Meditazione guidata sul non sé: ‘Dimorare nella pace del non dove essere’

Meditazione guidata sul non sé

Questa meditazione guidata consente in pochi minuti di fare esperienza del “non sé“. In altre parole, di constatare come non ci sia bisogno di immaginarsi l’esistenza di un “io” che vive tutte le esperienze e le considera dal proprio punto di vista. Realizzare ciò, anche solo brevemente, dà un grande senso di sollievo. La quasi totalità di ciò che ci fa soffrire, deriva infatti dall’idea che ci sia un sé da difendere da continue minacce esterne, che lo mettono in discussione. Sentire di essere un sé separato – dagli altri, dal resto del mondo – ci porta solo conflitto e sofferenza. Solo il senso di unione può darci la felicità più autentica, ed è molto difficile sentirsi uniti agli altri nel momento in cui erigiamo un muro di separazione che delimita la nostra identità.

Scoprire il non sé attraverso la meditazione

La meditazione in quanto tale porta molto verso la scoperta della dimensione del non sé, in vari modi. Per mia esperienza, il più immediato deriva dalla constatazione di non avere il controllo su praticamente nulla di ciò di cui ci sentiamo protagonisti. Consideriamo i fenomeni sensoriali, dunque una parte molto importante della nostra esperienza esistenziale. Mentre stiamo seduti, ci rendiamo conto che tutti i fenomeni sensoriali avvengono indipendentemente dalla nostra volontà, molto spesso contro la nostra volontà. Sento un aereo che passa. Sono stato io a deciderlo? Il vicino di casa ha acceso la radio, in giardino gli uccelli cinguettano, il rubinetto della cucina gocciola sopra una pentola già piena d’acqua. Tutto ciò avviene da sé, io non faccio nulla. Perciò non dovrei dire “sento un aereo”, ma semmai “c’è il suono di un aereo”. Tutto ciò che ci sembra personale è in realtà impersonale. Se fossi io il centro dei fenomeni sonori, dovrei considerare come un nemico quel signore che passa con la sua roboante Harley Davidson sotto la mia finestra, magari manifestargli il mio disappunto, mobilitarmi perché le cose vadano diversamente. Se invece mi tolgo dal centro della scena, osservo che una serie di cause e condizioni hanno fatto sì che in questo momento si producesse una vibrazione che viene intercettata dal mio e da altri apparati uditivi.

Su altri fenomeni come i pensieri, ancora più importanti per il nostro benessere, abbiamo ancora meno controllo. Chi di noi può dire quale sarà il suo prossimo pensiero? Questo con la meditazione diventa molto evidente.

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Capire il non sé attraverso il respiro

Il respiro è un altro alleato prezioso, per rendersi conto di come stanno le cose. In parte possiamo controllarlo, ma solo nei momenti di deliberata consapevolezza. Per il resto fa da sé, in maniera ininterrotta, di giorno e di notte. Osservando con attenzione il respiro, possiamo notarne la natura impersonale. In questo corpo ci sono miliardi di cellule, che nascono e muoiono di continuo, le quali sono fatte in un modo tale che hanno costantemente bisogno di ossigeno. Il sistema circolatorio porta loro questo ossigeno, andandolo a prendere nei polmoni. Questi ultimi, dovendo soddisfare senza sosta tale esigenza, si espandono per prelevare aria dall’esterno e poi si comprimono per rimandarla fuori dopo averne prelevato il necessario. Tutto questo avviene da sé ed è la cosa più importante della nostra esistenza. Non è un sollievo pensare che in tutto ciò noi non dobbiamo fare alcuno sforzo?

Il respiro ci accomuna anche a tutti gli altri esseri umani e a un grande numero delle altre specie animali. Questa consapevolezza può aiutarci ulteriormente a non sentirci separati.

Ma insomma, non conviene spingersi oltre nel ragionamento, perché a parole non potremmo mai convincerci. Accettare che non ci sia un sé separato non è facile per niente, perché sin dai primi giorni di vita ci hanno insegnato il contrario. Allora tanto vale viverlo, sperimentarlo direttamente. Praticare.

Il sollievo del non sé

Questa pratica che propongo forse può essere utile. Ciò che vorrei trasmettere è soprattutto il sollievo che si prova quando ci si rende conto di non essere al comando. Quando si capisce che le cose avvengono comunque e che la nostra parte consiste soprattutto nel capire qual è il modo migliore per rispondere alle varie situazioni che si presentano. Ogni volta che diciamo “io sono” o “questo è mio” si crea una tensione. Provate a osservarlo con la massima onestà intellettuale che vi è possibile. Lasciare andare il “sé”, il “me” e il “mio” è molto rilassante. Con un esercizio continuo e determinato è possibile nel tempo guadagnare in leggerezza. Bello, no?

Ascolta la meditazione guidata:

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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