Perché litighiamo? I due insegnanti Krishnananda e Amana, allievi di Osho, spiegano i motivi più ricorrenti, indicando anche possibili vie d’uscita e una meditazione ad hoc.
Gli amici e le coppie litigano, ed è importante capire perché.
Quasi tutti vorremmo relazionarci con il nostro compagno o con gli amici più stretti in modo compassionevole, con mutua comprensione ed emozioni adeguate, mantenendo la capacità di lasciar fluire l’amore nonostante l’agitazione, le incomprensioni, i conflitti o la disconnessione. Ma questo non tiene conto del fatto che di solito portiamo con noi in ogni legame significativo un bagaglio emotivo che può facilmente essere provocato. Una volta che questo accade, possiamo reagire in modi che non rispecchiano l’immagine amorevole, compassionevole e premurosa che forse abbiamo di noi stessi.
Possiamo perfino aver formato l’abitudine a essere irritabili, aggressivi o ad allontanare le persone che ci sono vicine e non c’è nemmeno bisogno che qualcuno o qualcosa ci provochi. Magari c’è dentro di noi una tensione cronica che ci provoca rabbia perché non sentiamo il flusso d’amore interiore e perdiamo le staffe alla minima occasione. Ciò può accadere automaticamente e spesso inconsciamente. C’è uno spazio dentro di noi che è gravato di così tanta vergogna, umiliazione, senso di impotenza e disperazione che, quando queste emozioni vengono sollecitate, ci sembrano intollerabili da sentire e vogliamo vendicarci.
È piuttosto facile pronunciare parole pesanti quando ci sentiamo provocati e questo danneggia la trama delicata di cui è fatta la fiducia. Inoltre, spesso giustifichiamo la nostra irritazione e litigiosità, senza guardare più in profondità e prenderci la responsabilità delle nostre azioni.
Reagiamo, attivamente attraverso la rabbia o passivamente ritirandoci e diventando freddi verso l’altra persona, per ragioni precise. Ci sentiamo incompresi, siamo turbati perché le nostre aspettative d’amore non vengono soddisfatte, perché veniamo sfidati e ci sentiamo sopraffatti dalla vita, invasi o intralciati e crediamo di aver bisogno di difenderci. Ci irritiamo quando le cose non vanno come vorremmo, quando le persone non vivono ì nostri standard, oppure quando ci sentiamo indegni, umiliati, impotenti, oppressi o non rispettati.
Ecco un paio di esempi.
Quando Max avverte che la sua ragazza, Mary, si appoggia troppo a lui o diventa pretenziosa, lui si allontana senza dire niente e spesso non le parla per alcuni giorni. Questo gli ricorda sua madre, invadente e prepotente, e ciò lo fa infuriare, in quanto percepisce Mary come insensibile al suo bisogno di spazio, tanto da sentirsi pienamente giustificato a comportarsi in quel modo. È difficile per lui vedere che l’intensità di questa sua reazione deriva dal suo senso dì impotenza a difendersi dalle continue intrusioni di sua madre. Di ciò vuole punire Mary e tutte le donne.
Ma, accade di solito, anche Mary ha una sua storia legata alla rabbia. Quando sente che Max si allontana, anche se ciò accade perché lui ha bisogno di dedicare più tempo al proprio lavoro, lei si infuria e lo accusa di essere chiuso, assente, lontano. Questo suo atteggiamento le ricorda, inconsciamente, suo padre, freddo e distante, e sua madre, imprevedibile e con tendenze suicide.
Louisa ha subito abusi sessuali dal padre. Essendo molto avvenente, attrae gli uomini con grande facilità. Ma mantiene le sue relazioni a un livello sessuale superficiale e non vuole spingersi più in profondità con un uomo, perché è terrorizzata da una vera intimità e non si sente al sicuro a mostrare la propria vulnerabilità con l’altro sesso. Se un uomo non si mostra all’altezza delle sue aspettative in termini di esperienza e sicurezza di sé nel sesso, lo fa vergognare considerandolo un fallito e «non abbastanza uomo per lei» e lo lascia. È difficile per lei vedere che questo comportarnento è motivato dal suo desiderio di vendicarsi degli uomini per quello che le ha fatto il padre.
Quando reagiamo con rabbia e diventiamo aggressivi o freddi, sentiamo che questa energia ci restituisce un senso di potere che abbiamo perso molto tempo fa.
