Abbiamo torto o ragione? Gli assassini di Yara siamo noi, lo prova una foto

Chi ha torto e chi ha ragione? Stabilirlo non è mi facile. Il presunto assassino della piccola Yara Gambirasio è stato catturato e tutti siamo contenti perché è stata fatta giustizia. La solita folla dei concittadini è voluta andare oltre, tentando il linciaggio del mostro, che si nascondeva sotto le apparenze del buon padre di famiglia, amante degli animali. Ma questa foto di Henri Cartier-Bresson mette in evidenza come il torto e la ragione siano concetti sempre molto relativi.

Nell’immagine, scattata il giorno della liberazione di Parigi dall’occupazione nazista, una collaborazionista deve rendere conto del suo operato. Le accuse nei suoi confronti sono gravi: aver collaborato con l’occupante straniero, che si è macchiato di crimini tra i più feroci della storia. La donna, che probabilmente fino a poche ore prima si trovava in una posizione di potere, ora è umiliata di fronte alla folla, insultata, minacciata di morte. Lei è dalla parte del torto e tutti quelle che le stanno intorno da quella della ragione. Eppure l’umiliazione di un essere umano non sembra proprio la soluzione al problema, perché somiglia troppo al male che si vuole esorcizzare. E chi può mai credere che tutti i presenti a questa scena siano stati del tutto esenti da responsabilità, grandi e piccole, nel corso dei 4 anni di occupazione tedesca? Eppure sono tutti lì a inveire, pronti a fare giustizia anche con le proprie mani.

Non è mai facile separare le responsabilità individuali da quelle collettive, perché le prime sono sempre influenzate dalle seconde. Quando qualcuno abusa di una bambina, come possiamo dire che non c’entra niente la mentalità prevalente riguardo alle donne e al loro ruolo nella famiglia e nella società? L’uomo che compie un crimine così non viene da Marte. Ha anzi sviluppato la propria personalità, le sue opinioni e credenze, la sua capacità di autocontrollo nel corso della sua vita, interagendo con molte persone, leggendo libri e riviste, guardando film, programmi TV e siti internet.

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Lascio ora la parola al poeta e maestro zen Thich Nhat Hanh. In questa poesia, si ispira alla tragedia di  una bambina vietnamita di dodici anni, profuga in fuga dalla guerra, che a seguito dello stupro da parte di  un pirata tailandese si annegò gettandosi in acqua.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi

Non dire che domani scomparirò,
perché io arrivo sempre.

Guarda in profondità: io arrivo ogni secondo,
per essere un germoglio sul ramo a primavera;
per essere un minuscolo uccellino con le ali ancora fragili
che impara a cantare nel suo nido;
per essere un bruco nel cuore di un fiore,
per essere un gioiello che si nasconde in una pietra.

Io arrivo sempre, per ridere e per piangere,
per temere e per sperare.
Il ritmo del mio cuore è la nascita e
la morte di tutto ciò che è vivo.

Io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume.
E io sono l’uccello che, a primavera, arriva a mangiare l’insetto.

Io sono una rana che nuota felice nell’acqua chiara di uno stagno.
E io sono il serpente che, avvicinandosi in silenzio, divora la rana.

Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,
e io sono il mercante di armi che vende armi mortali all’Uganda.

Io sono la bambina dodicenne profuga su una barca,
che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata.
E io sono il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.

Io sono un membro del Politburo, con tanto potere a disposizione.
E io sono l’uomo che deve pagare il ‘debito di sangue’ alla mia gente,
morendo lentamente in un campo di lavori forzati.

La mia gioia è come la primavera, così splendente che da sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita.
Il mio dolore è come un fiume in lacrime, così gonfio che riempie tutti i quattro oceani.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,
cosicché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme;
cosicché io possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,
cosicché io mi possa svegliare
e cosicché la porta del mio cuore sia lasciata aperta,
la porta della compassione.

Thich Nhat Hanh

[La foto è di Henri Cartier-Bresson]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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Una risposta

  1. mainato ha detto:

    attimo di cielo
    acqua vien giù pura
    un tuono
    la paura
    stare su la terra
    sarò vivo domani?
    morte già mi afferra