Come meditare? In questo sito mi sono cimentato più volte nel rispondere a questa domanda, direttamente o attraverso la voce dei grandi maestri. Potete vedere i vari esempi di istruzioni su come meditare, ma oggi vi voglio offrire una risorsa veramente super.
Una delle forme di meditazione più apprezzate è la Vipassana e uno dei maestri di Vipassana oggi più accreditati è Joseph Goldstein. Se la Vipassana oggi è così popolare si deve in gran parte a maestri come lui e pochi altri.
Il testo che segue fornisce istruzioni dettagliati per la meditazione Vipassana ed è tratto dal libro “Il cuore della saggezza“, che Goldstein ha scritto insieme a Jack Kornfield. I titoli li ho messi io per comodità di lettura sul web.
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Buona lettura e poi buona pratica!
Consapevolezza del respiro
Si mantenga l’attenzione nitidamente focalizzata sulle
sensazioni e sui sentimenti di ogni respiro; si sia presenti assieme al respiro
stesso laddove, all’interno del corpo, lo si sente più chiaro e distinto:
nell’addome che si solleva e si abbassa, o nei movimenti del torace, o ancora
nell’inspirazione e nell’espirazione attraverso le narici. Si osservi con
quanta accuratezza e con quanta continuità si riesce a percepire le sensazioni
del ciclo completo della respirazione, o dell’intero movimento di sollevamento
e abbassamento.
Ci si serva di una delicata annotazione mentale, limitata a
‘alto’ e ‘basso’, o a ‘dentro’ e ‘fuori’, a ogni respiro. Se, poi, tra l’uno e
l’altro respiro si ha una pausa, si sia consapevoli di qualche punto di
contatto, come ad esempio tra le natiche e il cuscino, o tra le ginocchia e il
pavimento, o delle labbra che delicatamente si sfiorano, percependo con estrema
accuratezza le particolari sensazioni che in quel punto si manifestano. Se tra
l’uno e l’altro respiro la pausa è molto lunga, si può cercare di essere
consapevoli di un’intera serie di sensazioni di contatto finché il respiro
successivo non venga da solo: senza, pertanto, affrettare o accelerare il
processo della respirazione. Quando, poi, sopraggiunge il respiro successivo,
si riporti l’attenzione alla respirazione, notando e annotando tale esperienza
con la più grande cura.
Si mantenga desta la consapevolezza e la presenza mentale
per ogni respiro, per ogni movimento di sollevamento e di abbassamento del
torace o dell’addome, o dell’ingresso e dell’uscita dell’aria attraverso le
narici. Questa consapevolezza, a sua volta, dovrà essere morbida e rilassata,
affinché il respiro possa conservare il suo proprio ritmo. Si percepiscano le
sensazioni di ogni respiro con estrema accuratezza, senza attendersi nulla in
particolare, ma semplicemente annotando che cosa effettivamente avviene momento
dopo momento.
A volte il respiro sarà nitido, e a volte indistinto; a
volte forte, e a volte molto fiacco; potrà essere lungo o breve, liscio o
scabroso. Ma si sia presenti assieme a esso, così come esso stesso si rivela,
consapevoli del modo in cui variamente si modifica.
Se, eventualmente, qualche suono dovesse diventare
preponderante, e distrarre l’attenzione dal respiro, si noti semplicemente
‘ascolto, ascolto’, concentrando l’attenzione e la consapevolezza sulla
specifica esperienza del suono, senza lasciarsi coinvolgere dal concetto di ciò
che ha provocato il suono stesso, come ‘una macchina’ o ‘il vento’, ma
limitandosi a restare assieme alla vibrazione dell’ascolto. Si osservi, a
questo punto, se si è in grado di stabilire la differenza tra il concetto del
suono e l’esperienza diretta e intuitiva del suono stesso. Si prenda nota
dell”ascolto’, e quando quell’esperienza non è più predominante, o non
richiama più l’attenzione, si ritorni al respiro.
