Norman Fischer, insegnante zen che ha approfondito l’Odissea alla luce degli insegnamenti buddhisti, propone questo esercizio ispirato alla figura di Telemaco, per insegnaci a esprimere ciò che abbiamo veramente nel cuore.
Immaginate di essere in presenza di una persona che rispettate e alla quale volete bene, e che prova gli stessi sentimenti per voi. Una persona alla quale interessa ciò che pensate e provate, e che non presume (come invece molti fanno) di sapere già di che cosa si tratti, ma che, invece, è umile e curiosa e pienamente ricettiva. Se non c’è una tale persona nella vostra vita — non vi costernate, non è così infrequente —, inventatevene una.
Sentite la presenza della persona, sentite il suo sguardo, ascoltate la sua voce mentre vi dice: “come stai in questo periodo? Cosa ti sta a cuore?”.
Assorbite profondamente queste domande, lasciate che si stabilizzino dentro di voi. E poi senza prove, senza pensare a tutte le voci di approvazione e disapprovazione che così a lungo hanno albergato dentro di voi, concedetevi di parlare. Parlate ad alta voce. Permettete alle parole di venire, quasi come se non foste voi a dirigerle, come se venissero da una parte di voi che non avete mai esplorato prima. Se vi aiuta potete partire con la frase: “questo è ciò che veramente voglio dire…”. Una volta che cominciate, continuate a parlare. Se esaurite le cose da dire, ripetete più volte le ultime parole che avete pronunciato fino a che non vi verranno nuove parole. Parlate fino a che non c’è altro da dire. Quando arriverete a questo punto, lo sentirete.
Un altro modo di fare ciò consiste nello scrivere una lettera alla persona alla quale volete bene. Prendete prima la decisione di non spedire la lettera, così non sarete limitati da ciò che pensate la persona – reale o immaginaria- voglia sentirsi dire. Praticate l’attendere per la parola giusta. Se vi bloccate, continuate a scrivere, ripetendo parole, anche parole senza senso, fino a che non vi sbloccate. Sentite cosa vuol dire parlare dal cuore a tutta l’assemblea dopo un lungo e sofferto silenzio, come fece Telemaco, in attesa del ritorno del padre Odisseo.