Che fare se internet ci allontana da noi stessi

Playing Futures (Olanda), Venice Second ImpressionsAlcune persone hanno un rapporto ossessivo coi media digitali, ma anche chi pensa di avere un atteggiamento più distaccato, dovrebbe essere sempre consapevole di quanto tutti stiamo diventando dipendenti da internet, in modo insano. Uno studio svela che quello digitale sia il più irresistibile, tra tutte le forme di desiderio.

“I desideri per i media, come guardare la TV, navigare sul web, usare l’iPhone, o anche il desiderio di lavorare – ovvero l’intrinseco desiderio di portare a termine un lavoro – sono quelli più difficili a cui resistere”, ha detto Wilhelm Hofmann, docente di scienza del comportamento all’Università di Chicago, a seguito di uno studio condotto in Germania su 205 adulti di età compresa tra 18 e 55 anni.

Si è scoperto, in breve, che gli impulsi a cui è più difficile resistere sono quelli legati al lavoro e ai media: il primo perché definisce la nostra identità, i secondi perché sono sempre disponibili e ci sembrano poco impegnativi. È persino più facile dire di no all’alcol e al fumo, perché siamo consapevoli dei loro alti costi sanitari, economici e sociali.

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Per qualcuno, la ragione sta nel nostro innato desiderio per il contatto sociale: millenni di evoluzione ci hanno reso esseri altamente sociali, e in questo nostro tempo, il modo più semplice per sentire questo “brivido” del collegamento è tramite i media sociali, come Facebook, o la messaggistica elettronica (sms, email , Whatsapp, Skype, …). Persino la TV riesce a darci questo senso (o illusione) di collegamento con gli altri.

Ma ormai siamo a tal punto dipendenti da questi media, che ci allontaniamo del tutto dalla vita reale, quella del momento presente. Pensiamo di poter essere in contatto con tutti, ma rischiamo di perdere il contatto con noi stessi. Ecco cosa ci suggerisce, a proposito, Jon Kabat-Zinn, l’inventore della mindfulness:

Che ve ne pare, di non collegarsi con nessuno, nei momenti di intervallo? Che ve ne pare dell’idea di essere in contatto con colui o colei che si trova a questo capo della linea, non all’altro capo? Dell’idea di invocare un cambiamento, e verificare, vedere se siamo pronti a farlo? Che ne dite, di essere semplicemente in contatto con come ci sentiamo, anche nei momenti in cui, magari, ci sentiamo confusi o sopraffatti o annoiati o sconnessi o ansiosi o depressi o «abbiamo ancora un’altra cosa da fare»?

Vedi altri articoli su:

[Ringraziamenti: a Psych Central News, per l’articolo Facebook, TV, Web, iPhone (and Work) Harder to Resist than Drinking; a Being Human, per l’articolo Are You Addicted to Technology?; a Jon Kabat-Zinn, per la citazione, che ho tratto dal suo libro “Riprendere i sensi”, p. 133, edito da TEA] [La foto iniziale è di Playing Futures]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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