La morte degli animali ci lascia indifferenti?

Foto da Flickr di woodleywonderworksSull’ultimo Domenicale del  Sole-24 Ore, un lettore pone a Mons. Gianfranco Ravasi questa domanda: “Può un cristiano lasciar uccidere gli animali?“. L’occasione è buona per riprendere il tema, già trattato, dell’etica cristiana sulla vita degli animali. Ma anche per interrogarci tutti su cosa significa per noi ucciderli. Il lettore in questione, in quanto veterinario presso una Asl, segue per lavoro tutta la filiera di produzione di vari alimenti di origine animale. Sapendo che  gli animali sono “esseri senzienti, dotati di capacità di dolore, di sentimento e di coscienza” e che da tempo, anche se non troppo (1990), la Chiesa ha riconosciuto che pure gli animali hanno un’anima, si chiede come dovrebbe porsi, in quanto cristiano, “di fronte all’uccisione di altri esseri viventi, anch’essi dotati di coscienza e di anima”. La questione è per lui particolarmente importante, considerato il lavoro che fa. Gianfranco Ravasi risponde alla domanda in quanto collaboratore del giornale. Ma è anche un personaggio di primo piano, essendo – oltre che biblista e teologo – cardinale, arcivescovo e titolare di varie cariche, tra cui quella di presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Mons. Ravasi riconosce una sorta di comunanza vitale, con gli animali, dotati di un medesimo “spirito” di vita. Ma rispetto a loro c’è una “differenza qualitativa“, che pone l’uomo ad un livello diverso, quale “viceré del creato”. L‘uccisione delgi animali a fini alimentari, in questo contesto, sarebbe dunque una “necessità storica” da attuare consapevolmente, senza violenza inutile (come del resto fanno gli ebrei col loro cibo kosher). Rimane comunque che uomini ed animali – secondo la teologia cristiana – siano accumunati da uno stesso disegno di redenzione alla fine dei tempi. La questione è molto interessante. Ma rimane, secondo me, un punto non ancora trattato. Oggi siamo di fronte ad una inedita “necessità storica”. La popolazione mondiale è di circa 7 miliardi di persone, ed è destinata a crescere ancora. Far mangiare carne a tali moltitidini richiede di allevare animali con metodi intensivi, che provocano – oltre all’estinzione di molte specie – molta sofferenza in esseri che spesso non sono meno “evoluti” dei nostri più amati nimali domestici. E l’impatto dul pianeta è anche devastante, essendo la produzione di cibo animale tra le principali cause del riscaldamento globale. Possiamo continuare a rimanere indifferenti, di fronte al nostro bel piatto di salsicce?

Articolo da Il Sole-24 ore del 29 gennaio 2012  (pdf)

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[Ringraziamenti: al Sole-24 Ore, per aver pubblicato il testo; a Selpress per averne reso disponibile il pdf; a Daniela, per avermi segnalato l’articolo] [La foto iniziale è di woodleywonderworks]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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Una risposta

  1. Linda Guerra ha detto:

    grazie,sarebbe bello che continuaste a pubblicare altri approfondimento sul tema dello sfruttamento degli animali da parte dell’uomo.

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