Col sale della terra Salgado può salvare il mondo

Il sale della terra (Wenders, Salgado) - foto di scenaÈ al cinema “Il sale della terra“, il film-documentario di Wim Wenders su Sebastião Salgado, il fotografo forse più famoso dei nostri tempi. È un film epico, grandioso, monumentale, ma per niente retorico, anzi semplice e soprattutto bellissimo. La sua bellezza sta a mio parere nel personaggio di cui racconta la vita – anche grazie all’aiuto come co-regista del figlio Juliano Ribeiro Salgado. Ma senza nulla togliere al film, che mette in luce tutta l’ammirazione che il regista ha per il fotografo, e che si esprime in un confronto continuo e giocoso tra i due rispettivi apparecchi di ripresa, pieno di rispetto da parte di Wenders, che non cerca mai di rendersi protagonista, forse per non rischiare di togliere luce alla star di questa storia vera.

La veridicità della storia sta nel fatto che racconta la vita di Salgado, tramite la sua stessa testimonianza, proponendoci al tempo stesso un ritratto estremamente realistico del nostro pianeta. Realistico non tanto perché si fonda su un mezzo diretto come la fotografia, quanto perché vi sono compresenti tanti elementi diversi, sia di luce che di ombra. E nessuno meglio di un fotografo può insegnarci come un’immagine possa comporsi solo con la compresenza di luci e di ombre.

Salgado, che oggi ha 70 anni, ha viaggiato intensamente per tutta la vita, sempre col proposito di ritornare indietro con storie esemplari da mettere a disposizione dell’umanità intera, perché quest’ultima vi si potesse osservare come in uno specchio. Ha raccontato dell’avidità dei cercatori d’oro in Brasile, rivelandone la condizione di schiavitù auto-inflitta. Ha passato settimane nel Sahel,  uno dei posti più disperati della terra, testimoniando di genitori che assistevano scheletrici alla morte per dissenteria dei propri figli. Ha messo a punto un reportage da tutto il mondo sui lavoratori, poi un altro sui profughi dalle guerre e dalla fame. Tutti progetti pensati prima a tavolino, assieme alla moglie, Lélia Wanick. Dunque non un fotoreporter “spedito” nei luoghi più difficili della terra, ma uno – anzi una coppia – che ha perseguito con tenacia un disegno di verità. Finché non è arrivato il lavoro più duro, quello in Ruanda, dove è stato testimone di atrocità troppo grandi anche per un carattere intrepido come il suo. Nonostante fotografasse le più grandi sofferenze molto da vicino, non era affatto indifferente, ci riusciva perché era determinato anche se a volte, come lui stesso racconta, scoppiava a piangere dopo lo scatto.

Pubblicità (registrati per non vederla più)

Ma Sebastião e Lélia sono una persona sola e così la moglie ha avuto un’idea meravigliosa, per risollevarne il morale: riforestare le terre di proprietà della famiglia rese aride dalla deforestazione, uno dei tanti mali che affligge il pianeta, specie per via del consumo eccessivo di carne. Questo miracolo, ad opera di una sola famiglia determinata, può essere un esempio di come il tragico destino del riscaldamento globale, che ci accomuna tutti, possa essere scongiurato con la volontà. Ma questa volontà possiamo avercela solo se impariamo ad amarla, questa Terra, e con lei amare l’umanità, che è un tutt’uno con la Terra, senza separazioni.

Con l’ultimo progetto, Genesis, Salgado scrive una vera e propria “lettera d’amore al pianeta“, come ha detto lui stesso, scoprendo che il 50 per cento della sua superficie è ancora intatta, proprio come ai tempi della Genesi. Ne trae un grande insegnamento:

Per otto anni ho osservato e ho capito che sono parte della natura come una tartaruga, un albero, un sassolino.

Salgado ha capito che non c’è separazione, né tra noi e chi vive in un campo profughi, né tra noi e le specie in via d’estinzione. E neanche tra noi e le foreste, che possiamo distruggere o ricreare a seconda di quale sia la nostra più autentica volontà. Forse il suo messaggio ci potrà salvare.

Per approfondire:

riscaldamento globale

Rupert Spira – Il non dualismo spiegato per bene

il sale della terra

Il fotografo Sebastião Salgado è l’ultimo esploratore partito alla scoperta del mondo non ancora toccato dalla moderna civiltà. Accompagnato dal figlio Juliano, Salgado si avventura in luoghi incontaminati mentre risponde alle domande del figlio sul suo lavoro diventato uno stile di vita.

You need to login or register to bookmark/favorite this content.

Pubblicità (registrati per non vederla più)

Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *