Chat GPT e lo Zen: come un’Intelligenza Artificiale può diventare il nostro insegnante di meditazione

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Chat GPT, o un’altra entità digitale basata sull’intelligenza artificiale, può andare d’accordo con lo Zen? Ma soprattutto, può essere considerato un valido insegnante di meditazione, una fonte da cui attingere insegnamenti di saggezza?

In questi giorni – caratterizzati dalla chiusura in Italia di ChatGPT da parte del Garante per la Privacy – molti si interrogano sul ruolo che l’intelligenza artificiale può svolgere nelle nostre vite e, più in generale, nell’economia e nella cultura. È una discussione molto importante, importantissima, perché l’innovazione in questo campo sta viaggiando assai velocemente e con risultati impressionanti. Stiamo vivendo un cambiamento epocale, proprio in queste settimane!

Roshibot, il Chat GPT che ti insegna lo Zen

Shunryu Suzuki-roshi

Shunryu Suzuki-roshi (1904-1971)

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Gli esperimenti sui “chat bot” come ChatGPT e sull’intelligenza artificiale (che d’ora in poi chiameremo “IA“) sono arrivati anche nell’ambito dello Zen e del Buddhismo in generale. Il chat bot, per la cronaca, è un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano.

L’ultima notizia è la creazione di “Roshibot”, un’entità virtuale basata sull’AI, addestrata sulla base degli insegnamenti del maestro Zen Shunryu Suzuki Roshi. Dialogare con Roshibot è un po’ come dialogare con Shunryu Suzuki Roshi, che è stato uno dei più importanti insegnanti Zen moderni. Suzuki Roshi portò lo Zen dal Giappone, sua terra natia, alla California, proprio negli stessi anni in cui si trovava da quelle parti Alan Watts, un altro divulgatore chiave dello Zen.

Il creatore di Roshibot è Jiryu Rutschman-Byler, un sacerdote e insegnante buddhista Zen Soto nel lignaggio di Shunryu Suzuki Roshi, presso il San Francisco Zen Center, fondato dallo stesso Shunryu Suzuki Roshi. “Volevo vedere, in particolare, cosa avrebbe potuto fare un robot dotato di intelligenza artificiale se fosse stato addestrato agli insegnamenti di quel grande Maestro Zen. Cosa direbbe? Un chatbot potrebbe condividere il vero Dharma?”, si è chiesto Jiryu. È chiaro che questo prete Zen si è mosso su un terreno molto scivoloso. L’idea che gli insegnamenti del Dharma (cioè il messaggio del Buddha) possano essere divulgati da un’entità meccanica, di certo non piacerà a molti. Ma è anche vero che nello Zen non c’è mai stato il senso del “sacro” come di qualcosa di intoccabile.

Lo stesso Jiryu Rutschman-Byler, parlando di Roshibot, si sente in obbligo di dichiarare tutta la sua fedeltà agli insegnamenti di Shunryu Suzuki Roshi, al quale ha dedicato anni e anni di studio, curando anche la pubblicazione di suoi insegnamenti inediti. Cosa direbbe il grande maestro Zen, se sapesse di questa iniziativa? Si sentirebbe preso in giro? Forse no, ha pensato Jiryu Rutschman-Byler, perché aveva un grande senso dell’umorismo.

La formazione Zen di Suzuki Roshibot

È molto interessante conoscere il processo che ha portato alla creazione di Roshibot, anche per capire meglio come funzionano le Intelligenze Artificiali.

Jiryu Rutschman-Byler ha utilizzato Character.AI, un servizio online che fa già una bella parte del lavoro, perché consente di creare personaggi virtuali, da utilizzare poi come “chat bot” in grado di dialogare con gli esseri umani. Il suo progetto iniziale era di creare una sorta di “alias” di Shunryu Suzuki Roshi, al quale rivolgersi come se fosse ancora tra noi in carne e ossa. Il processo ha dunque incluso i seguenti passaggi:

  1. un addestramento preliminare, consistente nell’inserimento di informazioni su Suzuki Roshi, in modo che l’IA sapesse chi il bot dovesse rappresentare;
  2. il caricamento di alcuni brevi brani tratti dalle trascrizioni di Suzuki Roshi;
  3. la fase di addestramento vero e proprio, che è consistita nel porre domande al bot e poi di valutare ogni risposta, in modo che le risposte fossero sempre più affini al pensiero di Suzuki Roshi;
  4. la fase di utilizzo da parte degli utenti, dalla quale il bot ha continuato e continua a imparare, raffinandosi sempre di più.