Spesso potrà accadere che alcuni suoni si manifestino sullo sfondo della propria
consapevolezza: ciò vuol dire che, sebbene se ne abbia consapevolezza, essi non
riescono a distrarre l’attenzione dal respiro. In quel caso, non c’è nemmeno
bisogno di annotare mentalmente l”ascolto’. Ci si limiti a osservare il
respiro, lasciando la consapevolezza dei suoni di sfondo là dov’è.
La continuità dell’attenzione e del processo di annotazione
mentale rafforza la presenza mentale e
la concentrazione: pertanto, con tutta la delicatezza della propria mente, si
cerchi di rendere questo sforzo di annotazione il più continuo possibile. Se,
poi, si perde coscienza, se ci si distrae, se la mente va raminga, si annoti
questo ‘divagare’ non appena se ne è consapevoli, e si torni quindi al
respiro.
Quando, invece, sono le sensazioni fisiche a divenire
predominanti e a distrarre l’attenzione dal respiro, si concentri tutta la
presenza mentale, tutta la propria attenzione su quella particolare sensazione.
Si consideri con quanta accuratezza si è in grado di osservare e percepire la
qualità della sensazione: si tratta di durezza o di mollezza, di calore o di
freddo, di fremito, di formicolio, di bruciore, di stiramento, di
irrigidimento? Si percepisca, dunque, di che sensazione si tratta e si annoti
con la massima diligenza che cosa succede alla sensazione stessa quando la si
osserva. Diviene più forte, diviene più debole, svanisce, si allarga, si
rimpicciolisce?
A volte è anche difficile trovare una parola capace di
descrivere esattamente una particolare sensazione: non si perda troppo tempo,
allora, a pensarci su. Se non si riesce a trovare all’istante la parola
giusta, per intuito, basterà annotare
mentalmente ‘percezione’, o ‘sensazione’.
Consapevolezza di tutto ciò che
si manifesta
Massima importanza ha, poi, la consapevolezza.
L’annotazione, in realtà, non è che un sussidio per indirizzare la mente con
precisione verso l’oggetto prescelto, al fine di percepire di che sensazione si
tratta e di annotare che cosa succede alla sensazione stessa nel momento in cui
la si osserva. Si può
manifestare, ad esempio, un forte dolore alla schiena o alle ginocchia: la
mente, allora, vi si rivolge, ed esso viene percepito come un bruciore; quindi si annota che si tratta di
bruciore. Ma, mentre lo si osserva, si può notare che il dolore stesso si fa
più forte o più debole, si espande o si restringe in una zona più limitata. A
volte, addirittura, può scomparire.
Quando, poi,
quella determinata sensazione non è più predominante, si ritorni al moto del
respiro: dentro e fuori, oppure in alto e in basso. Si cerchi di realizzare
all’interno della propria mente l’equilibrio fra una condizione di morbidezza e
di rilassamento, ossia l’assestarsi nell’istante presente, e uno stato di
vigilanza e di accuratezza. Si noti con cura e con delicatezza, momento per
momento, qualunque oggetto si manifesti, per poi tornare al respiro, che è il
proprio oggetto principale, quando più nulla è predominante o capace di
distrarre la mente.
Si annotino anche
tutte le reazioni mentali alle differenti percezioni. Se, ad esempio, mentre si
osservano sensazioni di dolore, si nota una reazione di avversione, o di
inquietudine, o di timore, si annotino tutti questi stati mentali e li si
osservi con estrema cura, cercando di vedere anche che cosa succede quando li si
nota. Quando si nota ‘paura’, o ‘avversione’, o ancora ‘inquietudine’, quei
sentimenti si fanno più forti o più deboli, o addirittura scompaiono? Se,
d’altra parte, si osservano sensazioni fisiche piacevoli, per le quali si
suscita gioia o attaccamento, si noti tutto alla stessa maniera.
