Meditazione e mal di testa: come sopportare il dolore fisico

Meditazione e mal di testa
Meditazione e mal di testa possono andare d’accordo? Vi anticipo subito che la mia risposta è sì, certamente. Quando parliamo di meditazione e mal di testa possiamo riferirci tipicamente a due esigenze molto diverse tra loro:
- la prima è cercare una risposta alla domanda “la meditazione può alleviare il mal di testa?”
- un’altra è “posso meditare con il mal di testa?”
Parleremo di entrambe le esigenze, ma devo anticiparvi, anche in questo caso, che c’è anche un terzo modo di approcciare la relazione tra meditazione e mal di testa, che a mio parere è il più interessante: usare il mal di testa come strumento di pratica.
Le sensazioni durante la meditazione
Prima di addentrarci nel tema specifico di meditazione e mal di testa, va chiarito l’aspetto delle sensazioni durante la meditazione. Quando pratichiamo, per quanto immobili possiamo rimanere, e per quanto esperti possiamo essere, non siamo impassibili statue di pietra. Nel corso della pratica, continuano ad essere attivi tutti e 5 i nostri sensi. Ad essi si aggiunge la mente, che non cessa di generare una propria attività.
Le sensazioni sono fenomeni che si verificano quando un “oggetto sensoriale” viene in contatto con il senso corrispondente. Ad esempio, quando un suono entra in contatto con il nostro apparato uditivo. Tale contatto genera la sensazione indipendentemente dalla nostra volontà. Essa si manifesta non appena ci sono le condizioni, entrando nel campo della nostra coscienza. Con il passare del tempo la sensazione si trasforma e a un certo punto cessa di manifestarsi, o quanto meno esce dal campo della coscienza.
Il mal di testa segue esattamente tale meccanismo. Una serie di cause e condizioni fa sì che esso si manifesti. Poi magari cresce di intensità, cambia il tipo di sensazioni che provoca, descresce e infine sparisce. Meditando si impara a osservare questa natura comune a tutte le sensazioni, alla quale il mal di testa non fa eccezione.
La meditazione può alleviare il mal di testa?
Alleviare il mal di testa è la prima cosa che desideriamo quando proviamo tale sensazione spiacevole. La meditazione può aiutarci in tal senso? La risposta è: dipende. Se consideriamo la pratica meditativa al pari di una compressa di Tachipirina o di Moment da prendere al bisogno, direi di no. Non funziona così. Soprattutto se non si ha molta esperienza di pratica, potrebbe essere persino peggiorativa, perché potrebbe andare a finire che ci concentreremmo totalmente sulla sensazione di dolore fisico, senza diversivo alcuno.
Ma se abbiamo un po’ di esperienza, quella di alleviare il mal di testa può essere una prospettiva reale. Non tanto nel senso che la sensazione spiacevole diminuisce, quanto in quello che la affrontiamo in modo diverso, più equanime. Avendo imparato a riconoscere e osservare le sensazioni durante la meditazione, ci verrà naturale considerare il mal di testa come una sensazione tra le altre, con la sua natura impermanente.
È possibile meditare con il mal di testa?
Se abbiamo già l’intenzione di meditare, può succedere che nel momento in cui abbiamo deciso o abbiamo l’abitudine di farlo, arrivi il mal di testa. Dobbiamo rinunciare? Anche in questo caso, non può esserci una risposta univoca a tale domanda. Il dolore fisico a volte può essere molto intenso. Magari è legato a una patologia che ci preoccupa. Oppure è un fenomeno saltuario.
In generale, meditazione e mal di testa possono andare d’accordo, perché il mal di testa in quanto tale non può essere considerato un ostacolo alla meditazione. Se lo fosse, significherebbe che la meditazione è una pratica performativa, che può essere attuata solo quando ci sono le condizioni adatte. Ma non è così. Meditare significa stare con ciò che c’è qui e ora, qualunque cosa sia. Significa fare pace con la realtà e vivere nel momento presene.
Dunque meditare con il mal di testa è possibile, sì. L’importante è non avere particolari aspettative, né aspettarsi particolari risultati.
