La panchina, con la sua abituale seduta concava, di per sé non facilita troppo una postura adatta alla concentrazione, per la quale è preferibile che la schiena sia in posizione eretta. Pertanto, è meglio sedersi sulla parte anteriore della seduta, quella più alta, con entrambi i piedi ben ancorati a terra.
Nel parco ci sono molti suoni diversi, alcuni più piacevoli (il canto degli uccelli, il frusciare delle foglie al vento, …) altri meno (il traffico in lontananza, il tagliaerba, …). Dunque sono molto adatti per sperimentare la pratica dello stare con l’udito, che consiste semplicemente nel compiere l’esperienza di udire i suoni senza fare niente; lasciando innanzi tutto che i suoni arrivino da soli (perché è questo che avviene, in realtà non c’è nessuno che compie l’azione di “sentire”) e poi evitando di giudicarli, di catalogarli, di assegnar loro etichette. Questo “dimorare nell’udito”, secondo una definizione di Jon Kabat-Zinn, ci aiuta a conoscere in maniera non concettuale, a conoscere senza pensare.
Inoltre, mentre ce ne stiamo seduti, è probabile che, nel vialetto di fronte a noi, anche a pochi centimetri di distanza, passino altre persone, in un senso e nell’altro: chi camminando, chi correndo, chi chiacchierando col vicino. Ogni tanto un cane, poi una bici. Sono come le nuvole che passano nel cielo. Come gli uccelli che volano sopra il lago che ne riflette l’immagine. Arrivano, attraversano il campo percettivo, poi se ne vanno. Tutto ciò che arriva, prima o poi se ne va. È un’ottima occasione per effettuare la pratica del lasciare andare. Non c’è nulla da trattenere. Nulla da conoscere.