Nella pratica della meditazione volta specificamente ad alimentare la compassione, di solito usiamo soltanto una o due frasi, come: «Possa tu essere libero dalla sofferenza e dal dolore» o “Possa tu trovare la pace”. È importante che la frase sia significativa per voi. Alcuni preferiscono usare frasi che implicano il desiderio di una più amorevole accettazione del dolore, piuttosto che la liberazione dal dolore. Potreste sperimentare frasi differenti e vedere quali sostengono meglio l’apertura compassionevole al dolore e quali invece sembrano condurvi di più verso l’avversione o il dolore.
Il primo oggetto della meditazione di compassione è qualcuno afflitto da una grande sofferenza fisica o mentale. I testi dicono che si dovrebbe trattare di una persona reale e non di un aggregato simbolico di tutti gli esseri sofferenti. Per un po’ cercate di dirigere la frase di compassione verso tale persona, tenendo sempre a mente le sue difficoltà e angosce.
Potete proseguire nello stesso modo della pratica di metta: voi stessi, un benefattore, un amico, una persona neutrale, una persona difficile, tutti gli esseri, tutti gli esseri viventi… tutte le femmine, tutti i maschi… tutti gli esseri nelle dieci direzioni.
Dedicatevi alla pratica di compassione col ritmo che preferite: passate da una categoria all’altra quando vi sentite pronti. Ricordate che tutti gli esseri sono di fronte a una grande sofferenza potenziale, indipendentemente da quanto possa essere fortunata la loro condizione lì per lì. Questa è semplicemente la natura del cambiamento nel corso della vita.
Se vi accorgete che state passando dal fremito del cuore, ovvero dalla compassione, a stati di paura, disperazione o dolore, prima di tutto accettate questo fenomeno come un fatto naturale. Respirate dolcemente e usate la consapevolezza del respiro come un’ancora. Raggiungete, al di sotto della paura o del rifiuto del dolore, il soggiacente senso di unità con tutti gli esseri. Infine, potete riflettere su quel senso di unità e gioirne.
La sofferenza è una parte intrinseca dell’esistenza e di certo non sparirà dalla vita degli esseri, indipendentemente da quanto desideriamo che ciò avvenga. Quel che stiamo facendo attraverso la meditazione di compassione è purificare e trasformare la nostra relazione con la sofferenza, che sia la nostra o quella degli altri. Essere capaci di riconoscerla, di aprirci ad essa e di risponderle con tenerezza ci permette di unirci con tutti gli esseri e comprendere che non siamo mai soli.