Pema Chödrön – Nelle situazioni difficili, è meglio il Dharma o la Psicoterapia?

situazioni difficili

Nelle situazioni difficili è più efficace fare psicoterapia o affidarsi al Dharma? Per Pema Chödrön il Dharma spesso è ciò che ci permette la svolta, ma dobbiamo essere disposti a cambiare le nostre abitudini.

Quando siamo arrabbiati con qualcuno, o abbiamo il cuore spezzato, quando vogliamo prenderci una rivincita, o suicidarci, in momenti come questi non pensiamo proprio che la meditazione o gli insegnamenti facciano al caso nostro. Non c’entrano con la realtà della situazione.

Molti dicono che la meditazione non basta, che abbiamo bisogno di terapia e di gruppi di sostegno per affrontare i nostri schemi comportamentali più duri da sradicare. Sentono, e molto, che il dharma non penetra così in profondità nella nostra confusione, non abbastanza.

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Spesso suggerisco la terapia per qualche allievo. La trovo un valido strumento specifico, che per alcuni è estremamente utile. Per alcuni di noi, lavorare a stretto contatto con un terapeuta non giudicante ci permette di superare le paure e di sviluppare finalmente gentilezza amorevole verso noi stessi. Allo stesso tempo, so che non solo il dharma è più rivoluzionario, ma pure che, per molti di noi, è lo stesso dharma a fornirci gli strumenti e il sostegno necessari a trovare la bellezza che è in noi, l’intuito che è in noi, la capacità che abbiamo di lavorare con la nevrosi e il dolore. Sembra che uno dei trucchi stia nell’avere abbastanza fede nel dharma da portarlo direttamente dentro i nostri incubi, non come una teoria inutilizzabile che ci distanzia dai problemi più grossi o come qualcosa con cui misurarci, ma come un buon nutrimento, come una medicina priva di effetti collaterali, utilizzabile sempre e dovunque.

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La chiave sta nel cambiare le nostre abitudini, in particolare quelle della mente. Ricordo il giorno in cui capii senza riserve che siamo noi a costruirci lo stato in cui siamo e che dipende dal nostro modo di usare la mente, dal nostro modo di continuare a rispondere alla vita con gli stessi schemi, vecchi, polverosi, totalmente prevedibili. Si verificò una situazione difficile: stavamo finendo i soldi. Cominciai a essere tesa. Mi sembrava di avere un peso enorme sulla testa, letteralmente. Iniziai a farmi prendere dal panico. Dovevo trovare una via d’uscita. Non avrei potuto rilassarmi finché non avessi trovato una soluzione. Non riuscivo a godermi la luce del sole sull’acqua o l’aquila posata sul ramo di un albero proprio di fronte alla mia finestra.

Il tutto mi era spaventosamente familiare. Perché questa volta me la fossi presa molto peggio del solito, non lo so. Forse era il risultato di tutti quegli anni in cui avevo osservato la mia esperienza il più onestamente e acriticamente possibile. Probabilmente era anche il risultato di tutta la pratica di meditazione passata a guardare quando partivo per la tangente e poi tornavo al momento presente.

Sia quel che sia, quel giorno riuscii a capire. Ero proprio nel pieno di uno dei miei abituali stati d’animo, quando vidi quel che stavo facendo. E non solo vidi quel che stavo facendo, ma smisi anche di farlo. Smisi di andare avanti con il mio solito piano per salvare capra e cavoli. Decisi di non correre in giro cercando di evitare il disastro. Lasciai che arrivasse il pensiero che “solo io sono in grado di salvarci” e lo lasciai andar via. Decisi di vedere cosa sarebbe successo senza il mio intervento — anche se questo avrebbe voluto dire che tutto sarebbe finito male. Qualche volta bisogna pure lasciare che le cose finiscano male.

Smettere di agire fu il primo passo, il più difficile. Non salvare capra e cavoli era proprio l’opposto del modo in cui operavo normalmente. Mi sentivo come se ci fosse un’enorme ruota spinta al massimo per andare nella solita direzione, e io stessi invertendo il senso di marcia.

Alla fine arrivai al punto in cui ero pronta a rallentare la spinta abituale della mente e a smettere di essere così prevedibile. Iniziai a non agire nel solito modo. Fu difficile. La tentazione di risolvere il problema era fortissima, ciò che Trungpa Rinpoche chiamava “nostalgia del samsara”. Ma la mia curiosità sugli insegnamenti era più forte del desiderio di fare quel che avevo sempre fatto. Qui stavo entrando nella terra di nessuno. Qui non mi reggevo in piedi. Era vero, non era una qualche nobile teoria letta in qualche libro. Non sapevo cosa sarebbe successo dopo, ma tutto era preferibile al reagire nello stesso modo inceppato.

Ogni azione conta così come ogni pensiero e ogni emozione contano. Questa è tutta la via che abbiamo. Questo è il punto in cui applicare gli insegnamenti. Questo è il punto in cui arriviamo a capire perché meditiamo. Staremo qui solo per poco tempo. Anche se vivessimo fino a centootto anni, la vita sarebbe comunque troppo breve per testimoniare tutte le sue meraviglie. Il dharma è ogni azione, ogni pensiero, ogni parola che diciamo. Abbiamo almeno voglia di afferrarci quando partiamo per la tangente e di farlo senza imbarazzo? Aspiriamo almeno a non considerarci un problema, ma semplicemente un essere umano abbastanza tipico che potrebbe prendersi una pausa e smettere di essere così prevedibile?

La mia esperienza è che questo è il modo in cui i pensieri iniziano a rallentare. Magicamente, sembra che vi sia molto più spazio per respirare, molto più spazio per danzare e molta più felicità,

Il dharma può guarire le nostre ferite, le antichissime ferite che derivano non dal peccato originale ma da un malinteso talmente vecchio che non riusciamo più a vederlo. Le istruzioni dicono di relazionarsi con compassione con il punto in cui ci troviamo e di iniziare a considerare la nostra difficile situazione come qualcosa che si può sistemare. Siamo costretti in schemi che ci fanno aggrappare e ci bloccano, facendoci ripetere di continuo gli stessi pensieri e le stesse reazioni. È così che proiettiamo il nostro mondo. Quando ce ne accorgiamo, anche se è per un secondo ogni tre settimane, ecco che scopriamo naturalmente l’espediente per invertire questo processo che rende le cose rigide, l’espediente per fermare il mondo claustrofobico che conosciamo, posando a terra secoli di bagagli e avventurandoci in un territorio nuovo.

Se chiedete come diavolo si possa farlo, la risposta è semplice. Fate vostro il dharma, esploratelo con tutto il cuore e rilassatevi.

Da: Pema Chödrön, “Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per i tempi difficili“, Feltrinelli, 2017.

Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per i tempi difficili

Pema Chodrom, Se il mondo ti crolla addosso
Publisher:
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N. pagine: 174
A tutti noi capita di attraversare periodi in cui il mondo sembra crollarci addosso e cospirare contro la nostra serenità. Proprio in quei momenti, ci insegna Pema Chödrön, possiamo trovare la nostra natura più vera e, accettando i nostri limiti, rinascere come fenici dalle ceneri di ciò che credevamo di temere.

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[La foto sulle situazioni difficili è di Liza Summer]

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