Camminare nella consapevolezza di essere spiati

Camminare in consapevolezzaCamminare in consapevolezza è una delle più belle pratiche di meditazione. Ne abbiamo parlato più volte, in relazione alla meditazione camminata. Camminare in consapevolezza è bellissimo, ovunque, perché ci consente di essere pienamente presenti al nostro corpo e alla nostra mente nel tempo che stiamo vivendo. Possiamo farlo su un sentiero di campagna, a casa, in ufficio, per strada. Ma se vogliamo essere pienamente consapevoli di tutto ciò che accade nel momento presente, ma proprio di tutto, non possiamo ignorare le conseguenze del camminare con uno smartphone in tasca. In fin dei conti è la situazione nella quale camminiamo normalmente.

Camminare con lo smartphone in tasca significa essere spiati continuamente da molte persone ed entità diverse. È una realtà concreta, perché molte app utilizzano i servizi di localizzazione del telefono, cioè la possibilità di determinare la posizione del dispositivo con una buona approssimazione, grazie alla combinazione di tecnologie come il GPS, il Wi-fi o il Bluetooh. Google Maps è la app più famosa, tra di esse, e forse la più preziosa, perché grazie alla localizzazione sa sempre dove siamo esattamente ed è in grado di darci molte informazioni utili, dal percorso migliore per non arrivare tardi a un appuntamento importante, fino alla più vicina pasticceria o agli orari di un museo. Ma tante altre app, quando le installiamo, ci chiedono se possono accedere alla nostra posizione e noi sempre rispondiamo “certo che sì!”, sia perché lo facciamo distrattamente o senza capire bene cosa significa, sia perché, in molti casi, sta proprio lì il valore aggiunto. La app per il meteo può dirci che tempo farà dove ci troviamo, quella per il fitness quanti passi abbiamo fatto oggi, quella per trovare ristoranti non ci farà perdere tempo a digitare il luogo (specie quando siamo affamati), e così via.

Cosa c’è da sapere sulla localizzazione tramite le app

Il fatto è che le app che rilevano la nostra posizione rivendono a terzi i dati che accumulano giorno dopo giorno, anzi minuto dopo minuto, perché in certi casi la posizione viene rilevata di continuo. Il New York Times, in un bellissimo articolo su questo tema, ha approfondito andando a cercare informazioni dirette, come fanno i veri giornalisti. E io, come fanno i veri cittadini consapevoli, non mi sono accontentato dei titoli su Facebook, ma sono andato a leggere tutto l’articolo. Ho scoperto cose notevoli, come ad esempio che almeno 75 aziende diverse ricevono dalle app i dati sulla posizione dei loro utenti, con una precisione di metri, in alcuni casi aggiornati fino a 14mila volte al giorno. “Tali aziende vendono, utilizzano o analizzano i dati per approvvigionare gli inserzionisti pubblicitari, i punti vendita e persino i fondi speculativi che sono alla ricerca di intuizioni sul comportamento dei visitatori”, scrive la prestigiosa testata, una di quelle a cui sento di poter dare credito, in questi tempi oscuri di fake news diffuse ad arte nei social media. Tra le app per Android ce ne sono 1.200 che condividono con terzi le informazioni sulla posizione dei propri utenti, mentre tra quelle di Apple 200.

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I nostri comportamenti sono analizzati di continuo, mentre siamo online, ma siccome passiamo un sacco di tempo in giro, i mercati sono ghiotti anche di quel tipo di informazione: cosa facciamo e dove andiamo durante le nostre giornate, anche perché il 90 per cento del commercio ancora avviene offline. Come dice in un brillante webinar Elina Greenstein, dell’azienda di localizzazione GroundTruth, “la nostra posizione ci definisce”.

localizzazione app

Fonte: GroundTruth.

Come evidenzia questo schema, i movimenti che una persona fa nel corso della giornata dicono molto di chi è. In alcuni, casi, possono rivelare informazioni molto private.

Per i gestori di molte attività commerciali, conoscere le abitudini dei propri visitatori è una manna, e questo è possibile grazie alla localizzazione.

