Meditazione su una partita di calcio: 7 motivi per praticare con gli Europei
I campionati europei di calcio attirano l’interesse di un’ampia fetta di popolazione, anche maggiore di quella che normalmente segue questo sport. Se la propria squadra nazionale va forte, l’interesse aumenta. Ed è quello che sta succedendo. Personalmente apprezzo molto questo genere di spettacolo, pur non essendo un fanatico del calcio e pur dedicando pochissimo tempo ad informarmi su questa materia. Preferisco parlare di spettacolo, piuttosto che di sport, perché il calcio oggi è soprattutto intrattenimento.
Tra chi pratica la meditazione, il calcio non è particolarmente popolare. È un ambiente che conosco bene e so che molte persone che ne fanno parte non possiedono neanche una TV. Secondo un’indagine Doxa, il calcio è popolare soprattutto tra i maschi di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Il pubblico di riferimento di Zen in the City – tanto per prendere un campione – è piuttosto diverso. Tra chi consulta il sito il 58% è di sesso femminile, una percentuale che arriva addirittura al 72% se si considerano i frequentatori della pagina Facebook. In questo caso l’età più rappresentata è la fascia 45-54. Insomma, gente a cui il calcio mediamente interessa poco. E stiamo parlando di individui che si informano online. Gli altri sono probabilmente ancora meno interessati al calcio.
Sport e meditazione possono andare d’accordo?
Nello sport in generale, la meditazione può giocare un ruolo importante, dal punto di vista degli atleti. La meditazione favorisce la concentrazione e il rilassamento nelle situazioni di tensione. Aiuta a rilassare le parti del corpo non attive e ad affrontare le situazioni avverse.
Se parliamo del calcio come spettacolo, invece, è interessante vedere che ruolo può svolgere la meditazione nei confronti di noi spettatori. In fin dei conti, siamo noi a renderlo uno spettacolo. Altrimenti sarebbe uno sport come tanti altri.
È per questo che, nonostante sia ben consapevole che al mio pubblico il calcio interessi abbastanza poco, sono qui a parlarne per la quarta volta. L’ho fatto sempre in occasioni di tornei internazionali:
- quando si svolsero gli Europei 2012, poi vinti dalla Spagna, invitavo a osservare se stessi guardare una partita come pratica di meditazione;
- in occasione dei Mondiali 2014, vinti dalla Germania, proponevo di provare a guardare la partita con gli occhi del Buddha;
- durante i Mondiali 2018, nei quali ha trionfato la Francia, ho affrontato il problema dei tifosi che preferiscono riprendere l’evento col proprio telefono anziché godersi l’emozione di un momento così speciale.
Stavolta siamo agli Europei 2020, nonostante sia il 2021. Chissà chi vincerà. Ed eccoci di nuovo a parlare di calcio. Vi spiegherò perché a mio parere non solo sport e meditazione, ma anche calcio come spettacolo e meditazione possono andare d’accordo. Anzi, guardare una partita di calcio può essere un’esperienza estremamente istruttiva.
Il calcio è imperfetto, come tutto
Sgombriamo prima il campo rispetto a uno degli aspetti più controversi. Per molti il calcio come spettacolo è un ambito dal quale è saggio tenersi lontani a causa della sua scarsa moralità. Il denaro è il fattore determinante. I giocatori più famosi guadagnano cifre spropositate, i corpi degli atleti vengono spinti oltre i loro limiti anche usando sostanze illecite. C’è corruzione, e come se non bastasse negli stadi impera il razzismo, con occasionali derive violente. È vero, capisco chi si tiene lontano dallo spettacolo del calcio per questi motivi, ma se guardo una partita o anche vado allo stadio, non mi sento complice di qualcosa di “sbagliato”. Se dovessi applicare un analogo metro di giudizio a tutto il resto, cosa rimarrebbe?
Il mondo è fortemente imperfetto, e siccome ci sono nato, e anche quando nacqui era allo stesso modo, lo amo così com’è, senza desiderare che le cose vadano come io mi aspetto. E il calcio rimane sempre uno spettacolo molto divertente, pur essendo molto cambiato rispetto a quando ero bambino.
