La mascherina antivirus migliora la consapevolezza del respiro

mascherina respiro consapevole

La mascherina antivirus, che molto di noi vivono come un fastidioso mezzo di costrizione, può diventare un autentico strumento di liberazione, grazie alla sua capacità di far emergere ed eventualmente aumentare la consapevolezza del respiro. Ci sono diversi tipi di mascherine in circolazione – come abbiamo imparato tutti – che vanno dalle leggerissime chirurgiche monouso (ahinoi!) alle ultra-protettive FFFP3. Ciascuna ha un grado diverso di rallentamento del flusso dell’aria, ma tutte hanno in comune un effetto di affaticamento del respiro. Per chi porta gli occhiali, diventa addirittura più difficile vedere. Per il mio uso personale, ne ho trovata una molto comoda, che consente anche di inserire filtri PM2.5 se la situazione è particolarmente a rischio. Filtri di quel tipo proteggono anche dall’inquinamento urbano, non dimenticando che il Covid si è diffuso proprio in misura proporzionale all’inquinamento dell’aria nei diversi territori, un argomento di cui si è parlato veramente molto poco, in questi mesi.

Quando respirare diventa più difficile

Cosa succede quando respirare è più difficile? Avviene un fenomeno molto, molto importante: cominciamo a vedere qualcosa che prima sembrava nascosto, ma c’era sempre stato, solo che noi eravamo a mala pena in grado di accorgerci sella sua presenza. È il respiro. Ci accorgiamo del respiro, il flusso continuo che ci tiene in vita e che diamo per scontato. Il respiro è una funzionalità gratuita che abbiamo ricevuto in dotazione dalla nascita, sentendoci così in diritto di ignorarlo per tutto il resto dell’esistenza. Ce ne accorgiamo solo quando viene a mancare, e a volte è persino troppo tardi, perché potrebbe trattarsi proprio dell’ultimo respiro. O persino dell’ultimo mezzo respiro, perché la nostra vita non può che concludersi con un’espirazione, l’estremo, definitivo lasciare andare.

Il mio consiglio è di non aspettare proprio quell’ultimo momento, per diventare consapevoli del proprio respiro. La mascherina antivirus è qui a ricordarcelo. Dovremmo anzi essere grati al coronavirus per avere irrotto nelle nostre vite. Grazie a questo esserino – che potremmo definire il più famoso microorganismo della storia – siamo in grado di compensare con una maggiore consapevolezza la tanta sofferenza che esso ha prodotto. Portare più consapevolezza nel mondo, a partire da se stessi, è una grande missione, perché la consapevolezza porta saggezza e capacità di visione profonda. La saggezza ci fa prendere le decisioni più opportune e la visione profonda di fa vedere le cose per quello che sono veramente. E in questo momento storico c’è più che mai bisogno di verità. Tanto per dirne una, se ci fosse un po’ di amore per la verità, si parlerebbe quasi esclusivamente del problema più grade di tutti, che è la crisi climatica ed ecologica, la quale è peraltro proprio una delle cause principali di diffusione del Covid. Ma se c’è bisogno di verità, oltre a scendere in piazza per dire al Governo di dire ai cittadini come stanno veramente le cose, dobbiamo cominciare da noi stessi, e possiamo farlo con in respiro consapevole.

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Gli effetti della mascherina sul respiro

Quando respiriamo con la mascherina, diventiamo consapevoli del respiro in due modi diversi:

  • ci accorgiamo di provare un certo disagio, perché il respiro diventa più corto e superficiale;
  • percepiamo l’inusuale sensazione del calore dell’alito contro il nostro stesso viso.

Questo tipo di movimento è molto diverso dal praticare il respiro consapevole come tecnica di meditazione. Nel caso della mascherina, infatti, partiamo da una sensazione spiacevole per entrare in uno stato di consapevolezza. È un po’ come quando, completamente presi dalle occupazioni della vita, ci ammaliamo e così ci accorgiamo di avere un corpo. La reazione successiva è di solito quella di cercare un farmaco che ci consenta di dimenticare questa spiacevole realtà, per continuare a occuparci delle nostre cose. In ogni caso, cerchiamo di allontanare in qualsiasi modo la sensazione spiacevole del dolore, nell’ipotesi che l’unica condizione accettabile della vita sia quella nella quale non proviamo alcun disagio. Pur essendo un’ipotesi del tutto assurda, è proprio quella su cui ci basiamo di continuo.

Nel caso del praticare il respiro consapevole avviene l’opposto. Partiamo da una situazione neutra e ci mettiamo in una condizione di osservazione equanime. Non sto parlando di fare un esercizio di respirazione, come quello che potrebbe fare, ad esempio, un atleta o un attore per migliorare le proprie prestazioni. E neanche di pratiche di respirazione come quelle yogiche del pranayama. In quei casi, ci mettiamo in una condizione di controllo del respiro. Nella respirazione consapevole, invece, lasciamo che il respiro avvenga. Perché una sua caratteristica è proprio quella di avere una doppia natura: di fenomeno che avviene in maniera del tutto autonoma, ma anche che può essere controllato o alterato volontariamente.

