Le menti interconnesse si hanno quando si riconosce la natura fondamentale dell’essere umano, secondo Stefano Bettera, la quale è al tempo stesso individuo, parte della società ed essere biologico.
Se vogliamo realizzare una “mente ecologica”, dobbiamo per prima cosa lavorare sulla mente. Gotama [il Buddha] ci ha mostrato che è proprio nell’essere consapevoli di ciò che accade e dei nostri atti che risiede la prima condizione che ci permette di risvegliarci. Ciò che ci definisce come esseri umani comprende tre dimensioni: l’individuo – voi e io –, la società, intesa come insieme di relazioni tra persone, tra soggetti, e l’aspetto biologico, ossia la nostra comune appartenenza alla specie umana. Sono tre aspetti indissolubili. L’uomo è allo stesso tempo totalmente un individuo singolo, autonomo ma è anche totalmente sociale. Dal punto di vista biologico, infine, è una parte della materia dell’universo in costante rapporto con il tutto. Per dirla in altro modo, esistiamo in quanto fenomeno unico e allo stesso tempo non esistiamo perché contemporaneamente siamo anche più di questo.
E questo insieme di caratteristiche che chiamiamo “io” è in costante trasformazione, in un processo di continua evoluzione e relazione con ciò che lo contiene e lo determina. Il buddhismo spiega molto bene questo concetto, parlando di vacuità, quando sostiene che in via definitiva non c’è essere vivente che sia dotato di un’esistenza inerente, fissa, immutabile. Tutto è un processo in costante trasformazione che dipende da cause e condizioni senza le quali non può verificarsi. E quando queste cambiano o cessano, lo stesso processo cambia o cessa. Una prospettiva di grande libertà. Questa condizione di vacuità, che non è un vuoto, è la porta di ingresso che ci permette di guardare alla mente e ai pensieri non come a entità rigide, a sé stanti e immutabili. Diventa l’opportunità di cambiare gli stessi schemi mentali che riteniamo tanto sicuri e indiscutibili, lavorare sui suoi processi che non sono rigidi e immutabili e aprire la mente alla dimensione ecologica. Una mente che include tutto, compreso il destino del nostro caro pianeta.
Questa mente ecologica si rivela quindi come una mente sociale, che nasce e si sviluppa da innumerevoli relazioni tra gli individui. Ma, allo stesso tempo, presenta dei tratti particolari, che la contraddistinguono da altre forme in base a linguaggio, cultura o forma organizzativa. Che sono gli elementi in cui questa particolarità si disvela per entrare in relazione con altre menti altrettanto uniche e particolari. Allargando il cerchio e spostandoci ancora un po’ più in là, il principio non cambia: la specie umana è il “contenitore” in cui sono inclusi tutti gli esseri umani, ma ciascuno conserva la propria singolarità senza perdere la caratteristica fondante di essere umano. Particolari condizioni o cause danno origine a un processo e non ad altri. Eppure, allo stesso tempo questo essere umano è connesso con il tutto e parte del tutto. Il punto fondamentale – e in questo l’intuizione di Gotama è strabiliante per la sua modernità – è che non è possibile ridurre la definizione di umano a nessuno dei tre elementi senza includere gli altri.
Siamo allo stesso tempo individuo, parte di una società e elemento di una specie, e l’esistenza di ognuna di queste caratteristiche dipende da condizioni che ne determinano o meno l’esistenza. L’individuo ha certamente la propria qualità di soggetto così come la società ha la propria dimensione e caratteristica, ma entrambi non devono dimenticare che si compiono l’uno attraverso l’altro. Vivere è un processo, un movimento costante in cui passiamo dall’io al noi senza che il confine di queste due dimensioni sia davvero definito in modo netto. Comprendere questa condizione vuol dire aver sviluppato la mente risvegliata, la mente ecologica.
Da: Stefano Bettera, “L’abbraccio del mondo. Coltivare la saggezza dello spirito per realizzare una mente ecologica“, Mondadori, 2021.
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