Scrivere un messaggio con uno dei nostri dispositivi digitali può costituire una bella pratica per sviluppare la gentilezza e l’apertura nei confronti degli altri mentre compiamo un’azione abituale della vita quotidiana. La pratica proposta consiste nel rendere gentili tutti i messaggi, con questi stratagemmi:

  • inserendo un pensiero positivo in ogni messaggio da inviare, mettendolo, possibilmente, al primo posto, prima del messaggio vero e proprio da comunicare;
  • inserire sempre le parole “per favore“, se si sta chiedendo qualcosa e “grazie“; “grazie” ci sta sempre bene, perché dopo tutto inviare in messaggio a qualcuno significa sempre, implicitamente, chiedergli di dedicare a noi un po’ del suo tempo, che è sempre prezioso;
  • includere ogni volta il nome della persona a cui si scrive, rendendo così evidente che è proprio a quella persona, nella sua unicità, che ci stiamo rivolgendo.

Ecco un esempio: devo scrivere a Carlo un sms per chiedergli a che ora verrà domani. Invece di scrivere “quando vieni domani?”, posso sprecare qualche secondo in più per scrivere:

Ciao Carlo. Buona giornata.
Potresti dirmi per favore a che ora vieni domani?
Grazie

In questo esempio, ho utilizzato in tutto 84 caratteri, poco più della metà dei 160 caratteri ammessi in un sms. Sono tantissimi 160 caratteri. C’è spazio per un sacco di gentilezza!

Con le email è più facile, perché possono essere un po’ più lunghe (ma senza esagerare, perché non sappiamo quanto sia impegnata l’altra persona nel momento in cui legge). Si può cominciare, per esempio, con “Ciao caro Carlo. Buona giornata, innanzi tutto”, e così via.

Un’altra abitudine molto salutare è quella di mandare i propri “ringraziamenti a posteriori“, a seguito di un evento qualunque: grazie per la bella serata che ieri abbiamo passato insieme; grazie per avermi consigliato quel libro che ho appena finito di leggere; grazie per avermi mandato con puntualità quel lavoro che ti avevo chiesto; eccetera.

Essere gentili, in sostanza, fa sempre bene a se stessi. E stare meglio è la condizione essenziale per fare stare meglio anche le altre persone intorno a noi. E i freddi, disumanizzanti e a volte spietati mezzi di comunicazione elettronica in questo possono giocare un ruolo senz’altro positivo.

L’importante – ancora più della forma che utilizziamo per redigere il testo di un messaggio – è capire sempre qual è la nostra intenzione. Se agiamo meccanicamente non ce ne rendiamo conto. Spesso bastano espressioni elementari – “grazie”, “a dopo”, “arrivo tra 10 minuti” – purché siamo in grado di ascoltare cosa c’è dietro: se abbiamo scritto spinti dalla fretta, dalla rabbia o da qualcos’altro.

Da: Paolo Subioli, “Zen in the city. L’arte di fermarsi in un mondo che corre“, Edizioni Mediterranee, 2015.

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Categorie di questo esercizio: Gentilezza amorevole |
Autore: Paolo Subioli |
Immagine di copertina: Marc Chagall , Bella écrivant, 1915