Non bisogna, poi,
andare in cerca di tanti oggetti diversi. La consapevolezza deve conservarsi
semplice, radicata nell’oggetto principale, che è il respiro, e limitarsi ad
annotare i diversi oggetti nel momento del loro manifestarsi. L’idea, insomma,
è di non aspettarsi nulla di speciale e di non cercare di far accadere nulla di
speciale; si tratta, al contrario, di notare che cos’è che effettivamente
accade.
Se sono i
pensieri a occupare la mente, non appena ci si rende conto di star pensando, si
annoti con delicatezza: ‘pensare’, oppure ‘divagare’. A volte ci si accorgerà
dei pensieri nel momento stesso in cui questi sorgono, a volte a metà del loro
corso. A volte, ancora, la mente non vorrà esserne consapevole finché non
saranno compiuti. Si noti, dunque, il momento in cui se ne è divenuti
consapevoli, senza per ciò avanzare giudizi o valutazioni. Qualunque sia il
punto in cui la mente s’accorge dei pensieri, si noti semplicemente: ‘pensare’,
e quindi si ritorni delicatamente al proprio respiro. Non bisogna entrare in
guerra o in conflitto con il processo del pensiero; ci si limiti, al contrario,
ad annotarlo, in qualunque punto se ne divenga consapevoli.
Allo stesso modo,
se la mente viene occupata da immagini o raffigurazioni, si annoti: ‘vedere’;
se sono i suoni a divenire predominanti, si annoti: ‘udire’. La consapevolezza
dovrà allora scaturire da una condizione di ricettività mentale, per poi
tornare ad acquietarsi, morbida e aperta. A mano a mano che si manifestano i
diversi oggetti dell’esperienza, ci si dedichi a essi con attenzione e presenza
mentale, e si annoti che cosa accade a essi quando li si osserva.
A volte potrà
accadere che la mente si confonda per l’eccessivo numero di oggetti, o non
riesca a individuare con nitida consapevolezza il punto sul quale focalizzarsi.
In tali casi, si annoti quel genere di confusione o di incertezza, e si ritorni
quindi all’ancora del respiro. Il respiro è particolarmente utile come oggetto
fondamentale della pratica meditativa perché è quasi sempre presente; è
possibile, dunque, in ogni occasione, ritornare a esso, stabilirsi in esso,
percepirlo, annotarlo. E quando poi la mente si sente imperniata sul respiro,
si torni nuovamente ad annotare i diversi oggetti che possono manifestarsi.
Consapevolezza di stati mentali
ed emozioni
Nel caso che
siano predominanti vari stati mentali o emozioni, è necessario che anch’essi
divengano oggetto della propria consapevolezza. Se, infatti, non ci si rende
conto del loro manifestarsi, essi agiscono come filtri inconsci della propria esperienza,
così che si comincia a vedere ogni cosa attraverso il filtro deformante di una
determinata emozione. A volte, queste emozioni nascono assieme a particolari
pensieri o immagini, o a specifiche sensazioni fisiche. Può trattarsi di
sentimenti di felicità o di tristezza, di frustrazione, di ira, di fastidio, di
gioia, di interesse, di eccitazione, di irrequietezza, o di paura: possono
determinarsi, insomma, stati mentali dei più diversi generi.
Non appena ci si
rende conto che la mente è occupata da uno di questi stati mentali, o emozioni, o umori, lo si
annoti in maniera specifica, in modo da non esserne assorbiti e da non
identificarsi con esso. Questi stati mentali, del resto, al pari di tutti gli
altri oggetti, svaniscono così come si sono manifestati. Non sono l’ ‘io’, né
il sé, e non appartengono a nessuno. Si noti, dunque, quel particolare stato
mentale, ci si dischiuda alla sua esperienza, e si torni quindi al respiro o
alle sensazioni fisiche.
Si sorvegli con
cura particolare l’eventuale insorgere dei cosiddetti cinque impedimenti:
desiderio, avversione, torpore, irrequietezza, e dubbio. Essi sono
profondamente radicati nella mente, ed è dunque facile perdersi in essi e con
essi identificarsi. Si faccia, pertanto, uno sforzo del tutto particolare per
annotare questi specifici stati mentali: quanto più rapidamente si riuscirà ad
osservarli, e quanto più in prossimità del loro inizio, tanto minore sarà la
loro forza.
