La primavera è primavera anche in città
Oggi a Roma è una splendida giornata di primavera, col cielo di un azzurro intenso. A farci caso – anche in questa città così caotica, arrabbiata e abbandonata agli egoismi individuali – di cose belle e piene di vita se ne notano parecchie. E la primavera si vede. Basta avere gli occhi per farlo, come ci dice Tolstoj in questo brano.
Per quanto gli uomini, raccogliendosi su un breve spazio in parecchie centinaia di migliaia, si sforzassero di snaturare quel tratto di terra su cui s’accalcavano. Per quanto avessero ricacciato sotto le pietre la terra affinché nulla vi crescesse sopra e rinettassero qualsiasi erba ne spuntasse fuori, e affumicassero tutto di carbone e di petrolio e mozzassero gli alberi, e allontanassero tutte le bestie e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città.
Il sole scaldava l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque non fosse stata sarchiata, non solo nelle aiuole dei viali, ma perfino fra le lastre delle strade. Le acacie, i platani, i viscioli dilatavano le gommose, profumate foglioline, e i tigli gonfiavano le gemme, che scoppiavano. Le gracchie, le passere, i piccioni con quel brio che hanno in primavera, avevano già preparato i nidi, mentre le mosche ronzavano lungo i muri, riscaldandosi al sole.
Allegri erano tutti: piante e uccelli, insetti, e bambini.
Ma gli uomini – gli uomini grandi, gli uomini adulti – non smettevano di ingannare e di tormentare se stessi e gli altri.
Credevano, gli uomini, che la cosa più sacra e più importante non fosse quella mattinata di primavera, non fosse quella bellezza del mondo, concessa per il bene di tutte le creature, giacche era una bellezza che disponeva alla pace, all’accordo e all’amore: ma fosse, la cosa più sacra e più importante, ciò che essi stessi avevano escogitato per poter dominare gli uni sugli altri…
Da Resurrezione, di Lev Tolstoj
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Grazie a Tiziana per la bella e profonda condivisione, lo scritto di Tolstoj.
Sono giorni che confronto le nostre difficoltà, le nostre difese, al lasciarsi andare a rifiorire come la natura nel suo ciclo vitale. E il pensiero, gli insegnamenti, del nostro amato maestro, sono di balsamo, sentiero e guida.
Ho rammentato anch’io un pensiero laico che mi era vicino prima di incontrare Thay. Qui sotto ve lo trascrivo consapevole della difficoltà nsotra, di noi umani pensanti, a rifiorire spontaneamente, senza pensieri, senza mente, come la natura, nel ciclo del “Samsara”.
“Prima che la mia anima mi consigliasse, dubitavo del valore del mio lavoro. Ora ho capito che gli alberi fioriscono in primavera e fruttificano d’estate senza cercare lodi; e le loro foglie cadono in autunno e i loro rami restano spogli d’inverno senza timore di biasimo”.
Kahlil Gibran
Un loto sereno a tutti noi
Gabriella Romagnoli
è la sintesi meravigliosa di parole che mi saltano spesso nella testa mentre cammino per Roma e lascio scivolare gli occhi sugli alberi e sui suoi angoli bellissimi, per distoglierli da certe cattiverie e trascuratezze che riconoscono tutt’intorno. grazie.