I 7 chakra non sono proprio una ‘fake news’, ma quanto meno una rielaborazione dello yoga moderno
Il sistema dei 7 chakra, nell’ambito del cosiddetto “corpo sottile“, costituisce oggi uno dei principali fondamenti teorici dello yoga. Esso è comunemente accettato da chi insegna e da chi pratica lo yoga, seppure con sfumature anche molto diverse tra loro. Ai chakra vengono attribuiti molti significati, ma con un grande equivoco di fondo. Si ritiene infatti che l’attuale sistema dei chakra derivi da antiche tradizioni indiane, come del resto tutto lo yoga. In questo articolo vedremo che non è affatto così.
Avevamo già visto, grazie a Edoardo Beato, come lo yoga moderno condivida solo il nome, con quello anticamente praticato in India, perché per il resto non c’entra quasi nulla. Fino all’epoca moderna, delle āsana non c’era praticamente traccia, perché essere uno jogin significava sedersi e concentrarsi essenzialmente sulla respirazione (pranayama). Un altro studioso, Marco Passavanti, ci svela oggi l’inconsistenza di uno degli assunti di fondo: il modello del corpo sottile, o corpo “yogico”, basato su una sovrapposizione con il corpo fisico di elementi come i chakra, le nadi o il kundalini.
Il corpo sottile, cos’è?
“Gli elementi del corpo sottile o corpo yogico compaiono per la prima volta nelle tradizioni yogiche tantriche, elaborate a partire dal VI-VII sec. d. C circa”, dice Passavanti. Ma di “canali” che attraversano il corpo, di cui uno lungo il suo asse verticale, si parlava già nel primo testo noto riguardante lo yoga, il Katha Upanishad (III sec. a. C.). Nella tradizione tantrica il corpo yogico viene concepito come una struttura composta da una fitta rete di canali (nāḍī) in cui si muovono i soffi vitali. A questi si aggiungono una serie di plessi, detti “ruote” (chakra), dislocati lungo il canale mediano (suṣumnā).
Questo sistema di canali e ruote è comunemente noto come “corpo sottile”, ma secondo Passavanti è una definizione impropria, perché il concetto indiano di corpo sottile (sūkṣmaśarīra) è tutta un’altra cosa. Ad esempio nella Bhagavad Gita, uno dei più importanti testi sacri indiani, i corpo sottile è composto dalla mente, dall’intelligenza e dall’ego, che controlla il corpo grossolano, cioè il corpo fisico. Perciò sarebbe meglio parlare di “corpo immaginale“.
[amazon_link asins=’8893191849′ template=’ProductAd’ store=’zeninthecit06-21′ marketplace=’IT’ link_id=’4ad2a0a7-fa50-482a-86d9-fcbd47105cac’]”Nelle tradizioni tantriche più antiche”, dice Passavanti, “il sistema dei chakra e delle nadi non va inteso come una realtà a sé stante. Secondo questa visione, non possiamo affermare di ‘avere dei chakra’, ma possiamo piuttosto evocare, attraverso il rituale e la meditazione, una struttura immaginale, secondo modalità rigidamente codificate”. Tale operazione era di solito eseguita in un contesto esoterico, dove l’adepto si sforzava di interiorizzare nel proprio corpo una certa visione teologica e cosmologica, che era quella del proprio guru di rifermento. “L’ascesa della kuṇḍalinī attraverso il canale centrale e la perforazione dei vari cakra dislocati lungo di esso (ciascuno associato a una divinità, a un mantra, a un elemento, eccetera) costituivano un modo di ‘incarnare’ la tradizione stessa nel proprio corpo, e di realizzare una serie di scopi, anch’essi sanciti dalla tradizione di appartenenza”.
“Questo modo di intendere il corpo yogico in senso immaginale contrasta fortemente con la visione esposta in una certa vulgata contemporanea”, ammonisce lo studioso, “dove i cakra sono considerati in molti casi strutture sottili innate, e vengono spesso reinterpretati alla luce della fisiologia moderna”.
I chakra e il corpo sottile nell’Hatha yoga
La struttura fondamentale del corpo yogico è stata adottata in modo particolare dalla tradizione dell’Haṭha yoga classico, che conobbe una straordinaria fioritura tra il XIII e il XVIII secolo. L’Haṭha yoga – inteso come lo yoga che si avvale di metodi basati sulla forza (haṭha) – privilegia l’impiego di posture (āsana), di tecniche respiratorie (kumbhaka) e di elaborate manovre corporee dette ‘sigilli’ (mudrā). Queste tecniche hanno lo scopo di convogliare il prāṇa nel canale mediano e di risvegliare la forza serpentina (kuṇḍalinī) assopita alla base della colonna vertebrale, sospingendola in alto attraverso i vari cakra, fino a raggiungere la volta cranica. “Questa tradizione, con la sua insistenza sul lavoro corporeo e sull’impiego di tecniche psicofisiologiche”, spiega Marco Passavanti,”costituisce la base dello yoga posturale moderno e contemporaneo”.
