Mi piacerebbe condividere con voi la mia pratica di meditazione camminata. Molti di noi si sforzano nella pratica di sedersi e camminare e ci stanchiamo perché ci sforziamo troppo. Ma la pratica veramente non ha bisogno di molto sforzo. La pratica è godibile e se qualche volta pensiamo che dovremmo cercare di fare uno sforzo per praticare, allora la pratica non è più piacevole, perché ci mettiamo alla prova molto duramente.
E questa pratica di meditazione camminata non richiede nessuno sforzo, voi semplicemente gioite nel farla, e se praticate la seduta o il “toccare la terra”, potete ugualmente applicare questo metodo. Non avete bisogno di fare nessuno sforzo e tuttavia gioite di quello che fate. Perché c’è una parte in noi che è pigra, che pensa che dovremmo fare un sacco di sforzo per farlo, perché è difficile; ma c’è un’altra parte di noi che può farlo facilmente. Così dobbiamo confidare in quella parte, la parte alta in noi, per farlo.
Noi sappiamo che abbiamo il Buddha in noi stessi. Quando quella energia di presenza mentale, l’energia della concentrazione è lì, allora noi abbiamo la comprensione, la saggezza e la compassione, e queste sono l’essenza del Buddha. Il Buddha è un essere umano che ha tanta comprensione e compassione. Il Buddha non è un dio, il Buddha è semplicemente un essere umano, un essere umano molto realizzato. E quando il livello di comprensione, il livello di compassione è arrivato nel punto più alto, chiamiamo lui o lei un Buddha. E come esseri umani noi abbiamo la capacità di diventare un essere umano realizzato, cioè un Buddha. Quindi non immaginate il Buddha come un dio che esiste da qualche parte nel cielo, nelle nuvole ….questo non è veramente buddhista.
Il nostro maestro Lin Chi disse: “voi state cercando il Buddha fuori di voi, ma desidero dirvi che il Buddha è voi stessi!”. Ora voi state sedendo di fronte a me, ascoltando il discorso di Dharma: voi siete il Buddha, non dovreste cercare il Buddha fuori di voi. Questo vuol dire che in ogni persona c’è il seme della comprensione, della compassione, c’è la capacità di essere consapevole, in presenza mentale, di essere concentrato, e questa è l’essenza del Buddha e quando l’avete, avete la natura del Buddha, e se lo permettete, la natura del Buddha si rivelerà.
Così, cercare il Buddha in noi stessi è il modo più realistico. Il Buddha sull’altare è solo un Buddha di bronzo o di rame; e il Buddha in noi è più reale. Tutti noi abbiamo la capacità di essere in presenza mentale, consapevoli, di essere concentrati, di essere compassionevoli, di essere comprensivi: questa è la parte del Buddha in noi. In noi c’è un’altra parte che è “non-Buddha”: noi siamo pigri, ci sentiamo stanchi, vogliamo fuggire via dalla sofferenza, ignoriamo la moderazione, come ho detto ai bambini questa mattina. Non dovremmo praticare con questa parte bassa, dovremmo permettere alla parte alta in noi di praticare. Così il Buddha, prima di tutto, è la buddhità in noi, la natura di Buddha in noi; e il Buddha è anche in altre persone attorno a noi. E Shakiamuni è un essere umano realizzato, il Buddha, egli è il nostro maestro che visse 2600 anni fa, che praticò bene e fu capace di trasformare se stesso completamente; diventò un insegnante e i suoi insegnamenti sono arrivati ora a noi. Così c’è una connessione tra Shakiamuni come Buddha e la natura del Buddha in noi, anche come Buddha. Così quando diciamo Buddha diciamo Shakiamuni e diciamo il nostro proprio Buddha: essi intersono.
Così in noi stessi c’è la parte alta che rappresenta il Buddha e il Buddha qui su sa come camminare senza sforzo, come sedere senza sforzo, come godere la pratica; e il Buddha qui giù, piuttosto il “non-Buddha qui giù, è pigro, è facile che sia portato via da paura, da rabbia e così via. Ma noi sappiamo che questo è anche molto importante, perché questo è il fango di cui abbiamo bisogno per far crescere il loto. Così non discriminate contro questo, non cercate di combattere contro questo, pensate ad esso come molto importante.
È come un giardino, e se voi siete un giardiniere organico, non buttate via i rifiuti, li conservate per fare il compost e nutrire il fiore. Così non c’è lotta in voi, e il Buddha tratta gli elementi di “non-Buddha” qui con molto amore e compassione, senza combattimento, senza complessi di colpa, molto bello! Il fiore e la spazzatura intersono e il Buddha interè con tutti gli elementi “non-Buddha” in noi.