I 7 motivi che rendono utile assistere a una partita di calcio
Veniamo ai motivi che rendono utile assistere a una partita di calcio.
- Incertezza del risultato. Ciò che distingue il calcio da altri sport è l’incertezza del risultato. Nel lungo periodo – ad esempio un campionato nazionale – vincono tipicamente le squadre più forti e ricche, anche se le eccezioni non mancano. Sulla singola partita, invece, può succedere di tutto, perché il caso gioca un ruolo molto importante. Quando guardo una partita, non so come andrà a finire, spesso fino agli ultimi istanti. Questo mi aiuta ad aprirmi all’incertezza e all’imprevedibilità che caratterizzano la nostra intera esistenza.
- Addestramento all’equanimità. In una partita di calcio il giudizio è un elemento sempre presente. Siamo portati a giudicare la qualità di gioco dei singoli giocatori e delle squadre, così come la qualità dell’arbitraggio. Si presentano di continuo episodi dubbi, nei quali non è chiaro chi debba essere premiato e chi sanzionato. Specialmente se non tifiamo per alcuna delle due squadre, possiamo addestrarci all’equanimità, a osservare ogni episodio con il massimo dell’obiettività che ci è possibile.
- Educazione alla sofferenza. Se invece tifiamo per una delle due squadre, vorremmo che la nostra vincesse, ma quest’esito non è mai scontato. Ogni volta che ci sediamo per aspettare il fischio d’inizio, siamo ben consapevoli che potrà andare a finire male. Se i nostri perderanno soffriremo. Eh sì, anche questa, per quanto superficiale, è sofferenza. Ma cosa c’è di più educativo che sottoporsi alla possibilità di eventi avversi? È senza dubbio una palestra per la vita, peraltro priva di rischi.
- Osservare le proprie emozioni. Come tutti gli spettacoli, il calcio ci viene proposto per darci delle emozioni. Non sorrida chi non prova alcun interesse per questa attività. Così come ci commuoviamo guardando un film o leggendo un libro, proviamo una varietà di emozioni diverse nel corso di una partita. Gioia, appagamento, rabbia, delusione. Osservarle con consapevolezza può essere veramente molto interessante. A patto di non rifiutarle e accettarle per quello che sono.
- Accettare i fenomeni condizionati. I fattori che influiscono sull’esito di una partita di calcio sono tantissimi. Alcuni possono essere in qualche modo gestiti dagli addetti ai lavori, come la preparazione atletica dei giocatori o la tattica di gioco. Altri no, come ad esempio gli infortuni o le condizioni meteo. Vi ricorda qualcosa? Così è la vita. Bisogna fare i conti con le condizioni che si creano in questo momento e in questo luogo. Perché al di fuori di ciò non c’è nient’altro.
- Primato dell’intenzione. Capita spesso che una delle due squadre, più scarsa sulla carta, riesca sul campo a prevalere, o quanto meno a tenere testa ai campioni più blasonati. Qual è il segreto? È quasi sempre la motivazione. Giocatori e quadre con un’intenzione molto forte riescono a fare miracoli. Questo ci dovrebbe essere di lezione per molte situazioni che ci troviamo ad affrontare nella vita, per le quali magari ci sentiamo inadeguati o non abbastanza attrezzati.
- Consapevolezza del gioco. Un’altra cosa che trovo molto bella del calcio è la sua irriducibile dimensione ludica. Per quanto ci possa essere rabbia in campo o sugli spalti, per quanti milioni possano esserci in palio, si tratta pur sempre di un gioco. Questo ci autorizza a non prenderlo troppo sul serio. Lo stesso criterio possiamo applicarlo io credo a tutta la vita. Se, come suggerisce Alan Watts, prendiamo consapevolezza di stare partecipando a un “gioco sociale”, possiamo imparare a viverlo con il giusto distacco.
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Ottimo articolo! Non avevo mai pensato ad una partita in questi termini