Cosa significa stare bene? Non si può certo dare una definizione valida per tutti e in ogni momento. Ma una cosa è certa: la stragrande maggioranza del nostro disagio, della sofferenza che ci affigge, viene dalla nostra stessa mente. Senza scomodare dottrine buddhiste o cose del genere, una semplice poesia di Mariangela Gualtieri ci rivela magnificamente una dimensione dello stare bene: quella della leggerezza che deriva dal non essere prigionieri dei propri pensieri.
Meraviglia dello stare bene
quando le formiche mentali
non partoriscono altre formiche
e si sta leggeri come capre sulla rupe
della gioia.
Tutti abbiamo sperimentato qualcosa del genere. Anzi, lo facciamo di continuo: i pensieri, come instancabili formiche perennemente in movimento, non smettono di susseguirsi l’uno all’altro. Se ce ne facciamo catturare, se ci identifichiamo completamente con quei pensieri, perdiamo completamente il contatto con la realtà, con nostro corpo, con le nostre sensazioni. Non capiamo nemmeno più se stiamo male o bene.
Quei pensieri, che ci sembrano veri, sono invece del tutto inconsistenti, irreali. Appena ce ne accorgiamo, ecco la libertà! Ecco quel senso di leggerezza dell’essere a contatto col momento presente, con la vita che pulsa. La libertà – e la gioia – che viene dal sentirsi pienamente vivi.
L’atmosfera evocata da Mariangela Gualtieri mi ricorda altri versi, tratti dallo Zenrin Kushu, una raccolta di poesie zen del XVI secolo:
Sedendo quietamente, senza far nulla,
viene la primavera e l’erba cresce da sé
Abbiamo così tanta fede nella mente, che pretendiamo di curarne i mali con la mente stessa. Ma è come un problema senza soluzione: più cerchiamo di risolvere i nostri malesseri a forza di pensare e di ragionare, più ci agitiamo e cerchiamo di intervenire, più abbiamo la sensazione che non stiamo afferrando nulla.
A me piace lo zen perché propone piuttosto la non-azione, un approccio completamente diverso, anche se so che fa orrore a molti, preoccupati di che non si scivoli nel disimpegno, nella passività. Ma la poesia dello Zenrin è chiara: viene la primavera e l’erba cresce da sé. Possiamo immergerci in questa realtà del momento presente e viverla serenamente, sentendoci parte di essa senza separazione. A quel punto, non è più tanto bisogno di spiegazioni. Ce lo spiega bene Huang-po, maestro zen cinese del IX secolo:
Gli uomini hanno paura di dimenticare la propria mente, temendo di cadere nel vuoto con niente a cui potersi aggrappare. Non sanno che il vuoto non è in realtà il vuoto ma il vero regno di Dharma… Non può essere cercato o inseguito, compreso da saggezza o cognizione, spiegato in parole, toccato materialmente (ossia, oggettivamente) o raggiunto da un’impresa meritoria.
[La poesia di Mariangela Gualtieri è tratta da: 50 anni di bianca, Einaudi, 2014. La citazione di Huang-po è tratta da: Alan Watts, La via dello zen, Feltrinelli, 2006]