Capire i cambiamenti climatici con le quattro nobili verità
Il tema dei cambiamenti climatici è sempre più d’attualità e le quattro nobili verità possono aiutarci a capire meglio il fenomeno e le sue cause. In questo caso, capire il fenomeno non significa soltanto comprendere dal punto di vista scientifico le leggi di causa-effetto che hanno portato all’attuale crisi climatica ed ecologica, ma anche comprendere il fenomeno nella sua interezza. Bisogna infatti includere la variabile più imprevedibile e apparentemente inspiegabile, che è il comportamento umano. Gli scienziati ci dicono unanimemente che siamo noi la causa di questo enorme problema, noi siamo gli stessi che potrebbero fare qualcosa, ma non facciamo praticamente niente. A mala pensa ne parliamo ogni tanto, tra un discorso e l’altro. Come si spiega tutto ciò?
Le quattro nobili verità
Le quattro nobili verità sono la base di tutto l’insegnamento del Buddha e dunque il cardine del pensiero buddhista. Giova ricordare ancora una volta che il Buddhismo non è una religione – anche se in alcune sue varianti potrebbe farlo sembrare – ma un sistema di interpretazione della psiche umana, che cerca una soluzione al problema della sofferenza, indipendentemente da qualsiasi credo o filosofia. Le quattro nobili verità sono la prima cosa che il Buddha ha insegnato dopo la sua illuminazione. Dunque vanno considerate come l’intuizione fondamentale attribuibile a questo genio vissuto nel V secolo avanti Cristo.
Le quatto nobili verità fanno riferimento a un termine dell’antica lingua pali, “dukkha”, che viene comunemente tradotto come “sofferenza”, anche se ha un significato più ampio e secondo alcuni verrebbe reso meglio da termini come “disagio” o “inquietudine”.
- La prima nobile verità è quella della sofferenza. È insita nella nostra stessa esistenza e comincia sin dalla nascita per comprendere la vecchiaia, la malattia, la morte, il doverci separare dalle persone e dalle cose che amiamo, il non poter ottenere ciò che vogliamo e il dover subire ciò che non vogliamo. Tutte cose che sarebbero normali, salvo il fatto che non le vogliamo accettare.
- La seconda nobile verità è quella dell’origine della sofferenza. Essa ci dice che tale origine non è fuori, ma dentro di noi. Soffriamo a causa della brama e dell’ignoranza, dove per ignoranza s’intende l’illudersi di essere separati dagli altri e dal resto della realtà, oltre al non rendersi conto che tutto è impermanente.
- La terza nobile verità è quella della cessazione della sofferenza. La notizia è che c’è un via d’uscita, cioè che ce la possiamo fare. Dobbiamo sperare non che le cose vadano diversamente da come sono, ma che riusciamo a vedere le cose in modo talmente diverso che non ci faranno più soffrire.
- La quarta nobile verità è quella del sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. È il percorso di pratica ideato dal Buddha e articolato nel “nobile ottuplice sentiero”, suddiviso in tre sezioni e otto elementi: saggezza (che comprende retta comprensione e retta aspirazione); moralità (retta parola, retta azione e retti mezzi di sostentamento); concentrazione (retto sforzo, retta consapevolezza e retta concentrazione).
Cosa c’entra tutto questo con i cambiamenti climatici? Non è solo un modo per affrontare questo futuro assai incerto a livello individuale, ma a mio parere anche collettivamente, come società.
Le quattro nobili verità applicate ai cambiamenti climatici
Le quattro nobili verità sono uno strumento di interpretazione che può rivelarsi molto efficace. Vediamo come possono aiutarci a interpretare la crisi climatica e ambientale in atto.
- Prima verità: la situazione è grave. Come nel caso della prima nobile verità, che ci invita a prendere atto della nostra condizione esistenziale, e nient’altro, la prima verità dei cambiamenti climatici ci esorta a vedere in faccia la realtà. Gli scienziati sono unanimi come non mai nell’affermare che la situazione è gravissima. Basta consultare il rapporto Ipcc, il più ufficiale che c’è sull’argomento. Ipcc, che sta per Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, è il foro scientifico formato nel 1988 dalle Nazioni Unite. Uno dei movimenti della società civile più attivi in questo campo, Extinction Rebellion, ha come prima richiesta proprio quella di dire la verità, rivolta ai politici e ai media, che fino ad oggi hanno praticamente ignorato il problema. È come se la nostra casa fosse in fiamme. Se non lo riconosciamo, non potremmo mai spegnere l’incendio.
- Seconda verità: la causa siamo noi. L’estrema gravità della situazione è comprensibile se si pensa che non solo il clima è impazzito, ed è prevedibile un innalzamento minimo della temperatura media della Terra di almeno 2 gradi, ma è in atto la sesta estinzione di massa della storia del nostro pianeta. La prima provocata dall’uomo. Gli animali selvatici e le piante si stanno esaurendo, sia come varietà, sia come numero, in modo drammatico. Le cause principali sono i cambiamenti climatici e l’agricoltura, la quale serve per almeno il 70% a dare da mangiare agli animali allevati. La causa siamo noi, non c’è dubbio. Questo bisogna riconoscerlo sia collettivamente, sia individualmente, perché le due dimensioni non sono in alcun modo separabili. In fondo a tutto c’è la nostra avidità, la nostra brama di avere senza dare abbastanza in cambio. È quello che stiamo facendo alla Terra.
