Perché ci arrabbiamo? La scienza ha una risposta molto utile

perché ci arrabbiamo

Perché ci arrabbiamo? La rabbia è uno stato d’animo che appare spontaneamente sin dai primi anni di vita ed è presente in tutte le culture umane. La rabbia, in altre parole, fa parte di noi. Arrabbiarsi non è di per se una cosa sbagliata. Ci arrabbiamo perché siamo umani.

Se la tendenza ad arrabbiarci è innata, c’è da chiedersi a cosa serva. Nulla di ciò che siamo è casuale, perché l’evoluzione ci ha plasmato nel corso della storia – pezzo per pezzo – per consentirci di rispondere nel modo più efficace per la nostra specie alle pressioni dell’ambiente.

Come nasce la rabbia?

Dal punto di vista evolutivo, la rabbia viene spiegata come strumento di negoziazione, in un contesto di conflittualità sociale. Siamo una specie fortemente sociale, che si è evoluta vivendo per centinaia di migliaia di anni in piccole comunità di 50-150 individui. In tale scenario, poteva essere frequente che gli interessi di due o più individui entrassero in conflitto.

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La forma di conflitto principale nasce quando si ritiene che un altro individuo non tenga in adeguata considerazione il proprio benessere. Ad esempio, qualcun altro ti sottrae del cibo, oppure una persona che tu reputi amica divide il suo cibo con altri, ma non con te; il tuo partner non soddisfa le tue aspettative (o non capisce le tue esigenze) dal punto di vista sessuale o emotivo.

Tra le varie teorie che spiegano l’origine della rabbia, quella attualmente più accreditata è la “teoria della ricalibrazione della rabbia”. Secondo la teoria della ricalibrazione della rabbia, provare e di conseguenza esprimere un sentimento di rabbia serve ad aumentare (“ricalibrare”) il valore che l’altra persone attribuisce al proprio benessere. Ci arrabbiamo con la persona che ci ha fatto un torto (o che ha manifestato l’intenzione di farlo) perché capisca che non lo deve più fare, o non ci deve provare. In altre parole, arrabbiandoci aumentiamo il nostro potere contrattuale, quando in una relazione sorge un conflitto tra interessi diversi.

Si tenga presente che, nelle piccole comunità umane che sono state caratteristiche dell’ambiente evolutivo, tutti si conoscevano. Per cui, esprimere un sentimento di rabbia nei confronti di qualcun altro serviva a trasmettergli un messaggio chiaro, di cui quella persona si sarebbe ricordata anche in futuro. Ma serviva anche da monito agli altri, a partire da coloro che assistevano alla scena, affinché fosse chiaro anche per loro che non si sarebbero dovuti azzardare a intaccare gli interessi della persona arrabbiata. Abbiamo ereditato questa caratteristica, e ci arrabbiamo con un automobilista che ci taglia la strada, ma inutilmente, perché quella persona non la vedremo mai più.

Chi si arrabbia spesso e con facilità

Ma perché non ci arrabbiamo tutti allo stesso modo, cioè con la stessa frequenza o intensità? Coerentemente con la teoria della ricalibrazione della rabbia, sono più predisposti alla rabbia gli individui con una capacità superiore di infliggere costi o di portare benefici agli altri. In una condizione ancestrale, tipicamente gli uomini più robusti fisicamente – dunque più in grado di “fare male” – e le donne più attraenti fisicamente, dunque più ricercate come partner.

In sostanza, gli uomini più imponenti e le donne più attraenti tendono ad arrabbiarsi e a far valere i propri diritti più facilmente degli altri. Sembra uno stereotipo, neanche troppo raffinato. Ma bisogna ricordarsi che siamo pur sempre animali, e in moltissime specie animali le differenze tra i sessi sono sostanziali. Se vi viene in mente un maschio gracile che si arrabbia facilmente o una donna poco attraente che perde spesso le staffe, beh, considerate che stiamo parlando di tendenze medie, che si sono evolute per di più nel corso di centinaia di migliaia di anni.

Più in generale, secondo gli scienziati, la forza e la bellezza non sono gli unici fattori: tutto ciò che aumenta il potere di contrattazione sociale e la potenzialità negoziale di un individuo (ad esempio la ricchezza, il potere, le risorse disponibili, le abilità sociali) può potenzialmente incrementare la sua rabbia e il suo senso di diritto.

Una teoria come quella della ricalibrazione della rabbia è pur sempre una teoria, e come tale destinata forse un giorno a essere superata da una teoria migliore. La scienza funziona così. Ma finora essa è stata confermata sul campo da vari esperimenti e ricerche. Ad esempio sono stati analizzati i movimenti oculari di persone che si trovavano in situazioni di conflitto. Si è visto che lo sguardo andava proprio alla parte superiore del corpo, quella che segnala più di altre la forza fisica di una persona, specialmente maschio.

I sintomi della rabbia

La rabbia si manifesta sempre a livello fisico, con il linguaggio del corpo. Non può esistere una rabbia solo mentale o verbale. Se osserviamo il mondo animale, possiamo constatare come ci siano sempre atteggiamenti associati alla rabbia, che hanno lo scopo di avvertire gli aggressori perché cessino il loro comportamento minaccioso. Alcuni animali emettono forti suoni, altri cercano di sembrare fisicamente più grandi, altri ancora mettono a nudo i denti e fissano. Raramente si verifica un alterco fisico senza la precedente espressione di rabbia da parte di almeno uno dei partecipanti.

