Come stare attenti alle cose che se ne vanno

Quella di stare attenti ai fenomeni mentre escono dal nostro campo percettivo è una capacità della mente molto importante, che aiuta a osservare il nostro modo di sentire – e dunque la realtà stessa – in modo sottile e acuto. Nell’antica lingua pali, l’attività della mente non appena si dirige verso un certo oggetto (un oggetto dei sensi, un pensiero) è chiamata vitakka, mentre quella della mente che sostiene l’attenzione su qualcosa è vicara.

In uno dei testi della tradizione buddista contenuto nel canone pali, vitakka e vicara sono paragonate a un uccello che inizialmente deve sforzarsi (vitakka) per trovare la corrente ascensionale giusta, ma poi gli è sufficiente spiegare le ali per planare in una situazione di equilibrio senza sforzo (vicara).

Nella meditazione, vitakka è l’applicazione iniziale sull’oggetto di meditazione, mentre vicara è il mantenimento dell’attenzione sull’oggetto stesso. Ecco cosa avviene. Si presenta un fenomeno nella coscienza (un suono, un odore, una sensazione del corpo, un’emozione) e l’attenzione viene diretta verso quel fenomeno. Quando il fenomeno è all’apice anche l’attenzione è massima, ma poi, quando comincia a decrescere, tendiamo spontaneamente a dirigere altrove l’attenzione. La nostra “mente operativa” vuole subito intervenire e toglie spazio alla “mente contemplativa”. Riuscire invece a mantenere a lungo l’attenzione, in modo consapevole ed equanime, è l’essenza stessa della meditazione, ed è particolarmente ricercato in un approccio come quello della meditazione vipassana.

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Vitakka e vicara vengono classificate come 2 delle 51 formazioni mentali, ovvero i possibili stati in cui si può trovare la mente umana.

Un altro interessante paragone che è stato fatto è quello della consapevolezza che agisce come una mazza che batte su un palo per conficcarlo nel terreno. Il palo è l’oggetto della meditazione. Tornandoci più e più volte col pensiero (ad esempio etichettandolo come si fa quando si pronuncia mentalmente le parole “dentro” e “fuori” per accompagnare la respirazione) si contrasta la tendenza della mente a farsi catturare dalle 6 direzioni dei sensi ( i 5 sensi più i pensieri) . Ogni volta che la mazza batte sul palo, quest’ultimo scende più in profondità. A un certo punto non c’è più bisogno di battere, perché la mente può dimorare tranquilla senza più fare alcuno sforzo. Ma perché si arrivi a ciò serve una pratica quotidiana.

 

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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