Pratica di meditazione con il mal di testa
Vogliamo provare? Il bello della meditazione è che è una pratica sperimentale, basata sull’esperienza reale. C’è un unico modo per sapere se la meditazione con il mal di testa è valida: provarla. Il problema, semmai, è che attuare questa pratica è necessario il mal di testa! Alcuni ne soffrono frequentemente e in modo invalidante, mentre per la maggior parte si tratta di un fastidio saltuario. Ad ogni modo, questi consigli si applicano nei casi in cui si ha già il mal di testa. In caso, metteteli da parte per quando sarà il momento.
- Uno degli aspetti più interessanti che si possono sperimentare praticando con il mal di testa è la disidentificazione, cioè la possibilità di lasciare andare l’ego. Finché ci identifichiamo con il nostro corpo e siamo convinti di possederlo, viviamo ogni dolore fisico come un attacco al nostro sé. Ciò aumenta la sofferenza legata al dolore. Se riusciamo a cogliere il carattere impersonale di questo dolore fisico, la sofferenza diminuisce. Cosa significa cogliere il carattere impersonale di qualcosa? Significa riconoscere che ogni fenomeno – mal di testa compreso – si verifica al sorgere di una serie di cause e condizioni, la maggior parte delle quali, se non tutte, non dipende affatto da noi. Noi siamo noi a “subire” il fenomeno. Esse semplicemente accade. Osservare in modo disidentificato è ciò che alcuni autori chiamano “testimone”.
- Se coltiviamo un atteggiamento di curiosità nei confronti del dolore fisico, sopportarlo sarà molto più facile. Immaginate di fare un lungo viaggio in auto con una persona che non smette mai di parlare, raccontando unicamente di se stessa. Insopportabile, no? Ma se le vicende di quella persona ci interessassero veramente, il viaggio diventerebbe un’altra cosa. Così è per il dolore. Ci sono tanti tipi diversi di dolore (pare che siano stati classificati più di 200 tipi di mal di testa), ma se li bolliamo subito come “fastidio” non possiamo vederne la natura. Dietro l’etichetta di “dolore” possono esserci sensazioni di vario tipo: calore, bruciore, pressione, freddo, pulsazioni, gonfiore, infiammazione, sensibilità al contatto, prurito, intorpidimento, formicolio, spilli e aghi, etc. Osservare il dolore con curiosità, cercando di capirne la natura lo rende interessante e meno fastidioso.
- Il “Discorso delle due frecce” (Sallatha Sutta), attribuito al Buddha, può costituire un importante punto di riferimento. In esso si afferma che il dolore causato da una seconda freccia che vada a infilarsi nello stesso luogo del corpo dove ha già colpito una freccia precedente, farà molto più male, rispetto a quest’ultima. Lo stesso succede quando a un dolore fisico aggiungiamo la nostra avversione nei confronti del dolore o di ciò che l’ha provocato. Secondo il Buddha, i praticanti di meditazione hanno la capacità unica di sperimentare pienamente l’aspetto sensoriale del dolore (prima freccia) ma di “lasciare andare” la valutazione (seconda freccia) del dolore. Se non vi convince, abbiate fede. A forza di praticare la meditazione, si acquisisce questa capacità.
- L’accettazione è un atteggiamento sicuramente utile per affrontare il dolore fisico. Accettare non significa “abbozzare” con un atteggiamento remissivo. Significa riconoscere la realtà per quello che è, senza aggiungervi nulla. Sappiamo sin da bambini che esistono tre tipi di sensazioni: piacevoli, spiacevoli e neutre. I tre tipi si alternano per tutta la vita, inesorabilmente. Non c’è modo di sfuggire a questa legge, dura e lieve allo stesso tempo. Accettare di vivere una vita che contempla tutti e tre i tipi è come accettare di vivere in una regione a clima temperato, dove nel corso dell’anno si alternano primavera, estate, autunno e inverno. Se sgombriamo il campo dall’idea che non dovremmo provare dolore, il mal di testa sarà assai più lieve.
- L’assorbimento meditativo (samatha) che si ottiene con la meditazione basata esclusivamente sulla concentrazione, ha il potere di calmare enormemente la mente. Una mente quieta è il presupposto per un corpo quieto, in grado di affrontare qualsiasi tipo di dolore. Dunque il solo fatto di sedersi a meditare, fiduciosi nell’effetto calmante della meditazione, fa di noi stessi un terreno nel quale il confronto con il dolore può trasformarsi da conflitto in dialogo, se non addirittura in convivenza.
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Una risposta
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