Questo esercizio può essere messo in pratica nella prima parte di ogni sessione di meditazione seduta, o anche per tutta la sessione, in modo da nutrire e calmare il corpo e la mente e permettere al meditante di lasciar andare e conseguire la libertà.
Il primo stadio dovrebbe essere praticato fino a che non viene realizzata l’unione del corpo e della mente. Il secondo stadio favorisce un senso di vitalità. Gli esseri umani dovrebbero mantenersi freschi come fiori, giacché siamo in effetti dei bei fiori nel giardino dell’universo. Non dobbiamo fare altro che osservare la bellezza dei bambini per renderci conto che gli esseri umani sono dei fiori. Due bei occhi sono fiori. La carnagione chiara del viso con la fronte delicata è un fiore. Le due mani formano un fiore… È solo a causa delle nostre preoccupazioni che la nostra fronte è spesso piena di rughe. I nostri occhi sono offuscati perché piangiamo troppo e trascorriamo molte notti insonni. Inspiriamo per recuperare il fiore che è in noi. È quest’inspirazione che riporta in vita il nostro fiore. L’espirazione ci aiuta a ricordare che abbiamo la capacità di essere freschi come un fiore, e che in effetti lo siamo già. Questa consapevolezza innaffia il nostro fiore: è una pratica di gentilezza amorevole nei nostri confronti.
Il terzo stadio, “montagna, solido”, ci aiuta a non vacillare quando siamo colpiti da emozioni violente. Ogniqualvolta siamo preda della disperazione, dell’ansia, della paura o della rabbia siamo trascinati proprio nel cuore di un turbine. Siamo come un albero nel bel mezzo di una bufera. Possiamo vedere i nostri rami, lassù in cima, piegarsi come se fossero sul punto di spezzarsi ed essere spazzati via dalla tempesta. Se invece rivolgiamo l’attenzione più in basso, scopriamo che le nostre radici ci ancorano saldamente al terreno, e ci sentiamo quindi più stabili e in pace.
Il corpo e la mente funzionano allo stesso modo. Non siamo spazzati via, se ogni volta che in noi c’è un uragano di emozioni sappiamo come ritirarci dal luogo dove infuria la tempesta, e cioè dal tumulto del nostro cervello. Dobbiamo spostare la nostra attenzione in un punto del nostro addome situato circa due dita sotto l’ombelico, e respirare profondamente e lentamente seguendo la formula “montagna, solido”. Così facendo, ci rendiamo conto che siamo qualcosa di più delle nostre emozioni. Le emozioni vanno e vengono, ma noi siamo sempre qui. Quando siamo oppressi dalle emozioni, ci sentiamo molto insicuri e fragili; possiamo persino essere spinti a credere che la nostra vita sia in pericolo. Alcune persone non sanno come comportarsi nei confronti delle loro emozioni più violente. Quando si trovano a soffrire disperatamente a causa di angoscia, paura o rabbia, pensano che l’unico modo di uscirne sia porre fine alla loro esistenza. Chi invece ha imparato a sedere nella posizione di meditazione e a praticare l’esercizio di respirazione “montagna, solido”, può superare simili momenti di difficoltà e sofferenza.
L’esercizio può essere praticato stando coricati, riposando tranquillamente sul dorso. Dovremmo dirigere tutta la nostra attenzione al sollevarsi e riabbassarsi dell’addome. In questo modo possiamo lasciare il luogo della tempesta e sapere che non c’è affatto bisogno che ci torniamo. Non è comunque opportuno iniziare a praticare solo nel momento in cui ci si trova in difficoltà. Se non avremo già acquisito l’abitudine alla pratica, dimenticheremo l’esercizio e come praticarlo, e le emozioni potranno nuovamente sommergerci e opprimerci. È buona norma praticare ogni giorno, cosicché nel momento in cui sorge una sensazione dolorosa saremo in grado di reagire spontaneamente nel modo più appropriato per affrontarla e trasformarla. Inoltre potremo essere d’aiuto ai giovani spiegando loro la pratica per uscire indenni dai momenti difficili.
“Specchio d’acqua, rifletto” è il quarto stadio, che si propone di calmare il corpo e la mente. Il Buddha ha insegnato nell’Anapanasati sutta: “Inspirando rendo calma la mia mente…” Questo esercizio è praticamente identico, con la sola aggiunta dell’immagine di uno specchio d’acqua immota, per semplificare la pratica. Quando la mente non è calma, ne consegue spesso che le nostre percezioni sono oscurate: ciò che vediamo, ascoltiamo e pensiamo non riflette la realtà, proprio come la superficie del lago agitata dalle onde non può riflettere con chiarezza le nuvole sovrastanti,
Il Buddha è una luna rasserenante
che attraversa il cielo della somma vacuità.
Quando la mente è calma come un lago,
la luna vi si riflette splendendo.
Le nostre sofferenze, i dolori e la rabbia sorgono a causa delle percezioni erronee, Per poter evitare le percezioni erronee dobbiamo praticare sino a rendere la mente calma come la superficie immota di un lago. La respirazione compie quest’opera.
Il quinto stadio è “spazio, libero”. Se siamo troppo preoccupati e pieni di ansia non possiamo essere lucidi, gioiosi e in pace. Lo scopo di questo esercizio è creare uno spazio per noi stessi, spazio sia nel nostro cuore che tutt’intorno a noi. È indispensabile riuscire a liberarci dei tormenti e dei progetti che ci appesantiscono. Allo stesso modo dovremmo lasciar andare sofferenze e rabbia, e tutto quanto di inutile ci portiamo sulle spalle. Si tratta di una specie di bagaglio che non ta che rendere pesante la vita, anche se talvolta può sembrare che la vita non sarebbe felice senza tutto ciò, senza per esempio un titolo, una posizione elevata, gloria, affari e persone che ci stanno appresso. Se ci prendiamo il tempo di esaminarlo, ci rendiamo conto che questo bagaglio non è altro che un ostacolo alla felicità. Subito dopo averlo posato, ritroviamo la felicità. “Il Buddha è una luna rasserenante, che attraversa il cielo della somma vacuità…» Lo spazio infinito è il cielo della somma vacuità: per tale motivo la felicità del Buddha è incommensurabile. Un giorno il Buddha sedeva nella foresta di Vaisali quando vide passare un contadino. Questi chiese al Buddha se avesse visto la sua mandria di mucche, che gli era appena sfuggita. Disse inoltre che, qualche tempo prima nello stesso anno, aveva perso due acri di sesamo a causa dei bruchi e si lamentò dichiarando di essere la persona più infelice sulla terra, Avrebbe forse posto fine alla propria esistenza. Il Buddha gli consigliò di cercare nella direzione opposta. Una volta partito l’uomo, il Buddha si rivolse sorridendo ai monaci che lo accompagnavano: “Monaci, siete consapevoli della vostra felicità e della vostra libertà? Non possedendo alcuna mucca, non siete preda della paura di perdere qualcosa». La pratica di questo esercizio ci aiuta a lasciar andare le nostre mucche, quelle che si trovano nella nostra mente come quelle che abbiamo accumulato intorno a noi.