Un’altra azienda di localizzazione, SafeGraph, ha mappato i partecipanti alla cerimonia di inaugurazione della presidenza Trump, nel 2017, sulla quale c’erano state polemiche, perché Trump aveva voluto far credere che la partecipazione fosse maggiore di quella effettiva. In questo articolo è possibile vedere un grafico di tutti i movimenti di persone in quell’area, per tutta la giornata della manifestazione, a confronto con la “marcia delle donne su Washington”, svoltasi il giorno dopo nello stesso luogo. Ma la cosa più interessante è che quelli di SafeGraph sono riusciti a ricavare un sacco di informazioni dai dati in proprio possesso, come ad esempio:

  • lo stato di provenienza dei partecipanti;
  • la stima del loro reddito, sulla base del quartiere di provenienza;
  • la percentuale di residenti a Washington rispetto ai visitatori;
  • la tipologia di locali dove i partecipanti hanno mangiato quel giorno, ecc.

Cosa possiamo fare per difenderci dalla localizzazione?

Dunque abbiamo capito che i dati su tutti i nostri movimenti – dove siamo stati, quando e per quanto tempo – vengono continuamente tracciati e sono in possesso di tanti soggetti diversi, di cui non sappiamo nulla.

Cosa significa questo per noi? Come dobbiamo comportarci? Come al solito, la pratica di consapevolezza ci insegna non a “reagire” agli eventi, ma a “rispondere” nel modo più saggio che ci riesce, dopo aver cercato di capire il più possibile. Io credo che la risposta vada trovata su un duplice livello:

  • da un lato, dobbiamo scegliere se vogliamo o no essere tracciati nella nostra posizione, e in che misura;
  • dall’altro, possiamo includere nella nostra consapevolezza anche questo aspetto della nostra vita, ormai costantemente accompagnata da dispositivi digitali.

La prima scelta da compiere è di tipo pratico, in qualità di consumatori consapevoli. Quasi tutte le caratteristiche dello smartphone sono configurabili e dunque possiamo scegliere se lasciare che traccino la nostra posizione oppure no. Personalmente ho scelto di consentirlo, per tre motivi.

  1. Innanzi tutto, alcuni tipi di tracciamento della mia posizione possono essere molto utili agli altri. Google Maps li utilizza per determinare il traffico, quando sono alla guida di un mezzo, o gli orari di maggior affluenza di negozi e altri servizi pubblici.
  2. Ci stiamo abituando ad avere tutto gratis, ma non c’è niente che sia veramente gratis. Molte app si finanziano proprio così. Le aziende di localizzazione pagano da mezzo a due centesimi di dollaro per mese per utente. A me piace l’idea che chi lavora alle app che uso riceva dei soldi in cambio.
  3. Da tempo ho scelto di preoccuparmi più delle tracce che di me lascio online che della mia privacy. Il karma digitale rappresenta l’insieme delle mie azioni, parole e pensieri online e ci tengo che sia un buon karma, molto più di quanto io non tenga alla mia privacy.

Ma se la pensate diversamente, allora la cosa giusta da fare è disattivare l’accesso alla posizione da parte delle app. Per farlo, qui c’è un’ottima guida in inglese (considerate anche che Chrome consente di tradurre qualsiasi pagina). Altrimenti ho trovato questa pagina per Android. Per l’iPhone ve lo dico direttamente. Bisogna andare su Impostazioni, poi Privacy, poi Localizzazione. Lì si può scegliere se farsi localizzare dall’iPhone stesso e da ciascuna singola app, scegliendo se farglielo fare sempre o solo mentre le utilizziamo. Io lo consento, ma solo mentre le uso. Non esageriamo, insomma, anche perché il GPS sempre in uso consuma parecchia batteria.

Camminare in consapevolezza, mentre le app ci osservano

Se non avete scelto di negare a tutti e sempre l’accesso alla posizione, una pratica molto interessante da fare è quella di camminare nella consapevolezza di essere spiati. Ormai infatti avete capito cosa succede quando camminiamo con un telefono in tasca, lo sapete, e dunque può essere molto utile fare entrare anche questo – che è un fatto molto concreto – all’interno della consapevolezza.