Questo è l’insegnamento del buddhismo: non dualità. E se voi sapete questo siete in pace, non avete più complessi di inferiorità o superiorità, o complesso di colpa, no, vi dà la libertà subito con questa comprensione. Quando voi avete delle parti di rifiuti in voi, non preoccupatevi, potete dire: “bene, ho la possibilità di trasformarlo in compost per nutrire i miei fiori”. E il Buddha non pensa che Shakiamuni non avesse il compost; egli sa che i fiori diventeranno immondizia più tardi, perché ogni cosa è impermanente. Ma il Buddha è qualcuno che ha la capacità di trasformare l’immondizia in fiore, esattamente come un giardiniere organico. Così noi praticanti dovremmo essere giardinieri organici, dovremmo essere abili a trasformare la nostra sofferenza in comprensione e compassione. Noi possiamo fare uso del fango per far crescere il loto.
Nessun conflitto, nessun complesso in noi, nessuna bassa autostima, nemmeno alta autostima, perché nel buddhismo la bassa autostima è malattia, ma anche l’alta autostima è pure una malattia. Se siete psicoterapeuti dovreste impararlo. Pensare che voi siete uguali è anche una malattia. I tre complessi: il complesso di inferiorità, il complesso di superiorità, e il complesso di uguaglianza, tutti e tre sono malattia, perché l’intuizione buddhista dice che non c’è un sé separato: “tu sei in me ed io sono in te”. Così se voi toccate la realtà del non-sé, che ogni cosa contiene ogni altra cosa, allora non c’è complesso, non c’è più complesso, né di inferiorità, né di superiorità o di uguaglianza. Ma in psicoterapia ora pensano che il complesso di inferiorità, di bassa autostima, sia male, ma non dicono che anche l’alta autostima è anche male. Tu sei arrogante, disprezzi le altre persone, pensi di essere superiore: questa è malattia. L’interessere, l’intuizione dell’interessere, può togliere la malattia, questa è la terapia buddhista.
Così un giorno mi trovai a Seul, la capitale della Corea del Sud, a fare la meditazione camminata con alcune migliaia di persone. Era nel programma e la polizia aveva fatto in modo da bloccare le strade per permetterci di camminare. Ma quella mattina quando arrivai sul posto vidi molte centinaia di persone che avevano macchine fotografiche, cineprese, questi congegni …..erano davanti e non c’era passaggio per camminare. Essi non fanno come a Plum Village, volevano semplicemente avere una inquadratura da riprendere e molti di loro erano giornalisti. E’ molto difficile fare meditazione camminata così, in quella situazione. Ma io dovevo fare la meditazione camminata perché era in programma, così dissi : “caro Buddha, io rinuncio, cammina tu per me”. E subito il Buddha arrivò e cominciò a camminare e la strada si liberò naturalmente per permettere al Buddha di camminare e lui camminò meravigliosamente, felicemente, ed io fui molto sorpreso, non ebbi bisogno di fare nessuno sforzo. E ogni volta che trovo qualche difficoltà chiedo sempre al Buddha di venire ad aiutarmi e lui viene sempre.
E’ come in Plum Village: ogni tanto un monaco o una monaca trova difficoltà col computer e lui o lei sta per rinunciare, ma quando qualcuno come Phap Khan arriva , essi sono molto contenti perché sanno che lui è molto bravo nell’aggiustare il computer, nell’eliminare i guai. Così quando lui dice “spostati un pochino, fammi posto, io siedo e provo un po’” …. E tu, quando fai posto al tuo grande fratello ti senti bene, ti senti meravigliosamente a lasciarlo fare, tu non devi farlo….e anche prima che Phap Khan lo abbia fatto ti senti già molto meglio. Così Phap Khan è il Buddha in te.
Così quando trovi spiacevole sedere, spiacevole camminare o praticare, quando senti che devi fare uno sforzo, io ti consiglio di fare così: non provare più, lascia che il Buddha lo faccia per te, il Buddha dentro e quello fuori. E per Thay questo funziona sempre.
Così la gatha che scrissi per questa pratica è così, in vietnamita, e proviamo a tradurla in inglese e in altre lingue.