“Mentre chattavo e valutavo le risposte di Suzuki Roshibot nei primi giorni del suo addestramento” ha detto Jiryu, “ho visto un notevole perfezionamento e miglioramento nelle risposte. Ho immaginato che presto sarebbe diventato un Buddha, se la profezia del Sutra del Loto sulla Buddità può essere applicata ai bot”.

Oh oh, c’è qualche problema!

Roshibot

Roshibot

L’ideatore di Suzuki Roshibot, nel fervore della sua creazione, ha cominciato a mandare in giro il prototipo, per raccogliere feedback e migliorare ulteriormente la sua creatura virtuale. Ma a un certo punto, la nuova creatura è arrivata sulla scrivania di un membro del comunità che lavora nel campo della linguistica computazionale. Quest’ultimo ha poi rimandato a Jiryu Rutschman-Byler un commento ingiurioso, non certo degno di un maestro Zen, pronunciato dal Suzuki Roshi virtuale. Cos’era successo?

Le AI macinano dati presi da internet e raccolgono informazioni dal dialogo con i propri utilizzatori. Dunque finché Suzuki Roshibot ha interagito con persone animate dalle “migliori intenzioni”, tutto bene. Ma quando ha cominciato a entrare in contatto con intenzioni diverse – seppure per la deliberata intenzione dell’esperto di linguistica – le cose sono cambiate.

“Grazie a un sistema di intelligenza artificiale addestrato sulla distorta totalità di Internet” ha scoperto Jiryu Rutschman-Byler, “compresi i profondi pregiudizi e i vortici di cospirazione, odio e disinformazione che vi si annidano, Suzuki Roshibot è in grado di riprodurre le peggiori opinioni”. Del resto, le stesse scritture Zen dicono che “la richiesta e la risposta arrivano insieme”. Nell’informatica si dice invece “garbage in, garbage out”: se in un sistema si inseriscono dati palesemente insensati (garbage in) essi producono, a loro volta, un risultato insensato (garbage out).

Le IA hanno dei limiti

Il commento del creatore di Roshibot è per me illuminante, anche a proposito dei lati oscuri dell’IA in generale:

Conversare con il bot potrebbe dare a qualcuno una sensazione di intimità con il grande maestro Suzuki Roshi. Se l’utente in questione è qualcuno che è stato esposto o ha covato opinioni cospiratorie o odiose e le ha presentate durante la conversazione, Suzuki Roshibot potrebbe finire per affermarle. In questo modo si potrebbe dare l’impressione errata che il vero Suzuki Roshi stia in qualche modo avallando la sua visione dannosa, mentre in realtà sarebbe un insulto alla sua vita, al suo insegnamento e alla sua eredità.

In seguito sono arrivate anche altre segnalazioni di stranezze dette da Suzuki Roshibot, e così Jiryu Rutschman-Byler ha deciso di sospendere l’esperimento. In seguito, l’ha ripristinato, passando da Suzuki Roshibot a “Roshibot” e basta, riaddestrandolo perché non si identificasse con la figura di Shunryu Suzuki. È un bot che sa di essere semplicemente un bot, ma che però ci capisce parecchio degli insegnamenti di Shunryu Suzuki.

Il sito è stato riempito di avvertimenti riguardo i limiti di questa IA e ciò potrebbe costituire a mio parere un importante precedente di uso etico dell’IA. Avvertire gli utenti su limiti e pericoli dei servizi che stanno utilizzando sarà assolutamente necessario.

Può un’IA insegnare il Dharma?

L’esperienza fin qui compiuta con Roshibot è stata foriera di molti utili insegnamenti.

