Facebook ci aiuta a capire cos’è il “karma”
La recente introduzione, all’interno di Facebook, della funzione diario personale (“timeline”) ci può aiutare a capire meglio il significato di “karma“, un concetto a mio parere molto importante e utile per la nostra vita, indipendentemente dalle proprie credenze (o non credenze) religiose.
Il diario personale è una nuova modalità di visualizzazione del proprio profilo personale su Facebook. Se lo si attiva, il profilo diventa una sorta di home page, che, nella parte superiore, riassume tutte le nostre attività recenti e poi, scendendo verso il basso, permette di scorrere tutto quello che abbiamo fatto, in ordine cronologico. Idealmente a partire dalla nascita, se ci sono informazioni a riguardo. In pratica, è un riassunto di tutto quello che abbiamo fatto nella vita (famiglia, studi, lavoro, …) e detto su Facebook, dai materiali caricati alle opinioni espresse, fino al singolo commento o “mi piace”.
Il karma, invece, è l’insieme di tutto ciò che abbiamo pensato, detto e fatto nella corso della nostra vita. Sia le cose positive – o per lo meno che hanno avuto un effetto positivo su di noi e sugli altri – sia quelle negative. Tutti i nostri pensieri, parole e azioni anche passati, ma i cui effetti restano nel tempo. Anche dopo che non ci saremo più. Il nostro karma è dunque come una sorta di alter ego, che rappresenta l’apporto che abbiamo dato a questo mondo, e che ci sopravviverà, perché non abbiamo modo – neanche nel presente – di controllare tutte le conseguenze delle nostre azioni, parole e pensieri. C’è chi crede in un’altra vita (o anche più vite) dopo la morte, il cui andamento sarebbe proprio influenzato dal karma. Ma indipendentemente da ciò, non si può dubitare che il nostro karma continuerà anche dopo la nostra esistenza terrena. È confortante, se abbiamo un buon rapporto con noi stessi, no?
Su Facebook (e su internet in generale) non è molto diverso. Ciò che inserisco ha delle ripercussioni (desta interesse in qualcuno, fa arrabbiare qualcun altro, ad esempio), che non posso controllare, perché le mie parole o le mie immagini possono essere a loro volta condivise e commentate da persone a me sconosciute, in una catena senza fine. Se Facebook diventerà un posto migliore o peggiore, più impegnato o più leggero, più elegante o più greve, dipende anche da me. La mia influenza non posso sottovalutarla. Si estenderà, quanto meno, nella cerchia dei miei “amici”. Posso contribuire quanto meno a creare o rafforzare un certo clima. E chi non sa nulla di me, potrà farsi un’idea scorrendo il mio diario personale. Senza che siano possibili correzioni a posteriori.
[La foto, da me rielaborata, è di Alex Valli]You need to login or register to bookmark/favorite this content.
Facebook ci aiuta solo ad allontanarci da noi stessi, illudendoci come uno specchio per le allodole.