I social ci hanno trascinato nell’era del confronto con gli altri, ecco una strategia per sopravvivere

confronto con gli altri

Il confronto con gli altri è una delle attività più praticate e al tempo stesso più rovinose. Confrontarsi con gli altri è un gioco nel quale si perde sempre, sia quando ci sentiamo superiori (cosa che capita abbastanza raramente), sia quando ci sentiamo inferiori o crediamo che ci manchi qualcosa rispetto ai nostri amici e conoscenti. I social media acuiscono a dismisura questa dimensione, perché alimentano di continuo il confronto, ma nel modo che è sempre a noi più sfavorevole.

Autostima minacciata dai social

Quando stiamo su Facebook, su Instagram, su Linkedin o su Twitter, vediamo che gli altri tutti i giorni fanno cose molto più belle e gratificanti, rispetto a noi. Più ci stiamo, più alimentiamo il nostro senso di frustrazione, se non addirittura la depressione, come hanno dimostrato numerose ricerche.

Tra gli adolescenti, che in questo periodo prediligono Instagram rispetto agli altri social, è frequente riscontrare problemi di scarsa autostima. Magari è solo un piccolo seme piantato tempo addietro dai genitori nella propria coscienza, che viene innaffiato dal flusso continuo di immagini che ritraggono i propri conoscenti con i vestiti più alla moda, i partner più attraenti, gli oggetti più desiderati, o semplicemente che riescono a trovare modalità più smaliziate di presentarsi agli altri.

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Tra gli adulti, su Facebook, le cose vanno in modo abbastanza simile, anche se non c’è un vero e proprio problema di costruzione della propria identità. Ma la frustrazione rimane, e viene potenziata di molto se andiamo anche pure a vedere su Linkedin tutti i successi professionali dei nostri conoscenti.

Il confronto con gli altri è sempre perdente

Il confronto con gli altri, specie sui social, è impari per natura. Di noi sappiamo tutto, e abbiamo ben presenti le delusioni, le sconfitte, i dolori, le frustrazioni. Degli altri vediamo solo le cose migliori, quelle che hanno deciso di rendere pubbliche. Nessuno posta su un social la litigata col proprio partner, l’esperienza frustrante sul lavoro, i risultati scolastici deludenti, le domeniche pomeriggio passate da soli ad annoiarsi in casa.

Dunque dobbiamo essere consapevoli del fatto che negli ultimi anni è successo qualcosa di importante, si è affermato un trend che ci coinvolge direttamente. Anche chi è meno presente sui social non può sfuggire più di tanto a questo clima, perché nella società non esistono camere stagne, tutto e tutti sono interconnessi ed è molto difficile chiamarsi fuori, quando ci sono dei problemi.

Cosa possiamo fare?

Dobbiamo astenerci dall’uso dei social? Dobbiamo usare meno gli smartphone e i computer?

Rinunciare ai dispositivi digitali, ignorare i social, preferire i mezzi tradizionali rispetto ai nuovi, significherebbe rinnegare il presente per non voler avere a che fare con li futuro. Chiamarsi fuori non serve a molto. Ormai il digitale permea le nostre vite, e siccome è difficile immaginare che sia meno presente in futuro, dobbiamo solo trovare il modo migliore per conviverci.

Certo, anche chi progetta i servizi digitali può fare la propria parte, evitando di concepirli in modo tale da dirottare la nostra mente in direzioni da noi non desiderate. Oppure cercando di limitare i danni sui bambini e gli adolescenti, come hanno recentemente chiesto alcuni azionisti della Apple.

Torniamo al confronto con gli altri, che è solo uno dei tanti aspetti problematici legati alla diffusione delle piattaforme digitali. I maestri buddhisti parlano di “comparing mind” (mente che confronta), come qualcosa di connaturato all’essere umano e al tempo stesso fonte di grande sofferenza. Questa attitudine ha probabilmente origini molto antiche, perché uno dei nostri bisogni fondamentali, ereditati dai tempi in cui vivevamo organizzati in clan in mezzo alla natura, era quello di avere una certa reputazione all’interno del clan. Ho spiegato meglio questo tipo di collegamento nel mio libro “Ama il tuo smartphone come te stesso“. Quello che è importante è capire le radici profonde di certi nostri comportamenti, che ci rendono arduo accorgerci di ciò che succede, ma che al tempo stesso ci possono spingere a lavorare su noi stessi, senza aspettare che altri trovino le soluzioni.

Il confronto con gli altri si basa sull’insicurezza

Se ci sentissimo veramente sicuri di noi stessi, non cercheremmo il confronto con gli altri, che è sempre figlio dell’insicurezza. Anche le persone più importanti, sessualmente attive, ricche e arrivate si sentono insicure. Tutti i VIP più invidiati su Twitter e Instagram – come i calciatori, i musicisti e i politici – hanno delle insicurezze enormi. Molti di loro preferirebbero una vita diversa, più ordinaria. Anche se sei al top, c’è un top ancora più top verso cui guardare. Chi ha il potere e il successo difficilmente si accontenta.

La mente che confronta (comparing mind) non è mai soddisfatta, per sua natura. Il maestro zen Thich Nhat Hanh ne parla in modo molto efficace:

Quando vi aprite completamente potete lasciare andare tutti i vostri complessi. Il complesso di superiorità: “Sono qualcuno”. Il complesso di inferiorità: “Non sono nessuno”. E anche il complesso di uguaglianza: “Sono bravo come lui”. Li rimuovete tutti, perché nell’insegnamento del Buddha non c’è un sé reale separato.

Non sentirci separati

Il punto sembrerebbe dunque smettere di sentirci separati dagli altri. Siamo come onde di un oceano, dice sempre Thich Nhat Hanh, ciascuna delle quali potrebbe confrontarsi con le altre e avere pensieri del tipo “sono la più alta di tutte!” o “vorrei superare quell’altra onda!”. Le onde non si renderebbero così conto dell’unica realtà fondamentale: che sono tutte fatte della stessa cosa, l’acqua.

Noi siamo proprio come le onde del mare, cambiamo di continuo. Stamattina ero arrabbiato e vedevo tutto nero. Oggi ho visto la mia compagna e il mondo mi sembra meraviglioso. Un tempo sono stato un neonato, un giorno sarò un vecchio e forse avrò bisogno ancora del pannolino per non farmela sotto.

In ogni momento siamo continuamente non solo influenzati, ma addirittura determinati da tutto ciò che ci circonda: le persone che frequentiamo, l’ambiente sociale, il cibo che mangiamo, le letture, i contenuti digitali. Come possiamo confrontarci con qualcun altro?

Per approfondire:

confronto con gli altri

insicurezza

Rupert Spira – Il non dualismo spiegato per bene

Paolo Subioli - Ama il tuo smartphone come te stessoSe t’interessa questo tema, è il momento di leggere “Ama il tuo smartphone come te stesso“, il libro di Paolo Subioli che per la prima volta affronta in modo sistematico tutte le problematiche legate all’uso degli smartphone, dei social e dei media digitali in genere. Nel libro viene descritto il metodo Digital Mindfulness, che avvalendosi degli insegnamenti di maestri come Thich Nhat Hanh, Pema Chodron, Alan Watts e lo stesso Jon Kabat-Zinn, affronta il tema della consapevolezza nel mondo contemporaneo e negli ambienti di lavoro.

Leggi l’anteprima dell’introduzione

[La foto è del Twin Cities Women’s Choir, Stati Uniti]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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