Andrà tutto bene? C’è solo una cosa in cui possiamo sperare veramente

Andrà tutto bene? La frase della speranza, in questi tempi difficili di epidemia di coronavirus, si è diffusa in tutta Italia con una rapidità paragonabile a quella del virus stesso. Tutto è cominciato con la veloce diffusione, in Lombardia, di post-it con scritto “andrà tutto bene” e il disegno di un cuoricino, attaccati ovunque. Poi in tutto il Paese hanno dilagato disegni e striscioni con l’arcobaleno, per diffondere un messaggio di speranza in questo momento così duro.
Io non credo che andrà tutto bene. Non c’è proprio nulla che lo faccia pensare. Ci saranno tanti morti in tutto il mondo, i sistemi sanitari stanno collassando, milioni di persone in Italia perderanno il lavoro, l’Unione Europea è a rischio, dovremo rinunciare per tanto tempo a molti divertimenti. Inoltre sarà più difficile contrastare un problema molto più importante, quello della crisi climatica, perché non ci saranno soldi per riconvertire i sistemi di approvvigionamento energetico.
Speranza e paura vanno sempre insieme
Non ci sono molti motivi per sperare, ma va bene così. La speranza è un sentimento molto insidioso, che ha sempre come risvolto la paura. Speranza e paura vanno sempre insieme. Sono due facce della stessa medaglia. L’ho imparato da una grande maestra come Pema Chödrön, che ci invita costantemente a fare esperienza diretta della realtà per quello che è veramente. Sentite cosa dice nel suo libro “Se il mondo ti crolla addosso”:
Nel mondo della speranza e della paura, abbiamo sempre bisogno di cambiare canale, cambiare temperatura, cambiare musica, perché qualcosa diventa inquieto, qualcosa diventa irrequieto, qualcosa inizia a far male e continuiamo a cercare alternative.
Quello della speranza è un atteggiamento di non accettazione della realtà. Sia il sentimento della speranza che quello della paura derivano dal sentire che ci manca qualcosa, “provengono da un senso di povertà”, dice Pema. Va a finire che “ci attacchiamo alla speranza e la speranza ci deruba del momento presente”. È come se in noi mancasse qualcosa.
Pema Chödrön ci invita addirittura ad attaccare sulla porta del frigo la scritta “Lasciate ogni speranza” (“Abandon Hope“). Sì, proprio lo stesso avvertimento che campeggia sopra la porta dell’inferno, così come lo ha descritto Dante. Può sembrare terribile, come sembrò terribile al poeta fiorentino l’ingresso negli inferi. Ma non è affatto un atteggiamento negativo. È solo un prendere atto della realtà.
Tutta la psicologia buddhista si basa sulla presa d’atto della realtà. È la più bella eredità che ci ha lasciato questa tradizione. La “prima nobile verità” del buddhismo, che è proprio uno dei fondamenti di questa filosofia, ci dice che nella vita le occasioni per soffrire non mancano mai. Sappiamo che invecchieremo, che ci ammaleremo, che perderemo le persone e le cose più care, che prima o poi moriremo. Lo sappiamo. Eppure non riusciamo ad accettarle. La nostra sofferenza esistenziale deriva proprio da questo.
Non andrà tutto bene
A cosa serve sperare? Dobbiamo sperare di non invecchiare, non ammalarci, mai, non perdere alcuna delle persone o le cose a cui teniamo, non morire? Sarebbero speranze prive di fondamento. Siccome lo sappiamo, preferiamo non parlarne, ma viviamo tutta la vita nella paura che queste cose ci succedano veramente. Perché poi succedono. Non andrà tutto bene. Allora tanto vale attrezzarsi per essere in grado di affrontarle.
Pensate a come sarebbe se affrontassimo i problemi ambientali con un “andrà tutto bene ❤️”. Di fatto lo stiamo facendo. Sono in atto cambiamenti climatici catastrofici, si estinguono ogni giorno 200 specie viventi, siamo cioè sull’orlo dell’abisso, e continuiamo ad andare avanti come se andasse tutto bene. Ma è un atteggiamento che porterà una quantità di sofferenza enorme, se non lo cambiamo al più presto, sostituendo la speranza fine a se stessa con la responsabilità. Ai cuoricini preferisco i teschi esibiti dal movimento Extinction Rebellion. Quelli mi danno qualche speranza.
C’è una bella (per modo di dire) pratica tradizionale, le cinque rimembranze, che consiste proprio nel ricordarci ogni giorno le cinque cose inevitabili che ci fanno più paura: invecchiare, ammalarsi, morire, perdere persone e cose care, subire le conseguenze delle nostre azioni. Ricordandocene ogni giorno, invece di fare finta di niente, indebolisce la nostra paura.