Poniamo il caso che stiamo camminando in giro per la città. Se decidiamo di camminare consapevolmente, osserviamo i movimenti del nostro corpo, l’ambiente intorno a noi, il respiro, i nostri pensieri. Ma adesso sappiamo che c’è anche dell’altro: un dispositivo elettronico che dal nostro corpo emette onde di vario tipo per trasmettere informazioni ad altri – a tanti altri – per dire loro dove siamo e cosa stiamo facendo.

Come fare

Eccoci dunque alla vera e propria pratica di camminare nella consapevolezza di essere spiati. Il luogo ideale dove attuarla sono gli spazi aperti e la situazione ideale è mentre stiamo camminando, piuttosto che su un mezzo di trasporto, così che sia un’esperienza dove il nostro coinvolgimento è completo.

  1. Porta l’attenzione al corpo e in particolare ai suoi movimenti. Stai camminando; ora non pensare ad altro che a questo.
  2. Senti la pressione dei piedi a terra e come i due piedi si alternano nel poggiare e risollevarsi per andare avanti.
  3. Senti la posizione di tutto il corpo, porta l’attenzione alle spalle e alle braccia, senti l’aria su viso.
  4. Senti in quale stato si trova ora la tua mente (calma, agitata, ecc.) e la tua parte emotiva (qual è il “tono” di fondo?).
  5. Porta l’attenzione (mentalmente) allo smartphone e al fatto che tramite esso il tuo movimento viene tracciato. Considera questo legame che ti collega a tanti altri.
  6. Continua a camminare in questa consapevolezza di non essere affatto solo/a e per i fatti tuoi, ma in qualche modo controllato/a.
  7. Quali emozioni ti suscita questa consapevolezza?

Essere osservati

Il fatto di essere osservati può avere tanti risvolti. Nel mio libro “[amazon_textlink asin=’8857307824′ text=’Ama il tuo smartphone come te stesso’ template=’ProductLink’ store=’zeninthecit06-21′ marketplace=’IT’ link_id=’df08c568-0156-11e9-b457-2d8c220eabfc’]” ho scritto che internet ha molti aspetti che la fanno somigliare a una religione. Essere osservati ovunque ci si trovi, ad esempio, ha delle somiglianze notevoli con la credenza che ci sia un Dio che in ogni istante sa tutto di noi. Se uno crede questo, tende a modulare il proprio comportamento in base a quella che ritiene sia la volontà di Dio rispetto a se stessi. Dunque mentre si cammina nella consapevolezza di essere tracciati da entità ignote, si può provare a capire se la nostra sensazione somiglia a quella che ritroviamo nella Bibbia:

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie.

(Salmo 138, 1-2)

Un altro risvolto notevole può essere quello di sentirsi parte di una rete. È vero che se qualcuno traccia i miei movimenti e poi li utilizza per propri scopi, il legame che si stabilisce è asimmetrico, perché io di loro non so nulla. Ma intanto è pur sempre uno scambio, una transazione economica. Loro danno a me un servizio gratuito, io do a loro i miei dati, affinché li utilizzino magari per un’inserzione pubblicitaria di un servizio locale. È un tipico legame sociale, uno dei tantissimi che si instaurano nell’ambito dell’umanità e che – nel bene e nel male – ci tengono legati gli uni agli altri.

È sempre stato così, in ogni società umana. Ma internet aumenta a dismisura il numero di legami che ci collegano a persone anche molto distanti. Questi legami non si interrompono mai, ovunque andiamo, e il nostro smartphone sta lì a ricordarcelo. Siamo parte di un universo che è come una grande rete di Indra, fatta di un numero infinito di perle, ciascuna delle quali riflette tutte le altre. Mentre camminiamo, è possibile provare a sentire cosa significa fare parte di tutto questo.

Parleremo di questo e altri argomenti simili nel prossimo incontro di Digital Mindfulness.

Per approfondire:

karma digitale

Dio

smartphone

rete di Indra

Istruzioni per la meditazione camminata

[La foto è di Tobi Gaulke, Svizzera]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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Una risposta

  1. Rosaria ha detto:

    Grazie Paolo per il tuo blog… e’ veramente utile e carino! Lo seguo da Miami Florida e mi fa molto piacere perche’ mi riporta un po alla mia Roma.
    Grazie di nuovo per il tuo contributo.
    ? Rosaria

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