
Paragonando la mindfulness all’esercizio fisico che si fa per rimanere in forma, gli autori spiegano in che modo una pratica di meditazione efficace combini pratica informale, formale e ritiri di più giorni.
Coltivare la mindfulness è un po’ come sviluppare la forma fisica. Possiamo raggiungere qualche miglioramento fisico facendo le scale invece di prendere l’ascensore o andando in bicicletta invece di usare la macchina, senza per questo cambiare radicalmente il nostro stile di vita. Tuttavia, per avere un vero miglioramento fisico dovremmo togliere del tempo alla nostra routine giornaliera e andare in palestra, fare jogging o praticare uno sport. Se veramente vogliamo che il nostro programma di fitness faccia un balzo in avanti potrebbe essere necessario andare via per alcuni giorni a fare un tour in bicicletta, un viaggio zaino in spalla o una vacanza in un centro benessere dove si faccia esercizio fisico. Ci sono opzioni analoghe anche per sviluppare la mindfulness: informali, formali o di ritiro meditativo.
La pratica informale
Senza portare via tempo alle nostre giornate, possiamo adottare delle pratiche di mindfulness informali , come camminare consapevolmente, fare la doccia, mangiare o guidare in modo consapevole. Questo richiede solamente uno spostamento dell’attenzione. Per esempio nel camminare consapevolmente invece di focalizzare la nostra attenzione su cosa è successo durante la riunione di ieri, o sull’organizzare la cena, prestiamo attenzione, momento per momento, alla sensazione dei piedi che toccano il terreno e che si muovono avanzando attraverso lo spazio. Nel fare la doccia in modo consapevole, godiamo dell’intensa esperienza sensoriale prodotta da migliaia di gocce d’acqua della giusta temperatura che accarezzano il nostro corpo nudo. Prendiamo consapevolezza della precisa sensazione di lavarci, insaponarci e sciacquarci, piuttosto che rivedere l’elenco delle cose da fare e arrivare alla fine della doccia senza avere idea se ci siamo lavati i capelli, “O è stato ieri?”. Nel mangiare in modo consapevole cerchiamo di gustare il cibo e nella guida consapevole notiamo l’apparire della strada, delle altre macchine, degli alberi, delle case e così via. In tutte queste attività, quando i pensieri si presentano alla mente, permettiamo loro di andare e venire, riportando l’attenzione alle sensazioni prodotte dall’attività svolta in quel momento. Chiunque può sviluppare una sorta di mindfulness attraverso questo tipo di pratiche informali, dato che non richiedono del tempo extra e raramente sono destabilizzanti.
La pratica formale
Se però vogliamo approfondire la pratica della mindfulness abbiamo bisogno di qualcosa di equivalente alla palestra. Questo è il momento di organizzarsi per la meditazione formale .
Scegliamo un posto tranquillo dove è improbabile venire disturbati ed è possibile effettuare una serie combinata di pratiche di attenzione focalizzata, di monitoraggio aperto e di accettazione. Queste sedute di pratica possono andare da periodi brevi di 10-20 minuti a periodi più intensi di 30-45 minuti. Gli studi volti a dimostrare i cambiamenti prodotti dalla pratica della mindfulness nella struttura e nelle funzioni cerebrali indagano in particolare sugli effetti di tale meditazione formale e generalmente i protocolli clinici basati sulla mindfulness la includono (Michael Treadway, Sara Lazar., “The Neurobiology of Mindfulness”, 2009).
Molti pazienti hanno difficoltà a impegnarsi in una pratica formale. Come detto in precedenza, la meditazione può aprire le porte a qualsiasi tipo di contenuto mentale indesiderato che può essere difficile da sopportare. Una pratica del silenzio protratta a lungo, soprattutto se focalizzata sul respiro, può risultare opprimente. Le persone possono anche sentire di non aver tempo: le loro vite sono già piene di altri impegni. Altri possono vedere la meditazione come una pratica estranea, in conflitto con i loro credo religiosi o culturali. Tuttavia, come vedremo, molti di questi ostacoli possono essere superati trovando la giusta combinazione e intensità di pratiche e presentandole in un modo collaborativo e culturalmente compatibile.
Il ritiro di meditazione
Per dare veramente una spinta alla pratica meditativa non c’è niente di meglio che un ritiro intensivo dove il silenzio sia l’elemento dominante: si passa una giornata, o più, alternando le varie pratiche meditative al camminare e al mangiare, evitando il contatto visivo con gli altri e astenendosi dal parlare, leggere, scrivere, mandare messaggi e controllare le e-mail. Il ritiro tende a innalzare significativamente il livello di mindfulness, e molti partecipanti si sentono significativamente trasformati.
È infatti difficile cogliere pienamente il potenziale della pratica mindfulness senza fare l’esperienza di un ritiro silenzioso. Durante la pratica giornaliera è difficile sviluppare una concentrazione sufficiente per osservare con chiarezza cosa avviene nella propria mente. Nella vita di tutti i giorni abbiamo bisogno di passare molto tempo a pensare e programmare per raggiungere i nostri obiettivi. Il risultato è che ci soffermiamo principalmente sul flusso del pensiero, nella continua narrazione verbale della nostra esperienza.
Durante un intensivo ritiro di silenzio, ci sono poche decisioni da prendere e pochi obiettivi da perseguire, se non coltivare la mindfulness. Il risultato è che la mente tende ad acquietarsi e spesso si aprono degli spazi tra i pensieri. Si arriva a capire come la mente crea una propria comprensione della realtà partendo da mattoni costituiti da sensazioni, percezioni, sentimenti e intenzioni; e come cercare di restare aggrappati a esperienze piacevoli, allontanando quelle dolorose, crei sofferenza. Si potrebbe anche intravvedere l’inconsistenza del proprio senso di sé, così come viene costruito in ogni momento da un flusso di esperienza che cambia all’infinito. Queste intuizioni hanno un enorme potenziale nel cambiare la comprensione della sofferenza psicologica, sia come terapeuti sia come pazienti.
Da: Susan M. Pollak; Thomas Pedulla; Ronald D. Siegel, “Mindfulness in psicoterapia. Tecniche integrate”, Edra, 2015.
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