Spesso, quando emerge un conflitto, possiamo scoprire dentro di noi una rabbia che non sapevamo nemmeno esistesse. Magari ci sentiamo giustificati nell’intensità della nostra reazione, ma se guardiamo più in profondità, spesso ci rendiamo conto che l’emozione che proviamo non sembra essere adeguata alla situazione.
In realtà è sano che questa energia venga a galla, poiché è una forma naturale di protezione di sé; però è indirizzata in modo sbagliato. Deriva dalla nostra storia, risale ai momenti in cui ci siamo sentiti esautorati, umiliati, abbandonati, repressi o abusati da bambini e poi questo si è ripetuto nelle relazioni seguenti.
Andrea critica spesso suo marito, Matthew, per come guida o come si veste. Quando le chiediamo il motivo di questi commenti, lei ammette di sentirsi inferiore a lui e di volerlo denigrare. Sente di dover proteggere non solo sé stessa, ma tutte le donne che hanno subito abusi o soprusi dagli uomini.
Per la nostra esperienza, spesso abbiamo l’abitudine di fare commenti dispregiativi verso i nostri amici o partner senza renderci conto che si tratta di una forma di vendetta per la vergogna che abbiamo provato. E se non facciamo il lavoro di esplorare e ammettere le nostre fragilità, questo comportamento danneggia le relazioni, minando la fiducia e il senso di sicurezza.
Le ragioni per le quali litighiamo
- Ci sentiamo più al sicuro a litigare che a renderci vulnerabili
Molti di noi sono cresciuti in un ambiente familiare nel quale c’era ostilità, attiva o passiva, e questo è il modello di “amore” che abbiamo ricevuto. Oggi potremmo rapportarci nello stesso modo nelle nostre relazioni, perché quello è tutto ciò che conosciamo. Oppure potremmo attrarre partner che ci ricordano i modi in cui siamo stati maltrattati o abbandonati da bambini. Continuiam6 ad avere dentro di noi un profondo risentimento per quello che abbiamo vissuto e per come siamo stati trattati. Ci sentiamo costantemente minacciati, soprattutto quando permettiamo a qualcuno di avvicinarsi e poi ci sembra di doverci immediatamente difendere al minimo accenno di sopruso o di mancanza di sensibilità. Per tutte queste ragioni, riteniamo molto più sicuro litigarc che aprirci, quando ci sentiamo feriti, - Litigare ci dà un falso senso di potere
Il fatto di arrabbiarci e perfino la capacità di vendicarci può darci soddisfazione, perché ci aiuta a convincerci che non siamo più cosi vulnerabili o indifesi nei confronti delle prepotenze, reali o percepite, come eravamo un tempo, Ci piacc e addirittura, inconsciamente, cerchiamo modi per esserc provocati, per poterci mettere alla prova nel recuperarc il potere che avevamo perso. Stare con qualcuno che non irrita questa antica ferita della perdita di potere potrebbe anche sembrarci noioso. Magari coltiviamo la convinzione che se esprimiamo la nostra rabbia o se ci vendichiamo, riusciremo a riprendere il potere perduto. - Il dramma, il conflitto, la lite… è tutto cosi eccitante c ci distrae
Litigare ci solleva dal fatto di dover andare più in profondità e di provare il dolore, la vergogna, il vuoto e le paure che albergano dentro di noi. Ci sono infiniti drammi che possiamo mettere in scena per evocare la rabbia e la vendetta. E invece di allontanare questi sentimenti possiamo arricchirli per tenerci occupati, per intrattenerci e distrarci. Questo può anche influenzare la nostra sessualità, che allora diventerà più una forma di lotta, per rimettere in scena più le esperienze di dominio o di sottomissione della nostra infanzia che un’espressione di amore. - Litigare ci aiuta a sentire
L’attrazione che proviamo verso la rabbia può derivare anche da una ricerca di sensazioni forti; in particolare se nel nostro sistema sta agendo un intenso shock (paura congelata). Attraverso stimoli intensi, speriamo di uscire dalla negazione, dalla disconnessione e dal torpore e di provare un qualche senso di vitalità. Il conflitto intenso potrebbe attivare emozioni represse di rabbia e perfino di lutto che avevamo negato, giudicato, rimosso. Quando siamo fortemente traumatizzati, a volte, sentendoci cosi irrigiditi, andiamo alla ricerca di esperienze estreme, per riuscire almeno a sentire qualcosa.