Consapevolezza delle intenzioni
Ma oltre
all’attenzione che va dedicata al respiro, alle sensazioni, ai suoni, ai
pensieri, alle immagini, alle emozioni, e agli stati mentali, c’è un ulteriore
fattore mentale che merita di essere individuato e annotato con cura
particolare nell’ambito della pratica meditativa, poiché ha una funzione
essenziale nel processo di apertura delle porte della visione profonda. Si
tratta del divenire consapevoli delle diverse intenzioni mentali, e
della loro conseguente annotazione. L’intenzione è quel fattore o quella
qualità mentale che precede immediatamente un’azione o un movimento fisico.
Il corpo, di per sé, non si muoverebbe: se si muove, è in
conseguenza di un particolare impulso o di una volizione. In tal modo, prima di
avviare qualunque movimento fisico, si annoti l’intenzione di muoversi,
l’intenzione di star fermi, l’intenzione di cambiare posizione, l’intenzione di
voltarsi, l’intenzione di stendersi, e via dicendo.
Prima di ognuno di questi movimenti, nella propria mente si
manifesterà una particolare volizione. L’intenzione, la volizione, è
estremamente sottile. Non si tratta, infatti, di un oggetto tangibile e
distinto come un pensiero o un’immagine, dei quali si può nitidamente
discernere l’inizio, la fase mediana, e la fine. Le prime volte, un’intenzione
verrà percepita semplicemente come una pausa prima dell’inizio del movimento,
come un attimo di pausa nel quale si avverte che si sta per fare qualcosa. Se
si riesce a riconoscere quella pausa e ad annotare: ‘intenzione’, già ci si
sarà avvicinati allo scopo.
Cominciare a essere consapevoli di queste intenzioni è
importante per due ragioni. La prima è che in questo modo si può illuminare e
svelare il rapporto di causa ed effetto che lega fra loro mente e corpo: e
questa è una delle leggi fondamentali, capaci di condurre a un più profondo
livello di comprensione. Lo sviluppo del processo di mente e corpo avviene
secondo leggi rigorose, e una delle leggi che lo regolano è proprio quella di
causa ed effetto. Quando annotiamo: ‘intenzione’, si acquisisce una
comprensione preliminare del modo in cui quella legge opera: se il corpo si
muove, è per un’intenzione. L’intenzione è la causa, il movimento l’effetto. A
mano a mano che notiamo questa relazione nell’ambito della nostra esperienza,
essa si fa sempre più chiara.
La seconda ragione dell’importanza della consapevolezza
delle proprie intenzioni è che il fatto di annotare: ‘intenzione’, ci aiuta a
scoprire e a comprendere la mancanza di un sé nel processo di mente e corpo.
Anche quando ci dedichiamo all’osservazione del respiro, delle sensazioni, dei
pensieri, delle immagini e delle emozioni, infatti, e cominciamo a scorgere che
tutti questi oggetti non sono altro che elementi di uno spettacolo fuggevole,
possiamo, ciò nonostante,
continuare a identificarci con il senso di un autore, di un direttore di tutte
queste cose, di colui che comanda le varie azioni.
Ma se si notano le varie intenzioni e ci si avvede del fatto
che anch’esse sono fenomeni mentali transitori e che, così come nascono,
svaniscono; se ci si avvede del fatto che le intenzioni stesse non sono né ‘io’
né ‘mio’, e che, pertanto, non appartengono a nessuno, ecco che si comincia ad
allentare il proprio senso di identificazione con esse e si sperimenta a livelli sempre più profondi
la mancanza di un sé nell’intero sviluppo di questo processo.
