
La tradizione buddhista ha messo a punto alcune pratiche che aiutano a portare alla luce e potenziare i punti di forza e le qualità specifiche di ogni persona, tramite la meditazione che rappresenta quindi la chiave per calmare la confusione della nostra mente, renderla stabile e permettere alla gentilezza e all’umanità di fiorire. La parola che il Buddha sceglie per indicare la meditazione nella lingua parlata a quel tempo è bhāvanā che è sinonimo di “sviluppare”, “coltivare” o “produrre”, “chiamare alla vita”.
Per spiegare il contesto culturale dell’impiego del termine da parte del Buddha storico, il ricercatore americano Glenn Wallis scrive, ad esempio, che anche un contadino quando prepara il terreno e pianta il seme è in uno stato di bhāvanā. Scrive Wallis:
Immagino che quando il Buddha scelse questa parola per parlare di meditazione avesse in mente le onnipresenti fattorie e i campi della sua nativa India. A differenza delle nostre parole “meditazione” o “contemplazione”, il termine di Gotama è ricco e verdeggiante. Profuma di terra. Suggerisce naturalezza, quotidianità, ordinarietà. Il termine suggerisce anche speranza: per quanto sia a maggese, o possa essere danneggiato, un campo può essere sempre coltivato – continuamente valorizzato, arricchito, sviluppato – per produrre un raccolto favorevole e nutriente.
Spesso troviamo nel buddhismo metafore o termini che rimandano al ciclo naturale dei campi e al lavoro dei contadini, dei falegnami, dei fabbri. Queste immagini hanno una forza evocativa che immediatamente ci riporta a una dimensione familiare e concreta, ma non solo: ci distolgono dal perderci in fantasie o dal ricercare doppi sensi che non ci sono.
Il processo della meditazione è, in questa prospettiva, un processo naturale, che avviene tramite il respiro, tramite il corpo, un processo radicato nella terra sulla quale posano i nostri piedi. È dalla terra che possono germogliare piante e frutti, esattamente come dalla pratica può emergere una diversa prospettiva nei confronti della vita. Bhāvanā è anche “coltivazione spirituale”: come un campo, perché possa dare un buon raccolto, ha bisogno di essere irrigato, curato e coltivato, questo metodo va perseguito con dedizione e con cura. Non perché sia “giusto” farlo o perché è scritto nei testi, ma perché in questo modo si permette alla pratica stessa di diventare efficace.
Da: Stefano Bettera, “Il Buddha era una persona concreta. Consigli di felicità orientale a uso degli occidentali“, Bompiani, 2019.
Il Buddha era una persona concreta. Consigli di felicità orientale a uso degli occidentali

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