Superare la compulsione a litigare
Come possiamo riuscire a liberarci dall’impulso a litigare?
- Riconoscere e accettare il nostro impulso a difenderci
Per prima cosa è importante riconoscere e accettare l’intensità delle nostre emozioni e con quale facilità possono essere provocate quando qualcuno è importante per noi. Siamo programmati a reagire quando ci sentiamo minacciati: è una strategia di sopravvivenza. La minaccia può apparirci come acuta o cronica. Abbiamo delle vergogne e delle paure croniche, che risalgono all’infanzia, e quando ci avviciniamo a qualcuno, anche cose minime possono farle scattare. È davvero importante avere compassione per noi stessi, percependo quanto è forte e irresistibile la tendenza ad arrabbiarci e a volerci vendicare per le ferite che sentiamo di aver subito. - Distinguere tra sentire e passare all’atto
Tuttavia, non basta il semplice accettare le emozioni, perché le nostre abitudini ai comportamenti aggressivi, se non esplorate, possono danneggiare irreparabilmente il legame d’amore che abbiamo con l’altro. È importante comprendere la differenza tra la percezione di un intenso desiderio di vendetta e la sua messa in atto concreta. Possiamo avvertirne l’urgenza, ma con maggiore consapevolezza siamo in grado di scegliere di non agire in questa direzione e invece di allontanarci dal partner nel momento in cui montano la rabbia e il dolore. - Lasciare che il cuore si ammorbidisca
Scavare nel dolore e nella vergogna, oltre che riconoscere ed esplorare le nostre energie vitali, a volte ammorbidisce il cuore, non solo nei confronti della persona che ci provoca, ma anche nei confronti di noi stessi. Cominciamo a vedere che l’intimità ci porterà inevitabilmente a confrontarci con queste emozioni profonde di impotenza, fragilità e umiliazione, perché le portiamo dentro di noi. Il nostro compagno non fa che aiutarci a portare a galla tutto questo, in modo che possiamo guarirlo e far di nuovo pace. È uno dei doni di una relazione intima. - Recuperare il proprio potere personale
Il passo finale nel superamento della compulsione alla rabbia e all’aggressione consiste nel cercare di recuperare il potere personale. Quando iniziamo a sentirci orgogliosi della nostra vita, del contributo che offriamo e di come ci relazioniamo, siamo meno vulnerabili all’umiliazione.
Non è facile uscire dai traumi dell’infanzia e dai profondi sentimenti di impotenza e vergogna, con l’identità che hanno prodotto. La maggior parte di noi è stata umiliata, a casa o a scuola e queste esperienze sono come una ferita che brucia dentro. Possiamo forse riuscire a coprirla attraverso comportamenti, ruoli, dipendenze, lavoro o altre distrazioni, ma di certo tornerà a manifestarsi una volta che entriamo in intimità con qualcuno.
Ci sono passi specifici che possiamo fare per affrancarci da questa identità di vittima e impossessarci della nostra vita presente. Possiamo lavorare attivamente con la rabbia e la sua energia in contesti sani, come i corsi di autodifesa o di boxe; compiere piccoli passi nella direzione di onorare gli impegni presi, completare le cose che iniziamo; imparare a contenere la frustrazione che proviamo quando non otteniamo ciò che vogliamo; porre limiti appropriati e non lasciare che la paura domini la nostra vita, le nostre decisioni e azioni.
Tutto ciò ci dà un senso di noi stessi più solido, e come risultato siamo meno influenzati dalle critiche esterne e dalle ferite e dai soprusi, reali o percepiti.
Esercizio
Poniti le seguenti domande.
- Noto che mi arrabbio in certe situazioni e che la mia irritazione sembra essere sproporzionata all’evento?
- Che cosa penso in quei momenti?
- Mi giudico per la mia rabbia o le mie reazioni?
- Se guardo sotto la rabbia, che cosa sento veramente che mi turba così tanto? Impotenza, umiliazione, mancanza di rispetto, di cure, di attenzioni?
- Che cosa mi sta mostrando questa situazione, riguardo alle mie insicurezze e paure?
- Queste situazioni mi ricordano esperienze simili avvenute in passato?
