3 esercizi di ascolto musicale basato sulla Meditazione
L’ascolto musicale è una delle più belle attività, tra quelle che possiamo permetterci noi persone dell’epoca contemporanea. Trastullarci con la musica è infatti un privilegio tipico del nostro tempo, dal XX secolo in poi. Gli umani di epoche precedenti non se lo potevano neanche sognare, almeno tra le persone normali. Oggi l’arte musicale si può riprodurre all’infinito. Così, se anche non possiamo permetterci di andare a un concerto, i modi per ascoltare musica non mancano mai.
In epoca moderna l’ascolto musicale sì è evoluto molto velocemente. I dischi in vinile hanno consentito una diffusione della musica di massa e planetaria, nella seconda metà del XX secolo. Poi è arrivato l’ascolto in streaming ed è finita l’attitudine ad ascoltare la musica senza fare nient’altro. I tempi in cui ci si sedeva sul divano, con l’unico proposito di sentire un disco, sono perduti probabilmente per sempre. Rimangono le nostalgie di noi boomers, ricordando quello che facevamo da ragazzi. Ma non c’è né peggio né meglio, le cose semplicemente cambiano di continuo.
Indice dei contenuti
Le nuove sfide dell’ascolto musicale
La musica come terreno di pratica
Esercizio 1 – Esserci al cento per cento
Esercizio 2 – Osservare gli stati d’animo associati alla musica
Esercizio n. 3 – Ascoltare lo svolgersi della musica con apertura e curiosità
Le nuove sfide dell’ascolto musicale
Oggi l’ascolto musicale comporta nuove sfide, sconosciute alle generazioni precedenti. È difficile per tutti ascoltare la musica senza fare nient’altro, così come rimanere concentrati su un brano dall’inizio alla fine. Questa è la mente che abbiamo e con essa dobbiamo fare i conti. Ma non c’è alcun bisogno di rinunciare all’ascolto musicale, che è una fonte di grande godimento e di arricchimento spirituale.
Siamo disabituati ad ascoltare la musica anche per via della consuetudine di disseminare un po’ ovunque sottofondi musicali di pessima qualità. Dicendo così non intendo giudicare i gestori di supermercati, negozi e locali che fanno di tutto per impedire che il silenzio regni nei loro territori. Ma va sottolineato che la scelta del sottofondo è quasi sempre effettuata senza alcuna cura e lo dimostra il fatto che a volte vengono persino proposte stazioni radio mal sintonizzate.
È necessario rieducarci un po’ tutti all’ascolto. Sia chi appartiene alle generazioni più anziane, chiamate a misurarsi con modalità diverse dal passato – ad esempio, basate più sulle playlist che sugli album – sia la generazioni più giovani, che affidandosi in toto allo streaming rischiano di perdere del tutto le informazioni su ciò che stanno ascoltando.
La musica come terreno di pratica
Per le persone interessate alla meditazione, la musica può essere un fertile terreno di pratica, per almeno due motivi:
- quando l’agitazione della nostra coscienza si placa e raggiungiamo la quiete che ci consente una più intensa attenzione, “la nostra percezione della spontanea bellezza del mondo ne risulta accresciuta”, suggerisce Stephen Batchelor; questo significa che la meditazione cambia il nostro modo di ascoltare la musica. Tipicamente, si tende ad ascoltare meno musica e a selezionarla con più attenzione. Inoltre si tende a “gerarchizzare” meno i suoni, accettando anche quelli normalmente ritenuti sgradevoli;
- la musica stessa, con il suo linguaggio non verbale e non concettuale ci aiuta ad esercitarci a un approccio diretto con la realtà di ciò che percepiamo con i sensi. Praticando la meditazione, impariamo a non circoscrivere la realtà nel ristretto ambito del linguaggio che la designa e questo somiglia molto ad ascoltare la musica.
Ma c’è molto di più. La musica è in grado di attivare una gamma potenzialmente infinita di stati emotivi, di pensieri, ricordi. Agisce direttamente nel corpo spingendoci a muoverci. La musica si svolge secondo un “flusso” senza uno scopo preciso che è come la vita stessa. In altri termini, ascoltando la musica – o ballandola, o suonandola – entriamo in contatto con qualcosa con la quale ci rispecchiamo naturalmente.
Così come la musica non è mai uguale da un istante all’altro, tutta la realtà che ci circonda segue questa stessa regola. E così noi: siamo un insieme di elementi impermanenti che si si manifestano e cessano di manifestarsi di continuo. Per questo la musica ci piace così tanto, perché somiglia alla vita. È vicina alla nostra esperienza reale molto più di quanto non lo siano il linguaggio che usiamo e le nostre stesse idee su come funzionano le cose.
Il pianoforte zen
Proprio perché la musica ha questa relazione speciale con la vita, mi sono trovato molto in sintonia con il libro “Pianoforte zen“, di Sara Matteo, uscito questa estate. Sara è pianista e insegna pianoforte al conservatorio. Come quasi tutti coloro che suonano questo strumento per professione, ha cominciato a esercitarsi sin da bambina. Ha sperimentato sulla sua pelle (e soprattutto sui tendini dei suoi polsi) cosa significa un approccio allo strumento tutto orientato ai risultati, poco attento al benessere. Ha vissuto in prima persona la separazione tra musicista e strumento che deriva da un approccio dualista ed egoico alla realtà. Ma come molte persone creative, non si è accontentata di un approccio solo perché era quello accettato da tutti.