La manifestazione della rabbia non necessariamente sfocia in un atto aggressivo, perché spesso, nel mondo animale come in quello umano, tale manifestazione può essere utilizzata come strategia di manipolazione degli altri individui per mantenere la propria influenza sociale.

L’espressione fisica della rabbia è anche una caratteristica di noi umani. Saperla riconoscere, in noi stessi e negli altri, è molto utile. È in parte un dono naturale, in parte una capacità che possiamo accrescere coltivando la nostra intelligenza emotiva.

Un punto fondamentale è che il sentimento della rabbia non è binario, cioè calma o rabbia. Tra la calma e la rabbia ci sono tanti stati intermedi, e anche la rabbia stessa può esplodere in vari gradi di furore. Parlerò presto di questo argomento – la capacità di riconoscere le diverse emozioni e le loro sfumature – perché è molto importante.

Dal punto di vista espressivo, ci sono vari segnali premonitori della rabbia, che si possono riconoscere in se stessi e negli altri. Tali segnali possono essere di tipo fisico, emotivo o comportamentale. Imparare a riconoscere tali segnali consente anche di cogliere le varie sfumature della rabbia e riconoscerla mentre si avvicina.

Segnali fisici della rabbia

  • Stringere le mascelle o digrignare i denti;
  • mal di testa;
  • mal di stomaco;
  • frequenza cardiaca aumentata;
  • sudorazione, soprattutto dei palmi delle mani;
  • sensazione di calore al collo/alla faccia;
  • tremore o tremolio;
  • vertigini.

Segnali emotivi della rabbia

  • Sentirsi: come ci si volesse allontanare dalla situazione;
  • irritati;
  • tristi o depressi;
  • colpevoli;
  • risentiti;
  • ansiosi;
  • come se si fosse attaccati verbalmente o fisicamente.

Segnali comportamentali della rabbia

  • Grattarsi la testa;
  • stringere il pugno con l’altra mano;
  • camminare a passo di marcia;
  • diventare sarcastici;
  • perdere il senso dell’umorismo;
  • comportarsi in modo offensivo o aggressivo;
  • provare desiderio di bere o fumare;
  • alzare la voce;
  • iniziare a urlare, gridare o piangere.

Lezioni per gestire la propria rabbia

Le scoperte della psicologia evoluzionistica – la scienza che applica la teoria dell’evoluzione alla mente umana – possono esserci di grande aiuto. Svelandoci le motivazioni profonde che stanno alla base delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti, ci aiutano a non identificarci con essi.

Nel caso della rabbia, abbiamo visto come essa abbia alcune caratteristiche alle quali nessuno di noi pensa:

  1. si manifesta con un linguaggio del corpo che sfugge al nostro controllo e ha la funzione di mettere in guardia i nostri interlocutori;
  2. è una forma di difesa dei nostri interessi personali;
  3. è uno strumento di negoziazione, che utilizziamo nelle relazioni con gli altri per far valere i nostri diritti.

Mi sembra importante notare che non esiste la rabbia in quanto tale, isolata. Non potremmo arrabbiarci, se vivessimo in uno stato di totale isolamento. La rabbia è un’emozione di tipo relazionale, che riguarda il nostro modo di rapportarci agli altri.

Abbiamo parlato tante volte della rabbia in questo blog – come riconoscerla, come gestirla, come calmarla, ecc. – sempre dal punto di vista individuale. Infatti è lavorando sulla nostra mente che possiamo migliorare il nostro rapporto con il mondo.

Stavolta vi invito però a considerare l’aspetto relazionale della rabbia, proprio alla luce delle sue origini evolutive.

Poniamo il caso che una persona cara, ad esempio il partner, mi abbia fatto arrabbiare parecchio. In virtù dei tre punti visti poc’anzi, potrei chiedermi:

  1. Come si sta manifestando la rabbia nel mio corpo? Quali segnali sto emettendo nei confronti dell’altra persona?
  2. Quali sono esattamente gli interessi che sto difendendo nei confronti dell’altra persona? Essi riguardano le mie proprietà, il mio spazio vitale, la mia libertà? O c’è perfino qualcosa di più, come ad esempio il mio onore o la mia autostima?
  3. In tutta sincerità, che tipo di negoziazione voglio instaurare con l’altra persona? Desidero imporre il mio punto di vista e affermare i miei interessi? Desidero cercare una soluzione condivisa, che tenga conto anche degli interessi dell’altra persona?

Credo che porsi in questo atteggiamento investigativo sia sano. Avendo dietro di noi un enorme bagaglio di condizionamenti, spesso ci comportiamo non esattamente come vorremmo. L’essere umano primitivo e quello moderno convivono in noi. La consapevolezza può aiutarci a onorarli entrambi e a rendere tale convivenza pacifica e fruttuosa. Per il nostro bene e per quello di tutti gli altri.

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[La foto su perché ci arrabbiamo è di Mohamed Abdelghaffar, Egitto]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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