………………………………..
lascia che il Buddha respiri
lascia che il Buddha cammini …………..
io non devo respirare
io non devo camminare
È la prima versione; quindi rozzamente tradotta in inglese è così:
lascia che il Buddha respiri lascia che il Buddha cammini io non devo respirare
io non devo camminare
…sono pigro, non voglio farlo più, fallo tu per me! E tu sei sollevato, tu non lo fai, il Buddha fa tutto, e il Buddha lo fa sempre meravigliosamente, e tu lo sai, perfettamente.
Questo è un modo di prendere rifugio nel Buddha molto concreto. Qualche volta voi dite “prendo rifugio nel Buddha…” e quello è solo verbale, intellettuale, ma qui voi prendete veramente rifugio nel Buddha, e il Buddha è un’idea molto concreta, non astratta; perché sapete che il seme della buddhità, il Buddha, il seme della comprensione, dell’amore, consapevolezza e compassione è sempre in voi. Permettetegli di arrivare, di guidare e di farlo….nessuno sforzo …..”Lascia che il Buddha respiri, lascia che il Buddha cammini, non ho bisogno di respirare, non ho bisogno di camminare”; ”lascia che il Buddha respiri, lascia che il Buddha cammini, non ho bisogno di respirare, non ho bisogno di camminare”.
E dopo pochi minuti potete desiderare di passare alla seconda gatha: ………….. il Buddha sta respirando …………potreste prendere nota……………
il Buddha sta camminando
………è molto funzionale per le lingue monosillabiche, è molto chiaro, potete usare ogni
parola per un passo……..
mi godo il respiro
mi godo il camminare
..mi godo il respiro, mi godo il camminare. Non mi va di fare niente, sta facendo tutto lui, io semplicemente me la godo.
Vedete che all’inizio c’è qualcosa di una visione dualistica, che il Buddha è differente da me. Ma in realtà il Buddha è completamente in me, io sono completamente nel Buddha. Questo “me” è la parte pigra di me, la parte bassa, e il Buddha è la parte alta, la parte migliore di me, così c’è collaborazione, non più lotta, nessun complesso, nulla. E vi dà molto piacere, molta gioia, perché il Buddha sta facendo meravigliosamente la camminata.
Arriviamo alla terza parte: …………………….
Buddha è il respiro Buddha è il camminare
…………………
Il Buddha è il respiro stesso. Sapete che quando respirate consapevolmente e felicemente voi diventate il vostro respiro, diventate interamente il vostro respiro: voi e il vostro respiro non siete più due cose differenti. Nel sutra dei 4 fondamenti della presenza mentale il Buddha ci dice come contemplare il corpo nel corpo, contemplare le sensazioni nelle sensazioni, la mente nella mente e gli oggetti mentali negli oggetti mentali. Questo vuole dire che una buona pratica rimuove il confine tra colui che fa e ciò che fa. Tu non sei più un osservatore che sta fuori, sei un partecipante, tu sei quello che stai facendo.
E con la terza strofa entriamo in un insegnamento buddista molto profondo; e avete una intuizione profonda quando praticate questo.
Il Buddha è il respiro stesso perché il respiro è molto consapevole, molto concentrato e molto piacevole. Così il Buddha è il respiro e voi anche diventate il respiro. Siete collegati col Buddha con il respiro in modo tale che voi potete diventare il respiro, così il Buddha e “me” diventiamo insieme una sola entità. E questo richiede un po’ di pratica di sguardo profondo. Perché nel nostro linguaggio quotidiano noi abbiamo sempre bisogno di un soggetto e di un verbo, come “io cammino”, “tu cammini”, “lui cammina”, ……ci deve essere un “io” per fare la camminata. Come Cartesio disse “io penso”: ci deve essere un “io” perché il pensiero sia possibile. Ma nel buddismo non si ha bisogno di un “io”, il pensare può avere luogo senza l’io. Pensare senza un pensatore: questo è completamente possibile nel buddismo. Un pensiero è prodotto: il soggetto del pensiero e l’oggetto del pensiero sono nel pensiero, non avete bisogno di un pensatore che esiste separatamente.
Quando dite “la pioggia sta cadendo” è molto buffo. Immaginate che la pioggia non stia cadendo: potete chiamarla pioggia? No! ..Così la pioggia è il cadere. Non avete bisogno di qualcuno sopra la pioggia che metta in moto la pioggia, no. Quando dite “la nuvola è sospesa”, anche questo è molto buffo, se non c’è la sospensione non c’è la nuvola. Quando dite “il vento sta soffiando”….questo anche è ugualmente buffo …. il vento sta soffiando….se non c’è il soffiare non c’è il vento, vedete? Così quando Cartesio disse “penso, dunque sono”, dovremmo chiedergli: tu sei cosa? Tu sei il tuo pensare. C’è solo il pensiero che accade. Questo è un insegnamento molto profondo del buddismo: non c’è un sé separato. Tutte le formazioni mentali semplicemente si manifestano, e non c’è bisogno di un soggetto dietro perché ciò sia possibile. Quando le condizioni arrivano insieme, allora qualcosa si manifesta e non c’è bisogno di un attore dietro….: tu stai cercando il tuo sé!