Cosa cambia con la consapevolezza del respiro

Se ci poniamo in una condizione di semplici osservatori, nel confronti del respiro, cambia tutto. Creiamo i presupposti perché avvenga una vera e propria rivoluzione, nelle nostre vite, per almeno cinque motivi diversi.

  1. Osservando il respiro, ricolleghiamo la mente al corpo e quindi riunifichiamo ciò che è sempre stato un’unica cosa ma che noi, con la nostra concezione dualistica della realtà, siamo abituati a vedere come due cose distinte, se non addirittura agli antipodi. Questa è l’eredità culturale che ci costringe, dalla quale non possiamo liberarci per via intellettuale, ma semmai proprio con la diretta osservazione della mente e del corpo.
  2. Stando con il respiro, ci mettiamo in contatto con il momento presente. Seguendo il respiro in ogni suo ciclo, senza pensare ad altro, rimaniamo ancorati a ciò che sta accadendo nel momento presente. Di solito le cose vanno molto diversamente, perché i nostri pensieri sono rivolti di continuo al passato o al futuro, diventando fonti costanti di sofferenza auto-inflitta. Il respiro ci riporta con l’unica cosa veramente reale, che è il presente.
  3. Osservando il respiro, possiamo vedere anche le nostre emozioni, le quali si manifestano sempre attraverso il corpo e molto spesso proprio come alterazioni della respirazione. Consiglio di fare questo esperimento. La prossima volta che provi un’emozione di qualsiasi tipo – che sia ansia, paura, gioia, commozione, ecc. – fermati un attimo a osservare le sensazioni del corpo. Constaterai subito qualcosa di particolare nella zona del torace e un qualche tipo di respirazione inusuale. A forza di stare a contatto col respiro, riconoscere e capire le tue emozioni diventerà sempre più facile.
  4. Grazie alla respirazione consapevole, impariamo come calmare la mente e dunque entrare in contatto con quella che nello Zen viene chiamata la Grande Mente, e che i buddhisti tibetani chiamano la dimensione della “mente nel suo stato naturale”. È il raggiungimento di uno stato di consapevolezza superiore, ma non più di tanto, nel quale vediamo la reale natura “grandiosa” della mente, che tutto è in grado di assorbire senza sconvolgersi. Un paragone che viene fatto è quello della manciata di sale che, se messa in una tazza d’acqua, rende l’acqua imbevibile, se gettata in un grande lago non crea alcuna alterazione sensibile. Così è per la mente di fronte alle difficoltà della vita.
  5. La consapevolezza del respiro è una vera e propria forma di meditazione. Anzi, è una delle più importanti, descritta dal Buddha in persona nel Sutra sulla Piena Consapevolezza del Respiro (Anapanasati Sutta). In questo discorso, viene detto che questa pratica serve anche a creare le condizioni per forme di meditazione più avanzate, come la Vipassana.

Ma che ci si voglia dedicare o meno a pratiche come la meditazione Vipassana, la consapevolezza di stare respirando è già di per sé una conquista enorme, in grado di cambiarci radicalmente la vita. Non sto esagerando. E la cosa divertente è che, quando ce ne accorgiamo, non stiamo lì ad autocompatirci con pensieri del tipo “che stupido che sono stato a non essermene accorto prima!”. Perché il respiro consapevole ci rende anche più consapevoli di quello che siamo e della nostra natura di esseri soggetti a un numero infinito di condizionamenti. A di là di concetti inutili come merito e colpa, giusto e sbagliato, buono e cattivo.

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"Questo libro è stato il mio primo contatto con lo zen. Per me che sono appena approdata in questo mondo è stato una rivelazione, perché parla di pratiche quotidiane che non necessitano di particolari conoscenze, ma che aiutano a vivere la vita in modo più sereno. è un libro alla portata di tutti, esordienti e esperti. è bello potercisi affidare in davvero molti momenti della giornata, perché nel libro si riesce a trovare la giusta…
Paolo Subioli

Ho scritto questo libro per condividere ciò che ho imparato nell’ambito della mia pratica quotidiana, grazie agli insegnamenti dei maestri, ma anche e soprattutto dell’esperienza diretta.

[La foto è di Anna Shvets, Russia]

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Paolo Subioli

Insegno meditazione e tramite il mio blog Zen in the City propongo un’interpretazione originale delle pratiche di consapevolezza legata agli stili di vita contemporanei.

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2 risposte

  1. Giorgio TM ha detto:

    Grazie Grazie Paolo del tuo scritto su “La mascherina antivirus migliora la consapevolezza del respiro” Lo ho trovato molto chiaro, illuminante e stimolante

  2. Bruno ha detto:

    tenuto conto che oggi il bavaglio viene imposto per diverse ore di seguito a bambini e ragazzi, viene fatto indossare persino da persone che compiono attività fisica intensa; ad anziani già in cattive condizioni, con grave pregiudizio della loro salute, in montagna, in campagna, ecc. ,tenuto conto che è al contrario più un mezzo di diffusione del virus che di prevenzione, tenuto conto delle patologie di vario tipo che l’indossare questa cosa per lungo tempo può provocare, trovo questo articolo vergognoso.
    Certo, possiamo sempre dire che siamo grati a uno che ci fucila di renderci consapevoli del momento della morte, ma mi pare un po’ forzato.

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