Ecco, di fronte a qualcosa di spiacevole che potrebbe accadere, è meglio non alimentare la speranza. O per lo meno la speranza che le cose vadano diversamente. Se c’è una speranza che dobbiamo nutrire, è quella di essere in grado di affrontare le difficoltà che verranno. Per affrontare le difficoltà, dobbiamo imparare a guardare la realtà con equanimità. Ogni cosa che succede è sempre dovuta a una serie di cause e condizioni che l’hanno determinata. “Questo è perché quello è“, ha insegnato il Buddha. Sono quasi sempre fattori molto complessi, che riguardano un enorme numero di persone e cose, del nostro tempo e del passato. Possiamo solo prenderne atto e capire, di volta in volta, qual è la risposta più adeguata.
Così è per l’epidemia del coronavirus e per la clausura forzata di queste settimane. Ciò a cui assistiamo sta succedendo per una serie di cause e condizioni che si sono già verificate e che si stanno verificando. Ci saranno molte conseguenze, non necessariamente tutte negative. Prendiamone atto e cerchiamo di capire qual è la risposta più saggia, i comportamenti più adeguati che dobbiamo mettere in atto, sia a livello individuale che collettivo.
Propongo di creare una nuova serie di post-it, stavolta con scritto “Ci saranno un sacco di problemi”. In questo modo, invece di farci prendere dal panico per ciò che potrebbe succedere, possiamo cominciare a prepararci per affrontarli, i problemi che verranno.
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Ciao Paolo ho letto con molto interesse il tuo articolo. E mi trovo complessivamente d’accordo con te, e a quello che pratica o meglio che invita a praticare Pema: io lo comprendo. Lo comprendo nel profondo, ma della mia anima tormentata, e soprattutto con la consapevolezza che quanto si chiede a un comune essere umano è quello di non coltivare l’unica pianta che sembra potergli dare un fiore. Non è una scorciatoia per la pace coltivare la speranza, probabilmente però questo tuo articolo è rivolto ai meditanti a chi sa gestire emozioni e trovare nella presenza mentale e nella realtà, la pace, però in questo momento di questa drammatica e difficile vicenda che sta colpendo tutta l’umanità, a me vengono in mente sempre più spesso, tutte quelle persone che sono prive di risorse materiali emotive affettive e fisiche.Questa settimana ho avuto l’influenza. Mi sono preoccupata ora sto meglio. Mio marito si è preso cura di me, ci siamo isolati in casa con le mascherine perché abbiamo una casa abbastanza spaziosa. Sono nonostante tutto, una persona fortunata. In questo momento ogni giorno non posso far altro che pensare a tutti coloro che alla loro abituale vita di privazioni ha aggiunto nuove privazioni. Sono convinta che lo sappiano tutti chi più chi meno, che non andrà tutto bene. Ognuno di noi è portatore di una storia e di una sensibilità diversa. Proprio questa mattina una mia amica che da quanto è cominciata la quarantena sta tenendo gratuitamente tre volte al giorno delle sessioni di yoga, ci ha invitato a condividere un pensiero: “in ogni caso la speranza porta più lontano della paura”. Perché la paura ci blocca mentre la speranza ci offre perlomeno la forza di prendersi cura di noi. Comunque quello che volevo dire è che non penso che ci siano verità assolute, penso profondamente che quello di cui abbiamo tutti bisogno sia la capacità di trasformarsi di cambiare pensiero, di flettersi e di aprirci a tutto. Grazie Paolo per tutto quello che fai e che scrivi.
Buona giornata, ho dei dubbi, hai ragione o dovrei dire “il Buddismo Zen ha ragione” per quanto riguarda la speranza ma non siamo abbastanza pronti ad accettare tutto quello che ci dovrà accadere per forza di cose, specialmente in questo periodo che siamo chiusi in casa o soli o con qualche familiare.
Penso che i dubbi senza nessuna persona che possa aiutarci potrebbero portarci a stare molto peggio di cosi. Ci sono stati suicidi per la paura di questa pandemia, tu sai che la cosa che più fa paura all’essere umano è quello che non si capisce che non si conosce… insomma ho dei forti dubbi sul fatto che essere negativi sia un bene e come possiamo prendere coscienza ora e in questa situazione? Posso capire che tutto é più facile se si pratica il Buddismo ma non è per tutti così.
Grazie di cuore
Pina