mutamento. Anche quando rivolgiamo la nostra attenzione al respiro, in effetti, possiamo percepire l’estrema varietà delle sensazioni dell’aria che penetra nelle narici o di quelle del movimento dell’addome. La chiave dello sviluppo della concentrazione è dunque una continua e perseverante presenza mentale.
Può esserne una chiara illustrazione il metodo primitivo di accendere il fuoco sfregando l’una contro l’altra due bacchette. Se dovessimo sfregare le bacchette per qualche minuto e poi, per la stanchezza, lasciar perdere, quindi sfregare ancora per un po’, lasciarci distrarre da qualcosa e fermarci nuovamente, strofinare per qualche altro istante e poi perderci nei pensieri, la quantità di calore che ne verrebbe generata andrebbe ripetutamente perduta, e noi non otterremmo mai nemmeno una scintilla. Allo stesso modo, se riusciamo ad avere presenza mentale solo pochi minuti per volta, con continue interruzioni, non riusciremo mai a sviluppare la capacità di andare più a fondo. Se invece pratichiamo cercando di sviluppare un flusso ininterrotto di presenza mentale, gli ostacoli alla concentrazione saranno tenuti a bada e la mente diventerà quieta e limpida. Del resto, se la presenza mentale acquista un carattere di durevolezza, la mente rimane ferma, senza disperdersi né distrarsi, e la concentrazione diviene forte e ben radicata.
Se, quindi, vogliamo compiere lo sforzo di assicurare continuità alla nostra pratica, potremo spontaneamente godere della forza, della profondità e dell’interezza che scaturiscono dalla concentrazione profonda. Quando la mente non si disperde, si prova un senso di completezza e di indivisione che a sua volta ingenera una felicità completamente diversa da qualsiasi tipo di piacere di cui facciamo in genere esperienza.
Da: Jack Kornfield, Joseph Goldstein, “Il cuore della saggezza. Esercizi di meditazione“, Astrolabio Ubaldini, 1988.
*Le cinque facoltà spirtuali
A titolo di nota a questo brano di Joseph Goldstein, ricordiamo che le cinque facoltà spirituali (Indriya) sono le seguenti:
- fiducia o fede (saddha)
- impegno gioioso o energia (viriya)
- consapevolezza (sati)
- concentrazione univoca (samadhi)
- saggezza o conoscenza intuitiva (panna)
Il cuore della saggezza. Esercizi di meditazione
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