Gli scienziati del nostro tempo osservano colonie di insetti, come le api, come le formiche, ed essi sono stupiti di vedere che non c’è leader, non c’è capo: esse si comportano come un solo organismo. La colonia di insetti è composta da individui, è molto chiaro. Quest’ape non è quell’ape; 0e tuttavia si comportano come un solo organismo, non hanno bisogno di un leader, non hanno bisogno di un capo. E quando i neuroscienziati osservano il lavoro dei neuroni, essi vedono la stessa cosa: i neuroni sono neuroni individuali, ma comunicano l’uno con l’altro, si mettono in moto e improvvisamente un pensiero è prodotto. Non c’è “homunculus” che è lì che dirige. E’ come un concerto senza direttore d’orchestra, non c’è nessun direttore d’orchestra, non c’è un “sé”.
Così gli scienziati del nostro tempo quando osservano, quando guardano in profondità, anche loro scoprono la natura del “non sé”. E’ come un’orchestra senza direttore il cervello! ….Sincronizzazione………sincronizzazione, non di più, e questo dà l’idea che ci sia un sé, ….un sé virtuale!
Ed è per questo che quando camminate profondamente non vedete nessuno che faccia il camminare, voi diventate il camminare. E se osservate le vostre emozioni profondamente, voi siete le emozioni; e la consapevolezza delle emozioni, la concentrazione delle emozioni vi dicono che una emozione si sta manifestando. Così a questo livello voi vedete che voi e il Buddha, ambedue siete il camminare e il respiro. Buddha è il respiro, Buddha è il respirare, Buddha è il camminare: io sono anche il camminare, io sono anche il respirare.
Quando voi praticate così, l’intuizione del “non sé” va a scaricarsi nella coscienza deposito. La coscienza deposito è vittima dei manas nell’aggrapparsi ad essere un “sé”. Così per realizzare la trasformazione alla base, dovrebbe esserci il trasferimento della saggezza dalla coscienza mentale alla coscienza deposito. E questa è una pratica molto semplice. Quando camminate voi vedete che il Buddha sta camminando, che il Buddha è il camminare. Quando respirate vedete che il Buddha è il respiro e il Buddha è il camminare.
L’altro giorno quando praticavo lo jogging, praticavo allo stesso modo: mentre stavo respirando il Buddha stava correndo e vidi il Buddha fare jogging con gioia….non crediate che il Buddha non faccia jogging: lo fa. Può anche saltare, può guidare la macchina, può usare il telefono…sì, consapevolmente, con concentrazione, con gioia, compassione.
Così questo è estremamente molto molto semplice e molto, molto profondo: il Buddha è il respiro e il Buddha è il camminare stesso; io sono il respiro, io sono il camminare. E da questo piuttosto dualistico inizio andiamo verso il non dualismo molto rapidamente; e potete stare con questo finché vi piace, perché vi porta un sacco di liberazione, di intuizione, di gioia.
La quarta (strofa): ………………….
c’è solo il respirare
c’è solo il camminare
Questa è la continuazione della terza: c’è solo il camminare, c’è solo il respirare,
……………………
non c’è chi respira non c’è chi cammina
Non c’è camminatore o colui che respira dietro, non c’è dietro chi cammina. E’ come per la pioggia: non c’è un “pioggiatore” sopra, non avete bisogno di un pioggiatore, ma semplicemente piove. E anche per il vento, non avete bisogno di qualcuno che soffia, l’aria stessa è il vento.
E così la saggezza nella terza pratica continua con la quarta pratica: la conferma che c’è, in questo momento, il respiro che sta accadendo, c’è in questo momento il camminare che sta accadendo. Non avete bisogno di un “respirante”, non avete bisogno di un “camminante”. Quella è un illusione. L’idea di un “sé” è un’illusione. E poiché il camminare è così meraviglioso, è il Buddha che cammina, e quindi il camminare è meraviglioso, anche il respiro è meraviglioso. Se esso non è gioioso, meraviglioso, non è il Buddha che sta camminando.
