Cos’è lo Zen? Una varietà di cibo
Il maestro zen Thich Nhat Hanh è tornato di recente sul tema del cibo, con un discorso molto interessante, di cui vi propongo una breve sintesi. Il tema è quello del mangiare consapevole come forma di meditazione, al pari della meditazione seduta e di quella camminata. Ma emerge anche una curiosa definizione dello Zen come “un tipo di cibo”, una forma di alimentazione. Vediamo cosa significa.
Mangiare, ci dice Thich Nhat Hanh, non è solo un modo per nutrire il nostro corpo, ma anche la nostra mente. Perciò il pasto – qualsiasi pasto nel corso della giornata – dev’essere un momento di felicità, reso possibile dalla scelta di alimenti salutari e da una preparazione accurata.
Il cibo è un’opera d’arte
Quando prepariamo il cibo, dobbiamo farlo con arte, in modo tale che la gente lo possa gustare col corpo e con la mente, allo stesso modo in cui si gusta un’opera d’arte. La stessa cosa vale per quando siamo seduti, per quando camminiamo, così come per quando mangiamo. Ogni cosa dev’essere un’opera d’arte. Ma com’è possibile riuscirci?
Prima di mangiare, dobbiamo guardare al cibo con profondità. Cosa questo significhi lo ricaviamo da altri insegnamenti di Thich Nhat Hanh. Vedere, ad esempio, come attraverso il cibo possiamo entrare in contatto con l’intero universo: il sole che ha reso possibile la crescita delle piante, l’acqua, le nuvole, il lavoro dell’agricoltore, il nutrimento che gli ha dato sua madre, ecc.
Mangiando, dobbiamo essere presenti: presenti per noi stessi, presenti per il cibo, presenti per la gente attorno a noi. Dobbiamo essere determinati a mangiare in modo tale da sentirci molto rilassati. L’essere rilassati è una condizione su cui il maestro ritorna più volte. È la condizione indispensabile per entrare in contatto con la gioia e la felicità del momento presente.
Inoltre, se mentre mangi la tua mente è occupata da preoccupazioni, ansie o progetti, o è comunque altrove, il cibo che ti appresti a mangiare è vuoto, privo di sostanza. Se invece mangiare diventa per te un momento di pratica, se riesci a lasciare andare l’ansia e le preoccupazioni, e a guardare in profondità alla cura e all’amore che c’è dietro al cibo, il tuo pasto si trasforma in un momento di relax, e puoi vedere la “fratellanza” che c’è attorno alla tavola. Puoi vedere la profonda connessione con la gente attorno a te, che è qui per condividere la gioia e la felicità della pratica. In una “presa di coscienza collettiva” della presenza reciproca.
Lo Zen è un tipo di cibo
Andando avanti nel discorso, Thich Nhat Han dice che lo Zen è un tipo di cibo (“a kind of food”). Che dobbiamo usare la pratica dello Zen come una forma di alimentazione. Ogni tipo di pratica è come un cibo: camminare, sedersi, oltre a mangiare. Il linguaggio è quello un po’ paradossale dello Zen, ma in sostanza non dice niente di strano. Visto che ciò che consumiamo – sia col corpo, sia con la mente, determina le caratteristiche del nostro corpo e il contenuto della nostra mente, quindi ciò che siamo, praticare lo zen significa curare con estrema attenzione – sia nella scelta, sia nelle modalità – ogni cosa che “consumiamo”.
Infine è importante che sappiate che questa sintesi rappresenta un’interpretazione un po’ libera, dal momento che il discorso originale era stato tenuto in vietnamita e io ho potuto ascoltare solo la traduzione simultanea in inglese, scaricabile dal web. La mia è perciò la traduzione di una traduzione. Mi sembra però coerente con gli altri insegnamenti di Thich Nhat Han.
Zen is Eating – Registrazione della traduzione del discorso in inglese (mp3)
[Ringraziamenti: al sitoThich Nhat Hanh Dharma Talks, per aver reso disponibile la registrazione audio del discorso] [La foto è di Randen Pederson]You need to login or register to bookmark/favorite this content.
Grazie.Quanto dici mi sembra di riscontrarlo sul volto del mio nipotino di quattro anni,
quando si accosta al suo cibo.
Curiosità e serietà e consapevolezza di ciò che sta per accadere.Estraneità,anche per tutto ciò che lo circonda.Poi, depone la forchetta,parla con noi ride gioca con noi,per poi riprendere, con serietà,di nuovo, contatto con il cibo.
Navigando fra le onde del web mi sono piacevolmente incagliato in questo bel blog.
Scrivo per passione con lo pseudonimo di Josè Pascal (figlio del fu Mattia Pascal e Ederì Buendìa discendente del grande colonnello Aureliano Buendía).
Ti invito a visitare la mia scatola http://parolesemplici.wordpress.com/mytinbox/
ed eventualmente collaborare.
Se un giorno vorrai una lettera mi invierai a inparolesemplici@gmail.com
buona vita e a presto spero
Paolo Sono Giancarla che ora vivo a Torino . Come sai faccio ricorso alle tue guide per la meditazione . Ne avevo salvata una sul mio desk intitolata Meditazione dell’amore e aprendola ho trovato a sorpresa la sigla Amici di Kosen Rufu che sono per l’appunto quelli della Soka Gakkai . Mi sembra una bella invadenza . Fammi sapere per favore . Un caro saluto