Meditazione Vipassana in sintesi
Si comincia, dunque, con il respiro, schiudendosi alla
sensazione o alla percezione di ciascun respiro, di ciascun movimento di
sollevamento e abbassamento, o di ingresso e uscita, senza attendersi nulla di
particolare circa il modo in cui un singolo respiro può presentarsi, senza
cercare di costringere il respiro stesso in un modello definito, e senza
pensare che si dovrà manifestare un qualche genere di sensazione. Si tratta,
insomma, di assestarsi nel momento presente, con cura e precisione estreme, e
di aprirsi a ciò che all’interno di quel particolare respiro si rivela. Qual è,
dunque, la sensazione di questo sollevamento, di questa inspirazione? Che cosa
se ne prova? È lunga o breve, è liscia o scabrosa, è profonda o superficiale, e
c’è’ pesantezza, o oppressione, o formicolio?
Non bisogna, peraltro, spulciare un’intera lista di
controllo: le caratteristiche di ogni respiro saranno di per sé evidenti di
fronte a una nostra condizione di apertura e di attenzione premurosa. E
sufficiente, dunque, assestarsi e dischiudersi, volgendosi con mente di
principiante a ogni sollevamento e a ogni abbassamento, a ogni inspirazione e a
ogni espirazione.
Se tra l’uno e l’altro respiro si evidenziasse uno spazio o
una pausa, si annoti uno o più punti di contatto sotto l’etichetta: ‘toccare,
toccare’. Se diviene predominante una particolare sensazione fisica, capace di
distrarre la mente dal respiro, si lasci la mente accompagnarsi a quella
sensazione predominante: ci si apra a essa, la si percepisca. Si noti di che
genere di sensazione si tratta, se è di caldo o di freddo, di pesantezza o di
leggerezza, se è un fremito o un formicolio, una sensazione di dolore o di
piacere.
Quando ci si dischiude consapevolmente a ogni sensazione, le
caratteristiche della sensazione stessa divengono di per sé evidenti: si
conservi, dunque, la propria mente in uno stato di estrema ricettività verso
tutte le sensazioni, e si noti che cosa succede quando le si osserva. Diventano
più forti o più deboli? Scompaiono o si accrescono? Si osservi ciò che succede,
senza un modello prestabilito e senza attendersi qualcosa: si permanga,
semplicemente, con quello che c’è. Poi, quando quella determinata sensazione
non è più predominante, si torni nuovamente al respiro.
Si conservi, inoltre, la mente particolarmente vigile verso
i diversi fenomeni mentali, annotando: ‘pensare’, o ‘vedere’ non appena ci si
rende conto che un pensiero o un’immagine si sta manifestando. Si osservi,
quindi, che cosa succede a quel pensiero o a quell’immagine quando li si
annota. Continuano o scompaiono? E se scompaiono, scompaiono rapidamente o con lentezza? Quando il pensiero o
l’immagine non sarà più predominante, si tornerà alla consapevolezza del
respiro. Si mantenga sempre fluido, ritmico e rilassato questo movimento da
oggetto a oggetto. Non bisogna nemmeno andare in cerca di qualche oggetto
specifico; si conservi, piuttosto, una condizione di apertura e vigilanza, in
modo che qualunque cosa si manifesti, divenga l’oggetto della propria
consapevolezza, e si lasci, allo stesso modo, nascere e svanire da sé ogni
oggetto fisico e mentale. La pratica consiste semplicemente nell’assestarsi e
nel notare, momento per momento, che cosa si manifesta, senza giudizi, senza
valutazioni, e senza interpretazioni. È pura e semplice attenzione a ciò che
accade.
Si mantenga la medesima presenza mentale anche nei riguardi
dei vari stati mentali o delle varie emozioni. Questi stati mentali, peraltro,
vengono definiti come oggetti solo con minore chiarezza; non posseggono,
infatti, un chiaro inizio, una parte mediana, e una fine, anche se possono
trasformarsi in oggetti della propria esperienza assolutamente predominanti.
Se, dunque, uno di questi stati mentali, o un’emozione, o un umore, come ad
esempio i sentimenti di tristezza o di felicità, di ira o di desiderio, di
irrequietezza o di eccitazione, di interesse o di rapimento, di gioia o di
quiete, diviene particolarmente forte, si annoti mentalmente quel medesimo
stato d’animo, lo si percepisca, e si individui in che modo fa anch’esso parte
del solito fuggevole spettacolo: nasce, sta lì per un po’ di tempo, quindi
svanisce.