Un’enorme accelerazione nella trasformazione dello yoga si è avuta nel periodo coloniale (XIX secolo), quando si è sviluppato uno yoga incentrato quasi esclusivamente sulle posture. Una figura chiave in questo senso è stata Tirumalai Krishnamacharya (1888-1989), la cui interpretazione in chiave prettamente posturale dell’Haṭha yoga è da considerarsi il fondamento di tutto lo yoga contemporaneo, secondo Passavanti. Lo stile di pratica proposto da Krishnamacharya sarebbe stata il frutto di una fusione con altre forme di cultura fisica, soprattutto la ginnastica proveniente dal Nord Europa, e dunque dai colonialisti inglesi. In questo incontro avrebbe giocato un ruolo fondamentale la volontà di Krishnamacharya di creare una forma squisitamente indiana di cultura fisica, ovvero una ginnastica “tradizionale” da contrapporre orgogliosamente agli sport e alle forme di cultura fisica importate dall’Occidente.
I chakra e il corpo sottile in epoca contemporanea
Se l’Hatha yoga, che è la forma di yoga oggi più praticata, deve la sua fortuna al nazionalismo indiano di epoca coloniale, lo yoga contemporaneo è frutto di un incontro tra Oriente e Occidente. In questo incontro, al modello del corpo yogico o immaginale proprio delle tradizioni tantriche e dell’Haṭhayoga classico, si affiancano oggi almeno tre modelli fondamentali, secondo Marco Passavanti:
- il modello occultistico, tipico di alcune tradizioni esoteriche occidentali;
- il modello biomedico così come concepito dalla scienza moderna;
- il modello “eclettico” della New Age, che attinge liberamente al vasto patrimonio delle dottrine esoteriche, delle pseudoscienze e delle terapie alternative, cercando al contempo una legittimazione da parte della scienza.
Molti dei fondamenti dello yoga moderno derivano da idee esoteriche occidentali, rese popolari nelle opere di Swami Vivekananda (1862-1902), il quale ebbe modo di entrare in contatto con diversi gruppi occultistici e con le tradizioni esoteriche allora più in voga. Ma anche con il New Tought americano, un insieme di idee e di pratiche basate sull’assunto che sia l’individuo l’unico responsabile della propria vita e che il potere della volontà e del pensiero sia più forte di qualunque circostanza esterna. In linea con questa idea di armonia spirituale, psichica e somatica, in quest’epoca nascono diverse forme di cultura fisica e terapie, come la chiropratica e l’osteopatia. Esse mirano a ripristinare un allineamento del corpo, che condurrebbe a un flusso armonico della “forza vitale”.
[amazon_link asins=’887305644X’ template=’ProductAd’ store=’zeninthecit06-21′ marketplace=’IT’ link_id=’c00890e1-24bf-4532-a03a-d40449bc20c2′]Il New Tought è stato a sua volta influenzato dalle opere del medico tedesco Franz Anton Mesmer (1734-1815), che introdusse il concetto di magnetismo animale. In base a tale principio, esisterebbe un fluido fisico sottile che pervade l’universo connettendo l’uomo, la terra e i corpi celesti, ma anche gli uomini gli uni con gli altri. Il lavoro da fare consisterebbe dunque nel ripristinare l’equilibrio di tale fluido. Vivekananda riprese concetti simili, affermando che la nostra mancanza di armonia e di sensibilità ci impedisce di percepire questa dimensione sottile innata. “Vivekananda utilizza il termine prāṇa arricchendolo di nuove sfumature, ispirate direttamente alle dottrine mesmeriche”, ha detto Passavanti in un intervento presso la sede di Spaziocorpo a Roma. “Questa sua nuova interpretazione è di capitale importanza per tutto lo yoga contemporaneo, in modo particolare per quelle forme di yoga posturale che insistono sul lavoro corporeo”. A ben guardare, quando nello yoga di oggi si parla di “energia”, spesso non si fa che riproporre, più o meno consapevolmente, le definizioni coniate da Vivekananda.
Ma l’attuale popolarità delle concezioni riguardanti il corpo sottile, ha spiegato Passavanti, è dovuta in gran parte al contributo della Società Teosofica nel tardo XIX secolo e nella prima metà del XX. Quest’ultima ha avuto anche un influsso sul movimento New Age emerso a cavallo degli anni sessanta e settanta del XX secolo, molto significativo per lo yoga.