Così Buddha vuole dire felicità, Buddha vuole dire gioia.
E voi sapete che André Gide, lo scrittore francese, scrisse “Dio è felicità”, “Dio è felicità”, mi piace. Egli non dice Dio è l’uomo o la persona che è felice, ….Lui è la felicità! Dio è felicità e Dio è disponibile 24 ore al giorno (questo è André Gide).
Così un Buddha è qualcuno che può essere felice 24 ore al giorno; se voi sapete come godere, come permettere al Buddha di manifestarsi nella vostra vita quotidiana, mentre mangiate, mentre camminate, mentre lavate, mentre fate jogging …. lasciate che lo faccia il Buddha, non dovete farlo voi.
E la quinta e ultima (strofa):
……………………………..
pace mentre c’è il respirare
…….ma la lingua inglese non è come il vietnamita o il cinese, bisogna sempre metterci l’”io”.
Tradotto dovrebbe essere così:
c’è pace mentre sto camminando
in vietnamita “pace mentre c’è il camminare”, non c’è io implicato, è molto facile. Pace
mentre c’è il camminare.
C’è un monaco in Upper Hamlet il cui nome è “Phap Hanh” , “pace”, è francese, e
“…..” ………pace mentre c’è il respirare, felicità mentre c’è il camminare, “lac” significa “sukka” , felicità. Tradotto: “io mi sento in pace mentre io cammino”, ma dobbiamo usare la parola “io”, non così buona, ma “……..”. La pace è là quando il camminare è là; la felicità è lì quando il respirare è lì
……………………
la pace è il respirare
e la felicità è il camminare
Così non dualità tra pace e il respiro, non dualità tra felicità e il camminare.
E sappiamo che nel buddismo la pratica è basata sull’intuizione della non dualità, perché con la non dualità non c’è più lotta tra bene e male in noi, non c’è lotta tra immondizia e fiore. Essi intersono, si aiutano l’un l’altro. L’immondizia sa che il fiore diventerà parte dell’immondizia e il fiore sa che l’immondizia può nutrire il fiore. Così essi coesistono pacificamente e la rabbia, la presenza mentale, è noi, la rabbia è anche noi. Quindi non c’è bisogno di lotta, non c’è bisogno che la presenza mentale combatta la rabbia, la presenza mentale semplicemente abbraccia la rabbia. Così il Buddha abbraccia gli elementi “non- Buddha” in noi, molto teneramente, …..molto bello!
E questo è il motivo per cui dobbiamo imparare ad abbracciare la nostra sofferenza, le nostre difficoltà con tenerezza. Non cercate di fuggire dalla vostra sofferenza.
È molto caratteristico del Dharma, la non dualità, e la non dualità conduce alla non violenza, alla non discriminazione. Questa è la base, il fondamento della pace dentro di noi e attorno. Il padre e il figlio dovrebbero vedere l’un l’altro come “interessenti”: il padre è nel
figlio, il figlio è nel padre. Se il padre soffre, il figlio non può essere veramente felice. E questa è una cosa in cui sia la scienza che il buddismo sono d’accordo. Ai giorni nostri nella fisica dei quanti, come nelle neuroscienze, vedono che le cose sono sovrapposte, aggrovigliate le une con le altre, usano parole come groviglio, sovrapposizione. Queste parole sono state create recentemente, ma non sono così buone come interessere, interpenetrazione.
Più l’intuizione è profonda mentre pratichiamo, più piacere, più felici diventate quando praticate, e questo non solo per la camminata. Quando sedete e praticate il Buddha sta respirando, il Buddha sta sedendo. Quando praticate jogging dite “Buddha sta respirando, Buddha sta facendo jogging”. Quando praticate il lavare i vostri piatti dite “Buddha sta respirando, Buddha sta lavando i piatti”. Permettete al Buddha di farlo e troverete molto piacere. E poiché l’ho praticato, riconosco che è una pratica meravigliosa, molto facile, molto piacevole, e confido che vi piacerà la pratica di camminare, sedere, mangiare, lavare, tagliare le carote: permettete al Buddha di farlo per voi, lui sarà contento di farlo per voi
Fonte: Discorso di Dharma di Thich Nhat Hanh del 22 luglio 2007 in Plum Village (ritiro estivo). Traduzione a cura di Paolo e Giuseppe. Testo tratto da Centro Dharma Yoga.
Per approfondire:
istruzioni per la meditazione camminata
Rupert Spira – Il non dualismo spiegato per bene
Thich Nhat Hanh – Biografia, libri e testi selezionati
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