Un esercizio proposto da Frank Ostaseski per imparare a vedere ciò che ci accomuna agli altri esseri umani al di là delle differenze, liberandoci del nostro limitato senso di separazione.

La saggezza che dà origine alla compassione nasce da una chiara comprensione della nostra interdipendenza, del fatto che non siamo individui separati. Possiamo apparire tali, ma si tratta di un’idea sbagliata, di una concezione condizionata che influenza il modo in cui vediamo noi stessi e quello con cui ci relazioniamo con gli altri.

Ho parecchi amici che praticano il surf e che cercano di insegnarmelo. Mi spiegano come le forze elementari abbiano creato a distanza di migliaia di miglia le onde oceaniche e come il vento generi l’energia che muove gli oceani e che forma i grandi cavalloni. I miei amici osservano gli effetti delle maree e delle correnti, la forma dei fondali, la lunghezza delle scogliere, l’altezza delle onde e il loro ritmo. Passano ore a studiare le onde. Ma io, sinceramente, non sempre vedo ciò che vedono loro.

Io vedo che ogni onda è del tutto unica, che non ci sono due onde uguali. La loro forma dipende da molte condizioni diverse; vivono per poco ed esprimono una propria bellezza prima di sparire, rompendosi sulla spiaggia e poi rifluendo indietro nell’oceano. Ogni onda è distinta, ma non separata; in realtà sono tutte parti dello stesso oceano. L’oceano è un unico grande corpo e le onde sono le sue espressioni individuali.

Anche noi esseri umani siamo così. Pur con le nostre straordinarie differenze, condividiamo la stessa natura basilare; siamo tutti parte dello stesso enorme oceano.

Quando ci liberiamo del limitato senso di separazione, ci apriamo a una visione più ampia, secondo la quale non siamo soli, né possiamo gestire la vita da soli. Riconosciamo che siamo tutti connessi e completamente interdipendenti con ogni altra cosa, compresi la terra, il cielo, il mare, le creature che li popolano e le forze visibili e invisibili che influenzano la nostra vita.

Questa comprensione non richiede né religioni né credenze esoteriche. È fondata sull’osservazione quotidiana. Tutti condividiamo il bisogno di acqua, di cibo, di una casa e di amore. Nutriamo inoltre desideri simili di attenzione, di affetto, di considerazione e di felicità. Indipendentemente dalle nostre differenze individuali, noi esseri umani ci assomigliamo in tanti aspetti abbastanza normali ed essenziali. Una pratica di meditazione, semplice ma efficace, può sottolineare questa verità e servire a evocare la compassione che è connaturata al nostro sistema nervoso. Scegliamo la persona anziana che viaggia in autobus con noi, richiamiamo alla mente la storia commovente che abbiamo appena letto sul giornale, oppure rimaniamo a casa nostra e interrompiamo quel ciclo di attacchi e contrattacchi tipico delle discussioni con il nostro partner. Cerchiamo di sviluppare questi sentimenti di compassione quando incontriamo una persona nuova. Ripetiamoci silenziosamente poche frasi per sottolineare ciò che condividiamo con l’altro e per connetterci con semplice gentilezza umana:

Questa persona ha un corpo, un cuore e una mente, proprio come me.
Questa persona si preoccupa e si spaventa, proprio come me.
Questa persona cerca di fare del suo meglio per navigare nella vita, proprio come me.
Questa persona è un essere umano, proprio come me.

Ora, diamo vita a pensieri ben auguranti:

Che questa persona trovi la forza e l’aiuto per affrontare le difficoltà della vita.
Che questa persona sia libera dalla sofferenza e dalle sue cause.
Che questa persona sia in pace e felice. Che questa persona sia amata.

Da: Frank Ostaseski, “Cinque inviti. Come la morte può insegnarci a vivere pienamente“, Mondadori, 2020.

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Temi di questo esercizio: interdipendenza | non separazione |
Autore: Frank Ostaseski |
Immagine di copertina: Katsushika Hokusai, Fuji dal mare, 1834 circa