Il valore dei chakra oggi
I chakra sono oggetto d’interesse crescente. Essi oggi vengono concepiti principalmente come realtà “energetiche” non ben definite e di fatto ciascuno è lasciato libero di intenderli come meglio crede o “sente”. In alcuni casi, l’equilibrio di alcuni chakra può venire compromesso, manifestando una serie di sintomi che non coinvolgono soltanto la dimensione fisica dell’individuo, ma anche quella emotiva e psichica. Si stene infatti spesso parlare di “chakra bloccati”. In questo caso è possibile intervenire con opportune tecniche volte a ripristinarne l’equilibrio. Tra insegnanti e praticanti vengono comunemente accettate corrispondenze tra chakra, gangli nervosi e ghiandole del sistema endocrino, dunque tra l’energia “sottile” e gli aspetti “grossolani” del corpo fisico.
Ad ogni chakra i diversi insegnanti attribuiscono un’ampia gamma di corrispondenze con elementi, colori, suoni, carte dei tarocchi, pietre preziose, erbe, arcangeli, divinità hindu e pagane, cibi, pianeti, eccetera. “Tali corrispondenze sono del tutto assenti nelle descrizioni tradizionali dei chakra presenti nei testi indiani”, ammonisce Passavanti.
Particolarmente popolare è l’interpretazione in senso psicologico dei chakra, che si deve niente di meno che a Carl Gustav Jung, uno dei due pardi della psicanalisi. Curiosamente, la visione di Jung è all’origine di tutte le successive interpretazioni New Age, le quali a loro volta hanno poi influenzato i maestri indiani. Ma del resto dobbiamo fare pace con una realtà di fondo: il fatto che lo yoga moderno viene di fatto elaborato in Occidente, per poi tornare trasformato in India.
Insomma, dobbiamo crederci o no?
Alla fine di questa breve esposizione, si potrebbe essere tentati di liquidare i 7 chakra, o per lo meno la loro attuale interpretazione, come un fake, un’invenzione per i gonzi che ci credono. Ma anche su questo dobbiamo andarci cauti. A mio parere, l’analisi di Passavanti fa emergere un altro aspetto: la ricchezza di contributi che ha dato vita all’odierna visione dei chakra e del corpo sottile. Tra di essi ci sono quelli di eminenti studiosi e personaggi di rilievo, che a loro modo hanno contribuito a dare forma a ciò che oggi chiamiamo yoga.
Inoltre bisogna considerare che da sempre le immagini simboliche viaggiano da una cultura all’altra, nel corso della storia, trasformandosi. Si pensi al Natale, festa cristiana che celebra la nascita di Gesù Cristo. Il Natale cristiano è frutto di una trasformazione di una festa degli antichi romani, il Natalis Solis Invicti, che celebrava il solstizio d’inverno, poiché un appellativo di Cristo è quello di “sole di giustizia”. Il Natale ha esordito 3 secoli dopo l’evento e poi, nel corso della storia, sono stati aggiunti altri simboli: il presepe, l’albero, Babbo Natale, lo scambio di doni. In epoca contemporanea il Natale è diventato ancora un’altra cosa, in quanto festività legata al riposo, al ricongiungimento dei nuclei famigliari e a una celebrazione di massa del consumismo, di cui l’economia contemporanea non può fare a meno. Insomma, il Natale anticamente era una cosa completamente diversa, ma non per questo rinunciamo a festeggiarlo.
Infine va detto che le interpretazioni moderne dei chakra sono spesso alla base di pratiche benefiche per molte persone, sicuramente non dannose. Il concetto buddhista di designazione convenzionale può aiutarci ad apprezzare le cose per la loro utilità, prima ancora che per la loro presunta aderenza al vero. Se usiamo la costellazione dell’Orsa maggiore per orientarci e trovare il nord, non è perché crediamo che nel cielo ci sia un’orsa. L’importante è che funzioni.
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“Il concetto buddhista di designazione convenzionale può aiutarci ad apprezzare le cose per la loro utilità, prima ancora che per la loro presunta aderenza al vero” Presunta aderenza al vero. Quale vero? Cosa è vero e cosa non lo è? Su questo si interroga la filosofia da sempre e molte sono state le risposte. Anche le cosiddette “verità scientifiche” sono vere entro il paradigma di pensiero del metodo scientifico (e soggette a revisione quando emergono prove contrarie). Ho trovato la verità storica ricostruita da Passavanti sicuramente interessante e utile, per chi, come me, tiene in grande considerazione quello che va sotto il nome di Storia. Penso che a questo punto sarebbe bello, da parte di chi sostiene e pratica gli approcci non convenzionali, che si tendesse a unirsi, piuttosto che dividersi, per mettere insieme le conoscenze e gli approcci con sguardo critico. Da parte di chi si schiera, invece, nettamente ed esclusivamente per il metodo scientifico sperimentale, mettere in discussione la base ontologica delle proprie credenze e contribuire a sgombrare il campo “avversario” da false convinzioni.