Se tutto è perfetto, secondo Charlotte Joko Beck, siamo pienamente nello spirito della pratica zen. Una cosa è perfetta quando accettiamo di starci assieme: accettiamo il fatto che le cose non vanno come vorremmo.
Un modo per valutare la pratica è vedere se la vita diventa più perfetta per noi. Anche se non lo possiamo dire, va bene perché questa è la nostra pratica. Una cosa è perfetta quando accettiamo di starci assieme: accettiamo la nostra protesta, la lotta, la confusione, il fatto che le cose non vanno come vorremmo. Significa disponibilità perché tutto ciò continui: dolore, lotta e confusione. In un certo senso, è ciò che facciamo nelle sesshin [ritiri]. Sedendo, si forma lentamente la comprensione: “C’è questa cosa che non mi piace, vorrei scappare via eppure, in qualche modo, è perfetto così”. La comprensione si estende. Immaginate di avere trovato il compagno ideale, che improvvisamente ví lascia: il dolore e l’esperienza del dolore sono perfetti così. Sedendo in zazen ci apriamo la via in questo koan, in questo paradosso che sostiene la nostra vita.
Comprendiamo sempre meglio che qualunque cosa accada, per quanto la odiamo, per quanto lottiamo con essa, in un certo modo è perfetta. Sto dipingendo la pratica come se fosse troppo difficile? La pratica è difficile. Abbastanza stranamente, chi pratica ama profondamente la vita, come Zorba il Greco. Non aspettandoci niente dalla vita, ne possiamo godere. Davanti a situazioni che per altri sono irrimediabili, lottiamo e ci affanniamo, ma le godiamo perché sono la vita. È perfetto così.
A meno che non fraintendiamo clamorosamente la pratica, apprezziamo sempre meglio la lotta, la fatica e il dolore, anche se continuano a non piacerci. E non dimenticate i momenti belli della sesshin, quando la gioia e la comprensione ci fanno sussultare. Nella pratica, un residuo crea ciò che è comprensione. Non sono tanto interessata alle esperienze di illuminazione quanto alla pratica che crea questa comprensione perché, crescendo la comprensione, la nostra vita muta radicalmente. Attenzione: può anche cambiare non nella direzione che vorremmo. Si sviluppano la comprensione e l’apprezzamento della perfezione di ogni momento: del dolore alle ginocchia o alla schiena, del prurito al naso, del sudore. Cresce la capacità di dire: “Sì, è perfetto”. Il miracolo del sedere in zazen [meditazione seduta] è il miracolo dell’apprezzamento.
Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“, Astrolabio Ubaldini, 1991.
Per approfondire:
Jeff Foster – Accettazione non significa rassegnazione
Charlotte Joko Beck – Citazioni e aforismi, biografia, testi e libri
Zen quotidiano. Amore e lavoro
[La foto è di Chrissy Wainwright, Stati Uniti]
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