Da appassionata di discipline orientali, Sara Matteo ha incontrato dei testi sull’antica arte della spada presso i samurai che le hanno cambiato la prospettiva sulla propria attività. Due libri in particolare: “Il libro dei cinque anelli” del maestro di spada Miyamoto Musashi e “Hagakure, il libro segreto dei samurai” di Yamamoto Tsunetomo. Che relazione c’è tra l’arte della spada e quella del pianoforte?
Il samurai giapponese era sì un combattente, ma per lui l’arte della spada era una vera e propria disciplina spirituale. Praticava le arti marziali e le varie dicipline legate allo zen. Specialmente per Miyamoto Musashi, la preoccupazione principale era di fare del guerriero un uomo completo, abile non solo nel combattimento, ma anche nel seguire l’etica buddhista. Il segreto era nel saper calmare la mente creando quel “vuoto” che è lo stesso dello zen. In tal modo l’azione diventa un movimento unico nell’ambito del quale non c’è più alcuna separazione tra la persona, la sua arma e il movimento che compie.
Sara Matteo ha portato questa stessa filosofia nel pianoforte. Insieme abbiamo sperimentato e proposto, in alcuni incontri pubblici, un approccio “zen” anche all’ascolto musicale. Ecco qui di seguito tre esempi da sperimentare direttamente, con qualsiasi tipo di brano musicale.
Esercizio 1 – Esserci al cento per cento
L’evento musicale – un concerto, l’esecuzione di un brano – è un fenomeno che ha bisogno di molti ingredienti diversi per manifestarsi. Uno di essi è che ci sia un ascoltatore. Senza ascoltatore non può esservi evento musicale. L’esercizio parte dalla consapevolezza di questa responsabilità, il sapere di essere indispensabili affinché questo evento abbia luogo.
Ecco come fare. Cerca di concentrarti al 100% sul brano che stai ascoltando, senza perderti nulla e senza distrarti. Proprio come farebbe il musicista che lo sta eseguendo. Affinché l’evento si svolga in pieno e al meglio, è indispensabile la tua partecipazione completa.
Ogni volta che ti accorgi che ti distrai perché stai pensando a qualcos’altro, non colpevolizzarti, perché è così che funziona la mente. Torna piuttosto dolcemente all’ascolto musicale, consapevole dell’importanza del tuo ruolo.
Il brano proposto per questo ascolto è Doctor Gradus ad Parnassum, il primo di 5 movimenti di Children’s Corner, una suite per pianoforte solo di Claude Debussy, pubblicata nel 1908.
Esercizio 2 – Osservare gli stati d’animo associati alla musica
La musica è in grado di influenzare i nostri sentimenti. Tutti ne abbiamo avuto esperienza, in un modo o nell’altro. Ma mentre il nostro linguaggio è troppo elementare per designare la ricchezza e varietà di sentimenti che possiamo provare, la musica entra in piena sintonia con il nostro mondo emotivo perché è altrettanto ricca e varia. Molto più del nostro linguaggio parlato e scritto.
In questo esercizio proveremo a osservare come l’influenza della musica sui nostri stati d’animo si eserciti momento dopo momento, in base allo svolgersi della musica stessa e alla dinamicità della nostra risposta.
Durante l’esecuzione del brano, cerca di mantenere una respirazione regolare e concentrati sul respiro, mantenendo tale attenzione anche mentre ascolti la musica. Sii consapevole dei sentimenti e degli stati d’animo che emergono di volta in volta, mentre sei in ascolto, ma senza provare a dare loro un nome.
I notturni op. 27 sono un insieme di 2 brani di tipo “notturno” composti da Frédéric Chopin nel 1836. Questo Notturno in re bemolle maggiore, op. 27, n. 2, in particolare, è uno dei brani più popolari del compositore polacco.
Esercizio n. 3 – Ascoltare lo svolgersi della musica con apertura e curiosità
A meno che non lo conosciamo già a perfezione, un brano musicale è un susseguirsi di eventi musicali per noi inaspettati e imprevedibili. Il musicista, grazie alla sua creatività, ha saputo creare una sequenza originale di accordi e di note, che è proprio la fonte principale del piacere che proviamo nell’ascolto musicale.
L’esercizio consiste nell’ascoltare il brano con attenzione, costantemente pronti al susseguirsi delle note e al loro apparire inaspettato e imprevedibile. Nel farlo, manteniamo sempre un atteggiamento di massima apertura e curiosità, tralasciamo ogni forma di giudizio e di preferenza (questo mi piace, quest’altro no).
L’esercizio può aiutarci a coltivare un atteggiamento analogo nei confronti di qualsiasi evento della vita.
Il terzo brano proposto è l’Isle joyeuse, è un pezzo esteso per pianoforte solo composto da Claude Debussy nel 1904.
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