Joseph Goldstein – Cos’è il retto sforzo? Un’arte molto sottile da coltivare

retto sforzo

Per spiegare il retto sforzo, Joseph Goldstein ricorda la parabola dell’accordare un liuto. Se le corde sono troppo tese o troppo lente non produrremo un bel suono. Così è per la nostra mente.

Comprendere le diverse sfumature di viriya (energia, forza, coraggio) porta alla questione spinosa del rapporto fra queste qualità e lo sforzo. Che cos’è lo sforzo? Quando è equilibrato? Quando è controproducente? Lo sforzo è un investimento di energia finalizzato a conseguire un obiettivo. Ma la parola sforzo ha talmente tante connotazioni che è bene chiedersi me applicarlo nella maniera appropriata alla nostra pratica. A tale fine daremo prima un’occhiata alle forme di sforzo inappropriate.

Lo sforzo può essere inappropriato quando implica una forzatura, piuttosto che una distensione mentale. Diventa inappropriato quando predominano il concetto di guadagno e le aspettative, invece dell’apertura e ricettività nei riguardi di ciò che c’è già.

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Ho fatto i conti a lungo e dolorosamente con l’uso improprio dello sforzo nei miei primi anni di pratica. Avevo meditato in India per diversi anni; a un certo punto il sistema energetico del corpo si era dischiuso a uno spontaneo flusso di luce. Era facile restare seduto per ore, e mi godevo un mondo questa fase della pratica. Tuttavia, le circostanze vollero che tornassi negli Stati Uniti per diversi mesi, durante i quali sognavo spesso di tornare in India e al mio ‘corpo di luce’. Ma quando feci effettivamente ritorno a Bodh Gaya per riprendere la meditazione intensiva, al posto del corpo di luce trovai un corpo di acciaio contorto. Sebbene, chiaramente, le condizioni fossero mutate, mi sforzai per due anni di ritrovare quel piacevole flusso di energia. Fu uno dei periodi più difficili della mia pratica, perché insistevo a volere qualcosa di diverso da quello che c’era.

Finalmente, dopo tutto quel tempo, lasciai andare il desiderio e mi rilassai nell’accettazione di quello che mi si presentava. E sebbene l’esperienza del corpo di luce fosse svanita, c’era un piacevole flusso di fenomeni che apparivano e scomparivano. Mi resi conto che mi ero trascinato dietro i resti delle esperienze precedenti, cercando di ritrovare qualcosa che era cambiato e finito.

La lezione qui è che dobbiamo essere consapevoli di come ci sforziamo. Se c’è un programma ben definito (l’atteggiamento del ‘lo faccio per’, di cui parlavo prima) e siamo consapevoli affinché succeda qualcosa di speciale, oppure ci aggrappiamo strenuamente all’oggetto per paura di perderlo, allora è il caso di aprire e rilassare la mente, mitigando il nostro sforzo. D’altro canto, se la mente si distrae in continuazione e non ci si sforza affatto di capire cosa succede, occorre irrobustire il fattore dello sforzo.

Ciò non significa trovare il perfetto equilibrio e pretendere di mantenerlo per sempre. La coltivazione del viriya è un’arte molto sottile. Dobbiamo sempre cogliere la situazione del momento e interpretarla con saggezza (la mente è troppo tesa o troppo lasca?) e poi fare gli aggiustamenti del caso. Nel descrivere l’arte del retto sforzo, il Buddha faceva l’esempio dell’accordare un liuto. Se le corde sono troppo tese o troppo lente non produrremo un bel suono. Perciò di quando in quando dobbiamo accordare lo strumento della nostra mente, prestando attenzione alla qualità dei nostri sforzi.

Da: Joseph Goldstein, “Mindfulness. Una guida pratica al risveglio“, Astrolabio Ubaldini, 2016.

Per approfondire:

retto sforzo

viriya

Joseph Goldstein – Frasi, libri, biografia e testi in italiano

[La foto è di lorenzaccio*, Italia]

Mindfulness. Una guida pratica al risveglio

foseph goldstein mindfulness
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Paolo Subioli

È un libro molto importante, consigliatissimo, che può essere considerato un vero e proprio manuale pratico di meditazione vipassana.

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