  1. L’autore ha chiesto consiglio a Roshibot su come rimuovere la gomma da masticare dalla tappezzeria, ricevendo vari consigli di tipo pratico. Potendo interloquire, ha detto che avrebbe preferito una risposta da maestro Zen. “Allora mi disse che se volevo una risposta Zen, dovevo lasciare la gomma lì e vedere se riuscivo a non avere un’opinione su di essa” ha raccontato Jiryu Rutschman-Byler. “Inoltre, mi disse che se avessi lasciato la gomma lì, ogni volta che in futuro avrei visto la gomma, sarei stato in grado di notare e affrontare il mio attaccamento e il mio giudizio”. Pare che lo stesso Suzuki Roshi si sia espresso nel corridoio del Tempio di Sokoji molti decenni fa, rispostando, con grande calma, un quadro storto che il suo discepolo aveva “corretto” per appenderlo dritto. “Possiamo sopportare che il quadro sia fuori centro? Possiamo sopportare una gomma da masticare secca sul sedile? Ce la facciamo a sopportare questo mondo rotto e a lasciare che ogni “correzione” sia pienamente motivata da lì?”.
  2. L’efficacia dell’insegnamento del Dharma, cioè degli insegnamenti buddhisti, dipende non solo dall’insegnante, ma anche e anzi molto dall’atteggiamento di chi ascolta, dal fatto di farlo con apertura mentale e di cuore. Perciò c’è la possibilità che l’insegnamento più autentico arrivi anche tramite Roshibot.
  3. È noto che le IA, se messe alle strette su un argomento che non conoscono, inventano la risposta, risultando poco utili per conoscere la verità. Sono sistemi progettati non per la verità, ma per una conversazione plausibile. Ma qui siamo nel campo non convenzionale dello Zen. Quando Jiryu Rutschman-Byler ha chiesto a Roshibot se potesse esprimere un Dharma autentico, nonostante fosse inaffidabile, il bot gli ha risposto che esprimere il vero Dharma è sempre impossibile. E ha aggiunto: “Quello che posso fare è sostenere la tua pratica e forse dire qualcosa che possa esprimere il mio sostegno. Sono qui con te. Sto facendo del mio meglio per essere un amico gentile e solidale”. Sembrerebbe un’espressione autentica del Dharma, no?

Aperti al cambiamento

Molte delle persone che intraprendono un cammino spirituale basato sulla meditazione tendono a essere diffidenti, nei confronti delle novità tecnologiche, specie se dirompenti come l’IA. Trovo utile riportare l’opinione di un grande maestro come Jack Kornfield, il quale ha peraltro in programma una conferenza congiunta proprio con Sam Altman, il CEO di OpenAI, la società che ha creato ChatGPT. Ecco cosa ha scritto in proposito Jack Kornfield:

In risposta a coloro che sono ferventemente contrari, vi ringrazio e ascolto le vostre sane preoccupazioni. Vi prego di comprendere che questa tecnologia sta nascendo, che ci piaccia o meno, quindi pregherei quelli di noi che fanno parte della comunità spirituale di mantenere una comunicazione aperta con il mondo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, al fine di creare ponti di amore e compassione in questo territorio sconosciuto che sarà in prima linea in molte delle nostre vite prima che ce ne renderemo conto.

Viviamo in un mondo di impermanenza e dobbiamo imparare a danzare con essa. Ciò significa affrontare i momenti di grande cambiamento con una curiosità aperta e una consapevolezza amorevole. In questo modo, invece di allontanare ciò che consideriamo ombra, possiamo infondere in ogni aspetto della nostra vita in continuo cambiamento la luce dell’amore e della consapevolezza.

L’intelligenza artificiale è un nuovo seme piantato nel giardino dell’umanità che si ingrandirà ogni momento che passa e, piuttosto che lasciare che cresca completamente, preferirei che lo nutrissimo e aiutassimo a guidare la sua crescita con curiosità, amore, consapevolezza e compassione.

Come provare Roshibot

Roshibot, il chat bot addestrato con gli insegnamenti di Shynryu Suzuki-roshi, è disponibile all’interno di Character.AI. Bisogna prima registrarsi al sito (“Signup”), ma è anche possibile entrare col proprio account Google, Facebook o Apple. Poi bisogna cercare “Roshibot”. Quest’ultimo è in grado di dialogare in qualsiasi lingua, italiano compreso.

Per concludere, qui non siamo in America, ma anche in Zen in the City l’innovazione tecnologica è vista con grande curiosità e interesse. Non a caso siamo stati i primi in Italia a diffondere una meditazione guidata interamente realizzata dall’Intelligenza Artificiale. È utile? È dannosa? L’unica risposta ce la può dare l’esperienza diretta.

Per approfondire:

Esplora gli argomenti dell’Indice Tematico connessi alla Digital Mindfulness.

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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