- Terza verità: siamo ancora in tempo. Gli scienziati ci dicono che la situazione è molto grave. Ormai è impossibile scendere al di sotto di 1,5° di riscaldamento medio, le foreste tropicali sono ampiamente compromesse, così come la biodiversità. La Terra sarà un luogo molto meno ospitale, nei prossimi decenni e secoli, e questo probabilmente causerà più fame, più migrazioni di massa e più guerre. Ma gli stessi scienziati ci dicono anche che tecnicamente è ancora possibile evitare di arrivare al punto di non ritorno, quello che potrebbe forse essere incompatibile con la vita umana. L’Accademia Nazionale delle Scienze statunitense (PNAS) descrive questo scenario come “Hothouse Earth” (Terra serra riscaldata). Chi potrebbe vivere in una serra, per di più riscaldata? Se cominciamo subito a fare qualcosa, e qualcosa di molto radicale, possiamo evitare questo scenario terrificante. C’è pochissimo tempo a disposizione, e quel tempo è adesso. Se non faremo nulla saremo ricordati dalla Storia come la generazione che sapeva, che poteva fare, ma che non ha voluto fare nulla per evitare il peggio.
- Quarta verità: c’è una via d’uscita possibile. Nonostante i media siano ancora molto reticenti nel dire la verità sulla crisi climatica ed ecologica, si sta pian piano consolidando nelle coscienze di un po’ tutti la prospettiva di un futuro drammatico. L’idea che le cose non possono che peggiorare. Ciò contribuisce ancora di più a farci girare la testa dall’altra parte, per non sentire la verità. Ma nel frattempo si insinua in ciascuno di noi un’ansia che diventerà presto il più grande problema psicologico del nostro tempo. L’assenza di speranza è un circolo vizioso distruttivo. Ma sappiamo che ci sono ancora ampi margini per limitare i danni e scongiurare il peggiore scenario, quello della “Terra serra riscaldata”. Inoltre gli ormai inevitabili cambiamenti ambientali potrebbero portare cambiamenti positivi nel nostro modo di relazionarci tra noi e con ciò che ci circonda. Nuovi modi di sviluppare la resilienza nei confronti del cambiamento. Negli ultimissimi tempi sono emerse figure come Greta Thunberg e Alexandria Ocasio-Cortez, insieme ai movimenti Frydays for Future e Extinction Rebellion, che ci danno speranza. Non è affatto detta l’ultima parola, insomma.
Cosa possiamo fare?
Ciascuno di noi può cominciare a fare qualcosa di molto importante. Innanzi tutto, sul piano dei comportamenti individuali. Consumare meno prodotti inutili, mangiare meno carne, prendere mezzi di trasporto inquinanti solo se strettamente necessario, e così via, sono esercizi fondamentali per nutrire la speranza. Gandhi diceva “siate il cambiamento che volete vedere nel mondo”. Un tale atteggiamento è il presupposto necessario per innescare il cambiamento e contrastare il clima generale di rassegnazione.
Ma cambiare i comportamenti individuali non riuscirà a salvarci. Servirebbe troppo tempo. Se oggi nei locali pubblici non si fuma non è perché la gente ha gradualmente preso coscienza del problema, ma perché c’è una legge che lo vieta. Solo stabilendo nuove regole comuni possiamo evitare che l’incubo si avveri. E queste regole le dovranno scrivere i governi e i parlamenti, spinti da un’opinione pubblica sempre più consapevole.
Per approfondire:
Jiddu Krishnamurti – Speranza nel futuro? Vivere è la rivoluzione suprema
Zen in the city. L’arte di fermarsi in un mondo che corre
Ho scritto questo libro per condividere ciò che ho imparato nell’ambito della mia pratica quotidiana, grazie agli insegnamenti dei maestri, ma anche e soprattutto dell’esperienza diretta.
You need to login or register to bookmark/favorite this content.
Grazie, apprezzo moltissimo l’impegno di Zen in the city su questo argomento, che mi sta a cuore da anni. Ma è pure da anni che non faccio che domandarmi quali siano le strategie psicologiche più efficaci per risvegliare le coscienze e indurre le persone a cambiare comportamenti e a chiedere cambiamenti ai politici. È su questo argomento che occorrerebbe il fondamentale supporto della psicologia buddista e di tutte le altre scienze e saperi che si occupano della psiche umana.
Se non usciamo dalle logiche e dai meccanismi del capitalismo e del sistema finanza/mercato globale non c’è rimedio. la vedo grigia. certo ognuno di noi può agire secondo virtù ma non credo che basti.
Sono d’accordo. Sono in molti a mettere in evidenza i rischi derivanti dall’ approccio corrente che pone enfasi esclusiva sull’ impegno individuale, mentre le decisioni politiche (che dipendono quasi esclusivamente da interessi economici e finanziati derivanti dall’attuale sistema di produzione) hanno un peso decisivo. Ciò detto, non si può comunque eludere la questione delle scelte individuali e della consapevolezza dei singoli individui, in quanto consumatori, elettori e anche decisori politici. Se non cresce la consapevolezza, cosa potrà mai indurre dei cambiamenti?
Sembra che la sofferenza sia inevitabile, come mezzo per la presa di coscienza dei singoli. Purtroppo, la mia esperienza mi insegna che senza dolore non si riesce ad evolversi. Quindi i cambiamenti climatici indurranno un cambiamento nelle coscienze individuali e collettiva solo in un punto drammatico di non ritorno. Evitare l’inevitabile significa risvegliare le coscienze, anche io chiedo lumi alla psicologia buddhista. Perché chi è risvegliato applica già i comportamenti virtuosi ma come risvegliare chi sonnecchia?
Già. Come?