MEDITAZIONE – Far pace con la rabbia e l’aggressività
Puoi leggere e registrare questa meditazione, per poi riprodurla, oppure fartela leggere da un amico.
Prenditi un momento per trovare un posto comodo nel quale sederti o sdraiarti.
Lentamente, permettiti di entrare dentro, osservando il tuo respiro mentre entra ed esce.
Gradualmente inizia a rilassarti.
Esploreremo uno spazio dentro di noi nel quale custodiamo sentimenti profondi.
Immagina un momento recente nel quale ti sei irritato con qualcuno o per qualcosa.
Forse hai minimizzato la situazione o l’evento quando è accaduto, ma potresti notare che non è la prima volta che ti senti così, con questa persona o in questa situazione.
Potresti essere stato turbato dall’evento e aver avuto un forte impulso a fare o dire qualcosa.
Magari hai sentito che qualcuno ti stava controllando, umiliando, trattando ingiustamente, senza rispetto o sensibilità.
Forse ti sei sentito piccolo, spaventato, irrigidito, pieno di vergogna o soltanto arrabbiato.
Se andassi più in profondità, potresti scoprire che questa è un’emozione che hai provato già nella tua vita, magari da bambino.
Potresti ricordare altri momenti della tua vita in cui ti sei sentito sminuito, umiliato, invaso, controllato, non rispettato o trattato come un bambino.
Forse senti che ora è il momento di dire qualcosa o di esprimere la tua rabbia.
Se è così, allora permettiti di percepire quella rabbia nel tuo corpo e perfino l’urgenza di vendicarti.
Consentiti di percepire il calore di questa rabbia e dì a te stesso: “Ho il diritto di essere arrabbiato e di sentire questa rabbia”.
Forse puoi anche sentire una voce dentro di te che dice: “Mi rifiuto di essere trattato ancora in questo modo! Non lo Permetterò più! Chiunque mi tratti così dovrà fare i conti con la mia forza e la mia rabbia. Mi potrei anche voler vendicare su chi mi tratta così, così non lo farà più!”.
Permettiti di percepire quel calore nel ventre, nel petto o nel plesso solare. Anche la mascella potrebbe tendersi e forse avverti la rabbia in altri punti del corpo, magari le mani.
Il solo consentirti di sentire questa energia e anche l’urgenza di fare qualcosa è già molto sano e potrebbe essere sufficiente.
Lascia che questa energia e queste sensazioni siano lì, senza cercare di cambiarle o di fare niente.
Respira soltanto in questa energia nel corpo.
Lascia che si espanda fino a diffondersi in tutto il corpo, incluse le braccia, le mani, le gambe e i piedi.
Nota il tuo respiro mentre fai ciò.
E forse, lentamente, l’energia si calma.
Puoi abbracciare la tua rabbia, perfino il desiderio di vendicarti, senza necessariamente dover agire di conseguenza.
Adesso, andando più in profondità, ritira l’energia dalla persona o situazione che ti ha provocato.
Vedi se riesci a percepire la ferita o l’umiliazione che cova al di sotto. Permettiti di sentire il dolore e potresti accorgerti che queste emozioni sono antiche. Provengono da ferite avvenute molto tempo fa.
Mentre allontani la tua focalizzazione dalla causa scatenante e vai più a fondo; forse puoi anche sentire la dignità che c’è nell’andare dentro di sé e prendersi la responsabilità di queste sensazioni.
E ora, lentamente, puoi permetterti di tornare, facendo un respiro profondo e ritornando gradualmente lì dove sei seduto o sdraiato.
Quando ti senti pronto puoi aprire gli occhi ed essere di nuovo qui.
Osho, The Book of Wisdom #3
La fiducia nell’altro è possibile soltanto se per prima cosa hai fiducia in te stesso. Il passo più fondamentale deve avvenire prima dentro di te. ti fidi di te stesso puoi fidarti di me, puoi fidarti delle persone, dell’esistenza. Ma se non ti fidi di te stesso, nessun’altra fiducia è mai possibile.
Da: Krishnananda, Amana, “Il flusso dell’amore. Ristabilire relazioni autentiche con noi stessi e gli altri”, Feltrinelli, 2020.
Il flusso dell’amore. Ristabilire relazioni autentiche con noi stessi e gli altri
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