Si usi il respiro come strumento principale, si resti con esso se non si manifesta null’altro in modo predominante, e si torni quindi a esso quando gli altri oggetti comunque scompaiono. Inoltre, se la mente si sente dispersa o confusa, e non sa esattamente che cosa osservare, si concentri la propria attenzione sul respiro: o sui movimenti di sollevamento e di abbassamento, o su quelli di ingresso e di uscita. Quando, poi, la mente si sente più stabile e concentrata, ci si schiuda nuovamente alla consapevolezza dell’intera e mutevole sfera di oggetti: il respiro, i suoni, le sensazioni, i pensieri, le immagini, le intenzioni, le emozioni, annotandoli uno dopo l’altro a mano a mano che si manifestano. Si mantenga la mente sempre aperta, ricettiva e vigile, in modo che, momento per momento, si possa essere accuratamente consapevoli di ciò che è presente.
Un aggiornato sommario di insegnamenti di carattere pratico, che hanno conservato la loro purezza essenziale in un arco di tempo di duemilacinquecento anni, pur attraverso la traduzione in molte lingue e la trasposizione in molte culture diverse. Ogni capitolo è corredato di una specifica appendice di carattere pratico-meditativo, contenente l'indicazione di una serie di esercizi per l'applicazione dei diversi insegnamenti esposti.
Un testo che potremmo annoverare tra i classici, che è un vero e proprio manuale redatto da due tra i più grandi maestri di meditazione vipassana. Per metterlo in pratica serve la vita intera, tanti sono gli spunti che offre!
Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.
Una mucca rumina, sdraiata su un prato, in collina.
Con il sole, con la pioggia, in estate o in inverno, rumina serena dal mattino alla sera.
Non ha nemici, muove le orecchie solo per scrollarsi di dosso le mosche,
guarda passare tutto e tutti con un’indifferenza serena…
Qualcuno mi spiega, ed è una domanda molto seria,
quale differenza ci sarebbe tra lei ed una persona che sia riuscita completamente nella meditazione Vipassana ?
Non è uno scherzo, né una provocazione, credetemi,
ma non riesco a togliermi questo esempio di dosso,
che in verità era nato osservando il mio gatto
mentre io provavo a fare Vipassana
ed ho capito che lui, invece, ci riusciva già…
Inoltre, altro dubbio metafisico,
se nulla esiste se non come accidente casuale,
che valore viene dato a parole quali omicidio o responsabilità ?
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Profonda ed efficace
Una mucca rumina, sdraiata su un prato, in collina.
Con il sole, con la pioggia, in estate o in inverno, rumina serena dal mattino alla sera.
Non ha nemici, muove le orecchie solo per scrollarsi di dosso le mosche,
guarda passare tutto e tutti con un’indifferenza serena…
Qualcuno mi spiega, ed è una domanda molto seria,
quale differenza ci sarebbe tra lei ed una persona che sia riuscita completamente nella meditazione Vipassana ?
Non è uno scherzo, né una provocazione, credetemi,
ma non riesco a togliermi questo esempio di dosso,
che in verità era nato osservando il mio gatto
mentre io provavo a fare Vipassana
ed ho capito che lui, invece, ci riusciva già…
Inoltre, altro dubbio metafisico,
se nulla esiste se non come accidente casuale,
che valore viene dato a parole quali omicidio o responsabilità ?
Grazie a chiunque mi risponda sul serio
Caro Massimo, sulla pagina Facebook di Zen in the City ci sono stati diversi commenti al tuo commento:
https://www.facebook.com/zeninthecity.org/?ref=bookmarks
Grazie mille, Paolo.
Non avrei saputo trovarli.
Sono commenti, ovviamente, non risposte, ma tutto aiuta.
Grazie ancora.
Massimo